Dal palco del Palapartenope la premier attacca il «gioco delle tre carte» sulla sanità campana e punta tutto su Edmondo Cirielli. Tono aggressivo, platea piena e una campagna che entra nella fase più dura
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L’ingresso al Palapartenope è un ronzio continuo di voci, bandiere, applausi anticipati. Giorgia Meloni sale sul palco sapendo che stavolta la posta non è solo politica: la Campania è diventata il terreno simbolico della sfida tra narrazioni, tra promesse e accuse, tra un centrodestra che vuole sfondare a sud e un centrosinistra deciso a difendere il fortino. «C’è un’alternativa alle fritture di pesce e ai voltagabbana» scandisce la premier, e la frase – costruita per graffiare – rimbalza immediatamente tra gli applausi. L’alternativa, dice, «è il centrodestra, Fratelli d’Italia ed Edmondo Cirielli». È il messaggio che vuole imprimere: una campagna chiara, polarizzata, senza zone grigie.
Il bersaglio principale è Vincenzo De Luca, ma l’attacco passa dal suo nuovo alleato, Roberto Fico. È qui che Meloni sfodera il repertorio più duro: «Diceva che il Partito democratico era il problema numero uno del Paese. Ora non ha problemi ad allearsi per fare il presidente della Regione». Scandisce le parole con tono quasi incredulo, come se la contraddizione fosse talmente macroscopica da non richiedere ulteriori spiegazioni. Il messaggio è semplice: l’asse Fico–De Luca è, nella lettura del centrodestra, un patto di sopravvivenza politica più che un progetto.
Ma è sul terreno della sanità che la premier sceglie di affondare il colpo. Cita gli ultimi proclami del governatore uscente sulle liste d’attesa, ne smonta la retorica e riporta tutto a una questione di trasparenza. «De Luca che si vantava dei risultati sulle liste d’attesa… peccato che citava solo le urgenze» dice, e la sala si scalda. La frase che segue – «si sa che sono un po’ stronza» – è una rivendicazione di linguaggio diretto, il recupero di un vecchio botta e risposta con De Luca trasformato in arma retorica. L’idea che vuole trasmettere è che qualcuno debba “dirle le cose come stanno”, anche quando sono scomode.
La premier insiste: «Le prestazioni urgenti e brevi sono una quota limitata del totale. La Campania continua ad avere ritardi superiori alla media nazionale, con liste lunghissime». È il cuore della critica: De Luca avrebbe scelto i numeri più favorevoli e ignorato il resto. «Questo si chiama gioco delle tre carte» ripete, cercando lo scontro simbolico oltre che politico. E lo trova: ogni volta che pronuncia il nome di De Luca, la platea rumoreggia e applaude, segno che la strategia di posizionare il governatore come avversario diretto funziona.
Il comizio si muove su un doppio registro: da un lato Meloni rivendica la compattezza del centrodestra, dall’altro attacca il centrosinistra su quella che definisce «una politica che non rispetta i cittadini». Il bersaglio è la gestione regionale, la retorica del “modello Campania”, l’idea di un’amministrazione che – nella sua lettura – si nasconde dietro i dati anziché affrontarli.
Quando torna sul candidato del centrodestra, Edmondo Cirielli, la premier cerca di costruire l’immagine opposta: serietà, affidabilità, rottura con il passato. «È la nostra alternativa» ripete, quasi a voler scolpire nella memoria degli elettori il nome che dovrà incarnare il cambiamento. Ogni riferimento all’asse Fico–De Luca viene accompagnato da un richiamo alla coerenza, all’idea che le parole dette in passato debbano valere anche in campagna elettorale.
Il clima complessivo è quello di una chiusura anticipata di campagna, anche se i giorni che mancano al voto sono ancora parecchi. La premier calibra gli attacchi con precisione, consapevole che in Campania si gioca un match decisivo non solo per il centrodestra, ma per l’immagine del suo governo. Ed è per questo che sceglie di mostrare il volto più battagliero, quello che non rinuncia al linguaggio tagliente quando serve amplificare lo scontro.
Alla fine del comizio, mentre la musica sale e le bandiere tornano a sventolare, resta la sensazione di una serata costruita per marcare un perimetro: loro contro noi, continuità contro alternativa, racconto contro realtà dei numeri. Meloni se ne va tra i sorrisi, convinta di aver tracciato la linea. Saranno gli elettori campani a decidere se seguirla.

