In un contesto internazionale segnato da forti tensioni, Giorgia Meloni sembra voler rafforzare l’asse italiano con l’Unione europea. Attualmente impegnata al G7 in Canada – reso anomalo dall’assenza degli Stati Uniti, dopo il repentino ritiro di Donald Trump – la premier ha intensificato i rapporti con il cancelliere tedesco Friedrich Merz e con il britannico Keir Starmer. Anche con Emmanuel Macron, dopo le tensioni passate, si registra un clima di maggiore collaborazione.

Questa nuova sinergia non si fonda tanto sulle affinità ideologiche, quanto su obiettivi pragmatici. Il primo è la promozione di una proposta comune per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, per la quale Meloni si è proposta come mediatrice anche con lo stesso Trump. Il secondo è la riapertura del dialogo con l’Iran, nel tentativo di frenare l’escalation alimentata dalle recenti dichiarazioni statunitensi su un’eventuale evacuazione di Teheran.

L’Italia tra Nato, dazi e Medio Oriente: la svolta euroatlantica della premier

Nel quadro dei prossimi impegni internazionali – a partire dal vertice Nato di fine mese – Meloni punta a rafforzare la posizione italiana come interlocutore credibile e responsabile. Anche in tema di dazi, la premier cerca una linea condivisa con i partner europei, interpretando il suo ruolo in una chiave diplomatica e multilaterale.

La postura internazionale di Meloni si distingue quindi sempre più chiaramente da quella del suo principale alleato interno, Matteo Salvini. L’orientamento filo-europeo della premier sembra disegnare una traiettoria di autonomia rispetto alle influenze del trumpismo.

Salvini sulle orme di Trump e Putin: una politica estera di rottura

Sul fronte opposto, Matteo Salvini continua a costruire un’agenda estera parallela, spesso in aperto contrasto con la linea del governo. Il segretario della Lega non perde occasione per allinearsi con le posizioni di Donald Trump, anche laddove Meloni mantiene un atteggiamento più cauto. Ne è un esempio la recente dichiarazione in cui Salvini ha definito Vladimir Putin "un possibile mediatore" tra Israele e Iran, facendo eco alle parole dell’ex presidente americano.

Non è un’espressione isolata: il leader leghista da tempo si mostra vicino a Mosca e contrario a nuovi invii di armi in Ucraina, sostenendo che solo un cessate il fuoco su quel fronte potrebbe rendere Putin un interlocutore efficace per la pace in Medio Oriente. Su Gaza, invece, Salvini ha ribadito senza mezzi termini il sostegno a Israele, evitando ogni critica alle operazioni militari e paragonando l’Iran al regime nazista.

Tensioni interne sulla Cina: Pechino diventa un nuovo terreno di scontro

Le divergenze tra Meloni e Salvini si estendono anche alla politica verso la Cina. Dopo lo stop alla Nuova Via della Seta firmato dal governo Conte I, la premier sta lavorando al riavvicinamento diplomatico con Pechino, preparandosi a una missione ufficiale in Cina all’inizio di luglio.

Proprio in questo contesto, è apparso come un segnale dissonante il post di Salvini del 4 giugno per commemorare la strage di piazza Tienanmen. Un gesto simbolico, ma carico di implicazioni geopolitiche, che rischia di complicare ulteriormente i delicati equilibri interni all’esecutivo.

Due visioni a confronto: la premier e il suo vice sempre più distanti

Tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini si sta consolidando una distanza non solo ideologica, ma sempre più operativa sul piano internazionale. Mentre la presidente del Consiglio lavora per consolidare l’immagine di un’Italia saldamente ancorata all’Europa e protagonista della diplomazia globale, il leader leghista prosegue con una strategia identitaria e spesso isolazionista, vicina a Trump e simpatetica con Putin.

Il risultato è una frattura ancora contenuta nei toni, ma già visibile nelle scelte. Una faglia geopolitica interna al governo, che potrebbe ampliarsi con l’approssimarsi dei prossimi appuntamenti globali.