Benjamin Netanyahu che prende la parola, e decine di delegati da ogni parte del mondo che si alzano e abbandonano l’aula.

La scena che si è consumata all’Onu nelle scorse ore resterà nella memoria collettiva per sempre. Un gesto durissimo, silenzioso, ma devastante nella sua forza simbolica. È l’immagine plastica di un Paese che, guidato dal suo premier estremista, si ritrova isolato, condannato dall’opinione pubblica mondiale per la carneficina di Gaza.

Non è più questione di propaganda o di interpretazioni di parte: l’accusa di genocidio non arriva da ambienti marginali, ma da organismi internazionali, giuristi, leader religiosi, società civili. Interi quartieri cancellati, ospedali bombardati, migliaia di bambini ridotti alla fame. Le prove si accumulano, le testimonianze sconvolgono, e la retorica della “legittima difesa” suona sempre più come un alibi cinico e insostenibile.

Il prezzo di questa politica è altissimo, e non lo pagherà soltanto Netanyahu. A essere compromessa è l’immagine stessa di Israele e, con essa, quella del popolo ebraico nel mondo. Per decenni la memoria della Shoah aveva posto gli ebrei al centro di una solidarietà universale, di un rispetto che trascendeva i confini politici. Oggi quel patrimonio rischia di essere eroso dall’associazione, terribile e ingiusta, tra la violenza di un governo e un intero popolo. Netanyahu sta trascinando Israele non solo in una guerra senza fine, ma in una perdita di legittimità che potrebbe marchiarne per sempre il destino.

Ed è bene ricordarlo: non tutto il popolo israeliano segue Netanyahu. Nelle piazze di Tel Aviv e di altre città si alzano da mesi voci coraggiose contro la guerra, contro il massacro, contro un governo che si è reso sordo a qualsiasi appello di pace. Cittadini, intellettuali, giovani ebrei in diaspora denunciano apertamente le scelte criminali dell’esecutivo, distinguendo la loro identità dall’orrore che si consuma a Gaza.

Ma l’immagine internazionale è già compromessa. Israele, da faro democratico in Medio Oriente, si sta trasformando agli occhi del mondo in un Paese spietato, incapace di rispettare i limiti dell’umanità. Una tragedia non solo politica, ma storica e morale.

Netanyahu resterà nella storia come l’uomo che ha isolato Israele, che ha consumato l’enorme capitale morale degli ebrei, che ha preferito la via della distruzione senza fine. Della carneficina. Del genocidio. Una scelta che pesa oggi sul presente di Gaza, ma che potrebbe segnare per sempre il destino stesso dello Stato d’Israele.