Il Pontefice ha chiuso quella che verrà ricordata come la Woodstock dei giovani di fronte a oltre un milione di ragazzi provenienti da tutto il mondo. Nell’omelia ha esortato: «Voi siete la luce del mondo, portate speranza a chi soffre».
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marco iacobucci
La spianata di Tor Vergata, dopo la lunga veglia notturna, si è svegliata inondata di luce e di canti. Oltre un milione di giovani, secondo le stime ufficiali, ha atteso l’arrivo della papamobile che, per quaranta minuti, ha percorso i viali polverosi tra applausi e bandiere di ogni colore. Papa Leone XIV sorride e benedice, mentre molti ragazzi ancora si stropicciano gli occhi dopo aver dormito sotto le stelle della periferia sud-orientale di Roma. Sul palco centrale, dove sono pronte a concelebrare 450 vescovi e 3mila sacerdoti, il Pontefice inizia la sua giornata di festa con un saluto in tutte le lingue: «Buongiorno a tutti, buona domenica, good morning, buenos dias, e bonjour e guten Morgen». Poi aggiunge con una complicità paterna: «Spero che abbiate riposato tutti un po’».
L’omelia si apre tra il silenzio della folla e il fruscio delle bandiere. «Carissimi giovani, dopo la veglia vissuta assieme ieri sera, ci ritroviamo oggi per celebrare l’eucaristia, sacramento del dono totale di sé che il Signore ha fatto per noi», esordisce Leone XIV, alternando italiano, inglese e spagnolo. Si ispira al salmo responsoriale per disegnare un’immagine semplice e potente: «Non è bellissimo un prato in fiore? Certo, è delicato, fatto di steli esili, vulnerabili, soggetti a seccarsi, piegarsi, spezzarsi, e però al tempo stesso subito rimpiazzati da altri che spuntano dopo di loro, e di cui generosamente i primi si fanno nutrimento e concime, con il loro consumarsi sul terreno». Poi si rivolge ai ragazzi: «Noi pure, cari amici, siamo fatti così: non per una vita dove tutto è scontato e fermo, ma per un’esistenza che si rigenera costantemente nel dono, nell’amore».
Il Papa invita a non sprecare la sete di infinito che abita il cuore dei vent’anni: «Sentiamo una sete grande e bruciante, a tal punto che nessuna bevanda di questo mondo la può estinguere. Di fronte ad essa, non inganniamo il nostro cuore cercando di spegnerla con surrogati inefficaci. Comprare, ammassare, consumare, non basta». Leone XIV suggerisce un’altra strada: «Ascoltiamola, piuttosto. Facciamone uno sgabello su cui salire per affacciarci, come bambini, in punta di piedi, alla finestra dell’incontro con Dio».
Il Pontefice cita papa Francesco e la Giornata mondiale della gioventù di Lisbona di due anni fa: «Ognuno è chiamato a confrontarsi con grandi domande che non hanno una risposta semplicistica o immediata, ma invitano a compiere un viaggio, a superare sé stessi, ad andare oltre, a un decollo senza il quale non c’è volo». Poi aggiunge: «C’è una domanda importante nel nostro cuore, un bisogno di verità che non possiamo ignorare, che ci porta a chiederci: cos’è veramente la felicità? Qual è il vero gusto della vita? Cosa ci libera dagli stagni del non senso, della noia, della mediocrità?».
La risposta, per Leone XIV, non è nella ricchezza né nel possesso: «La pienezza dell’esistenza non dipende da ciò che accumuliamo né, come abbiamo sentito nel Vangelo, da ciò che possediamo. È legata piuttosto a ciò che con gioia sappiamo accogliere e condividere». E proprio in questo quadro annuncia la prossima canonizzazione di due giovani simbolo della fede: «Piergiorgio Frassati e Carlo Acutis diventeranno santi. Aspirate a cose grandi, alla santità, ovunque siate, non accontentatevi di meno». L’invito finale dell’omelia è un incoraggiamento a portare il fuoco di Tor Vergata nel mondo: «Continuate a camminare con gioia sulle orme del Salvatore, e contagiate chiunque incontrate col vostro entusiasmo e con la testimonianza della vostra fede».
Alla recita dell’Angelus, la piazza si stringe in un silenzio ancora più intenso. Il Papa alza lo sguardo e lo allarga ai luoghi feriti del pianeta: «In comunione con Cristo, nostra pace e speranza per il mondo, siamo più vicini che mai ai giovani che soffrono i peggiori mali causati da altri esseri umani. Siamo con i giovani di Gaza, siamo con i giovani dell’Ucraina, con chi è in ogni paese insanguinato dalla guerra. Voi siete il segno che un altro mondo è possibile, un mondo di fraternità e amicizia, dove i conflitti non sono risolti con le armi ma con il dialogo».
Il ricordo torna anche alle due ragazze morte nei giorni del Giubileo, una spagnola e una egiziana, e al giovane Ignazio colto da malore: «Questa celebrazione è anche per loro», dice Leone XIV, definendo il Giubileo «una cascata di grazia per la Chiesa e per il mondo intero».
Infine, prima del congedo, il Papa affida ai ragazzi un ultimo mandato: «Chiedo che voi portiate un saluto anche ai tanti giovani che non hanno potuto stare qui con noi, in tanti paesi dove non era possibile uscire. Portate la vostra gioia e il vostro entusiasmo a tutto il mondo. Voi siete il sale della terra e la luce del mondo, portate questo saluto a tutti i vostri amici, a tutti i giovani che hanno bisogno di un messaggio di speranza. Grazie a tutti voi e buon viaggio».
Quando la Messa si chiude e il sole è già alto, la spianata di Tor Vergata sembra sospesa in un silenzio di emozione e stanchezza. Alcuni ragazzi ripiegano i sacchi a pelo, altri si sdraiano sull’erba ancora calda. Ma l’eco delle parole del Papa resta nell’aria: «Siete la luce del mondo». Un invito che accompagnerà questo popolo giovane verso il prossimo appuntamento: la Giornata mondiale della gioventù di Seoul, dal 3 all’8 agosto 2027.