Nel tradizionale incontro di Natale, l’ad di Mediaset parla come un editore europeo e come il figlio di un leader politico, tra riorganizzazione aziendale, dubbi sui reality, nuove scommesse editoriali e un messaggio inequivocabile al futuro di Forza Italia
Tutti gli articoli di Italia Mondo
PHOTO
daniele schiavello
«Ho gratitudine vera per Tajani, ha mantenuto in piedi il partito dopo la scomparsa di papà. Ma ritengo che siano necessarie facce e idee nuove». L’incontro di Pier Silvio Berlusconi si sintetizza in una frase che, più che un inciso politico, suona come una dichiarazione di rotta. È il passaggio che, da solo, sintetizza lo spirito di quella che lo stesso ad descrive come una nuova Mediaset, più europea e più rivolta al mercato internazionale. Niente orpelli, nessuna allusione. Un messaggio diretto, pronunciato davanti a un albero bianco scintillante e in un clima che per tradizione dovrebbe essere leggero, ma che quest’anno diventa quasi politico, filosofico, persino identitario.
Con quelle parole, l’ad di Mediaset chiude un capitolo e ne apre un altro, ribadendo che il destino di Forza Italia non è un argomento che vive fuori dalla sua vita, pur non volendo in alcun modo trasformarsi in un protagonista diretto dell’agone politico italiano: «Tutte le mie energie sono dedicate a Mediaset e alla mia famiglia, quindi non c’è spazio per altri impegni».
È una linea di demarcazione netta, ma non è un disinteresse. Lo dice lui stesso: «È naturale che io e mia sorella Marina ci appassioniamo al destino di Forza Italia, è uno dei lasciti di mio padre». Lo afferma con lucidità, senza retorica e con il realismo di chi sa che un’eredità politica non può essere ignorata, ma nemmeno trasformata in un obbligo dinastico.
Dentro questa cornice, Pier Silvio si muove con un equilibrio sorprendente, passando dal destino di un partito storico ai meccanismi della televisione italiana. Lo fa con la stessa chiarezza con cui analizza i propri successi e i propri dubbi. La prima certezza si chiama “La Ruota della fortuna”: «Andrà in onda anche nella settimana di Sanremo, non vedo perché non dovremmo farlo», si capisce che l’esperimento estivo di dura controprogrammazione nei confronti della Rai è diventato molto più di un test. È un punto fermo del racconto di Mediaset, un format che porta a casa ascolti robusti, milioni di spettatori quotidiani, e che gli permette anche una stoccata elegante alla concorrenza: «Giustamente la Rai si è entusiasmata per il successo di Sandokan che alla prima puntata ha superato i 5 milioni, ma noi li facciamo tutti i giorni».
Nel quadro del suo Natale professionale c’è soprattutto Gerry Scotti, definito «grandissimo, coraggioso e aziendalista», il conduttore a cui Berlusconi farebbe davvero una statua, non solo per La Ruota ma anche per il ritorno di Chi vuol essere milionario?. E mentre lo dice, racconta anche il suo Natale privato: «Andremo da mamma che ha 86 anni ed è reduce da una broncopolmonite. Posso dirlo? Sarà un Natale bellissimo, sono la persona più felice del mondo. Forse scapperemo a Monte Carlo con Silvia e i ragazzi. Ma sarà un Natale di lavoro». Una parentesi intima che non attenua nulla del resto, ma ne amplifica la sincerità.
Quando gli chiedono della cessione di Repubblica ai Kyriakou, Pier Silvio non si nasconde dietro formule di circostanza: «È una notizia che mi trova stranito. Peccato. Il fatto che un pezzo di storia dell’editoria italiana vada in mani straniere un po’ mi dispiace». Ma subito dopo riprende il suo registro pragmatico: «Magari chi arriva è bravissimo e mantiene una linea coerente con la storia delle testate. Il pluralismo, l’indipendenza e l’occupazione sono i valori fondamentali». È chiaro che ammette, senza giri di parole, che avere una testata così importante in mani italiane gli sarebbe piaciuto: «Dire che non mi piacerebbe sarebbe falso». Ma non indulge in scenari impossibili: «È fanta-economia, ognuno deve fare il proprio mestiere e io non sono un editore di giornali».
E la misura di Mediaset, oggi, è internazionale. L’ad rivendica con fierezza: «Siamo l’unica multinazionale italiana dei media». Lo dimostrano i numeri: «Nelle 24 ore abbiamo uno share del 37,5% contro il 35,8% della Rai. Nel target commerciale 15-64 anni siamo al 40,2% contro il 30,2». Una forbice che racconta bene la direzione scelta da Mfe, quella espansione paneuropea che ormai tocca Germania, Spagna, Austria e Svizzera. Sul fronte tedesco dove il gruppo ha appena acquisito la maggioranza di ProSiebenSat.1, Berlusconi rassicura: «Faremo il possibile per mantenere l’occupazione così com’è. Non c’è nessun piano di licenziamento». Prossima sfida in Portogallo con un interesse per il gruppo Impresa. Quanto alla Francia, il sogno rimane tale: «Entrare sarebbe un sogno, ma non vedo spiragli».
Il momento più spigoloso, però, riguarda i reality. Pier Silvio non li liquida, non li difende, li analizza: «La decisione se fare Grande fratello in primavera la prenderemo la settimana prossima. Bisogna dare un po’ di riposo al reality». Non punta l’indice contro nessuno, ma ammette la fatica di un genere che deve reinventarsi: «Non ho visto niente di criticabile, ma anche GF si deve evolvere e innovare». L’Isola dei famosi invece è ferma: «Non è prevista in primavera».
Dalla parte opposta del palinsesto, invece, si apre una luce nuova: Paolo Bonolis torna in prima serata con Taratatà, due speciali dedicati alla grande musica. L’idea del programma di interviste per Silvia Toffanin è ancora in laboratorio: «Maria De Filippi e Silvia hanno cominciato a lavorarci, ma ci sono troppe interviste in tv. Serve una formula all’altezza». Poi il sogno dichiarato: «Vorrei fare “Dive”, dedicato alle grandi cantanti e ci vedrei bene Cristiano Malgioglio, che è una star».
Sul fronte Rai, Berlusconi mostra rispetto, ma non risparmia domande di principio: «Non critico Affari tuoi, ma da cittadino mi permetto di mettere in discussione i soldi che si regalano. È giusto?». L’ad chiarisce di aver posto il tema direttamente al vertice della Rai. Ma ribadisce: «La Rai ha un grandissimo merito: tenere alto il benchmark». E annuncia la scelta condivisa con Antonio Ricci: riportare Striscia la notizia in prima serata, non in access. «Sarebbe stato sbagliato riportarla dove era».
Il progetto più ambizioso resta però ripensare la seconda serata, intercettare il pubblico che scivola sulle piattaforme, accorciare le fiction, creare una contro-programmazione intelligente. Arriveranno gli speciali del Tg5, i nuovi programmi di Bianca Berlinguer e Federico Rampini. E un desiderio dichiarato: «Invidio alla Rai i tg regionali», quasi a dire che l’informazione locale è una frontiera che Mediaset vuole presidiare.
Poi torna la politica, inevitabile. Berlusconi riconosce il ruolo della premier Meloni, «brava nei rapporti con l’estero ed apprezzata a livello internazionale». E parla di Europa: «In un’economia globale, i singoli Paesi rischiano di non avere un futuro. L’Europa deve riuscire a resistere e trovare intese». È la parte in cui si sente l’editore europeo, l’imprenditore che guarda oltre l’Italia, oltre la tv, oltre il ciclo politico immediato.
La chiusura è quasi circolare. Dopo due ore di parole, numeri, riflessioni e progetti, Berlusconi torna alla sua immagine più semplice e simbolica: la Ruota della Fortuna. «La ruota potrebbe andare in onda 366 giorni l’anno, la gente non si stanca mai», sorride. È più di una battuta. È la sua metafora del momento: la televisione che cambia, la famiglia che tiene, l’azienda che cresce, la politica che si rinnova. Una ruota che gira, sempre, finché il pubblico la segue. E oggi, la segue eccome.


