Buchi e pezze

Il caso di Rovelli escluso dalla Fiera dopo le critiche al ministro scoppia in mano al governo. Il dietrofront del commissario

L'imbarazzante tira e molla dopo la censura dell'intervento del Fisico che era atteso a Francoforte. Dopo le polemiche bipartisan il commissario Levi costretto a tornare sui suoi passi

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di Alessia Principe
14 maggio 2023
09:53

Di toppe, buchi (né bianchi e né neri, stavolta) e doppi avvitamenti con tuffo e troppi schizzi intorno. Cronaca di ventiquattr’ore di imbarazzo distillato in gocce corrosive, ventiquattr’ore in cui ha volteggiato sull’opinione pubblica, come un fantasma evocato in una seduta spiritica, la censura, concetto che si riempie di sinonimi di comodo, ma che ha la caratteristica di struccarsi subito. Così è stato ieri, al netto di dietro front e scuse. Censura è stata, nonostante i tentativi di farla passare per prudenza.

I fatti. Lo scienziato, fisico e divulgatore Carlo Rovelli, ha pubblicato sulla sua pagina facebook una lettera in cui, Ricardo Franco Levi, commissario del governo per la Fiera di Francoforte, nonché giornalista, nonché editorialista, nonché presidente dell’Aie (Associazione italiana editori), gli comunicava – in sintesi - che la sua presenza al Salone del libro di Francoforte, non era più gradita. Un pugno di righe tra il grottesco e l'istituzionalese, con virgole grondanti sudore e l'ultimo appello al perdono, un po' preghiera un po' frettolosa piaggeria.


Ma per capire meglio, occorre fare un piccolo passo indietro. Cosa porta un giornalista con un incarico tanto prestigioso, a mettere alla porta uno dei più noti scienziati italiano, amatissimo anche dal grande pubblico?

Rewind. È il primo maggio. A Roma è calata la sera sul concertone. Sale sul palco Carlo Rovelli. Maglietta nera, occhiali appannati dalla pioggia. Non parlerà di stelle, parlerà di guerra in Ucraina, nonostante qualcuno, dalla regia, terrà il volume di una canzone abbastanza alto da rendere difficile la comprensione di qualche passaggio del monologo. Rovelli fa quello che può fare qualunque cittadino: esprime la sua libera opinione in modo pacifico.

Il passaggio sul ministro della Difesa a qualcuno (più d’uno forse) va molto di traverso. Rovelli manifesta il dubbio sull’opportunità di affidare a Crosetto (anche se non lo nomina direttamente), ex lobbista di Leonardo, colosso degli armamenti, il dicastero di via Baracchini. Tanto è bastato a mettere lo scienziato nella black list.

Senza perder tempo, o come scrive Levi a Rovelli, in un’email pubblicata dal Fisico su facebook, «con grande pena ma senza infingimenti», il commissario della Fiera comunica che quel bell’intervento, che egli stesso sognava di ascoltare, non è più il caso di farlo. La missiva che comincia con «Professore carissimo…» è destinata (lo sarebbe stata certamente in altri tempi) a diventare un racconto storico. Di quelli che fra cinquant’anni saranno ricordati al pari di dinieghi clamorosi o di quella pila di libri messi al rogo perché a qualcuno non andava a genio Hemingway, London, Wells, o della miopia di alcuni davanti a un talento (accadde per Einstein, i Beatles, Sylvia Plath, Melville a cui un editore scrisse: “Deve essere per forza una balena?”).

«Il clamore, l’eco, le reazioni che hanno fatto seguito al suo intervento al concerto del 1 maggio – scrive Levi - mi inducono a pensare, mi danno, anzi, la quasi certezza, che la sua lezione che così fortemente avevo immaginato e voluto per la cerimonia di inaugurazione della Buchmesse con l’Italia Ospite d’Onore diverrebbe l’occasione non per assaporare, guidati dalle sue parole, il fascino della ricerca e per lanciare uno sguardo ai confini della conoscenza, ma, invece, per rivivere polemiche e attacchi. Ciò che più di ogni altra cosa sento il dovere di evitare - e di questo mi prendo tutta, personale la responsabilità - è che un’occasione di festa e anche di giusto orgoglio nazionale, si trasformi in un motivo di imbarazzo per chi quel giorno rappresenterà l’Italia. E non le nascondo la speranza che il nostro paese sia rappresentato al massimo livello istituzionale». Chiude auspicando di leggere al più presto un prossimo romanzo con la speranza di salvare l’amicizia.

In soldoni: non sei più benvoluto da questo governo, quindi preferisco che venga un ministro che uno scienziato che s’è schierato contro. Però, niente di personale. Amici come prima. 

Ecco la sostanza di un discorso fuor di logica, anacronistico, che fa paura. La gravità del fatto è caduta come un asteroide sul pianeta terra, creando il vuoto intorno al commissario. Se qualcuno abbia fatto pressioni a Levi, abbandonandolo al centro dell’arena (come hanno fatto Crosetto e Sangiuliano che si sono smarcati immediatamente con un tweet), o se la decisione sia stata frutto di una captatio benevolentiae tornata indietro come un boomerang infuocato, non si sa e forse non si saprà mai.

Sta di fatto che da sinistra e destra tutti hanno preso le distanze. Ma proprio tutti. E come una goccia d’olio in un bicchiere d’acqua, Ricardo Levi s’è trovato a solo a cercare di metterci una pezza per salvare la faccia. La reazione dell’Aie è stata da annali del capogiro: scrive ieri di «comprendere le ragioni di prudenza istituzionale» di Levi, ma auspica che l’intervento di Rovelli ci sia.

Passano poche ore e arriva un soffertissimo dietro front di Levi, stringato nella forma e scritto a denti stretti. «Rinnovo l’invito al professor Carlo Rovelli a partecipare alla cerimonia di inaugurazione di Francoforte 2024, per condividere con tutti noi la bellezza della ricerca e il valore della conoscenza». Valore della conoscenza, ha scritto così. Un valore, evidentemente, emerso proprio nelle ore in cui la parola censura (il fantasma di cui sopra) era diventata un trend topic associato al suo nome.

Oggi, in un’intervista a Repubblica, il commissario dice di essere stato frainteso (il corrispettivo dell’hacker, figura mitologica che esce fuori ogni volta che qualcuno si rende conto di aver scritto una scemenza sui social). Il suo intento, dice, era di proteggere Rovelli. Insomma l’aveva fatto per lui, l'aveva escluso per difenderlo. C'è una parola tedesca che esprime alla perfezione il sentimento che si prova a rileggere questi maldestri tentativi di mettere toppe su strappi evidenti, ed è "fremdschämen": la vergogna che si prova davanti a un comportamento altrui. A Francoforte toccherà ricordarsela. 

Giornalista
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