Sanremo 2026 si avvicina con un’ombra lunga addosso, un’incertezza che secondo molti addetti ai lavori non si vedeva da anni. A raccontarlo è un articolo de Il Messaggero, che riporta un clima ben diverso da quello a cui eravamo abituati nell’era Amadeus. Là dove tutto sembrava correre veloce, alimentato da una competizione crescente tra discografiche per accaparrarsi un posto all’Ariston, oggi si avverte un rallentamento, quasi un brivido freddo. Il paradosso è che nulla ha scalfito il peso storico del marchio “Sanremo”, eppure qualcosa si è incrinato nel rapporto tra il Festival e una parte del mondo musicale, che improvvisamente sembra meno disposto a “passare dal via”. La domanda che rimbalza nelle redazioni è semplice: perché così tanti artisti stanno rifiutando?

Un anno fa il cast del Festival era considerato il più forte degli ultimi tempi. Carlo Conti aveva potuto contare su nomi solidi come Olly, Giorgia in piena seconda primavera televisiva, Achille Lauro, Gué, Massimo Ranieri, Tony Effe e persino Fedez, pronto a rimettersi in gioco dopo mesi difficili. Dodici mesi dopo, lo scenario si è ribaltato. Le indiscrezioni parlano di una lista di rifiuti inedita per dimensioni, quasi una fuga collettiva. A frenare molti sarebbe la percezione che il Festival stia virando verso una dimensione più cantautorale, meno pop, meno “musica evento” e più “musica d’autore”, una formula che divide: c’è chi la considera un ritorno necessario alla sostanza e chi teme il rischio di un effetto “Club Tenco”, prestigioso ma lontano dal grande pubblico nazionalpopolare.

Secondo le fonti citate, tra i no eccellenti ci sono Tiziano Ferro, Annalisa, Carmen Consoli, Ernia, Alfa, Anna, i Pooh, Tananai, Emma, Noemi. Perfino artisti abituati agli stadi come Irama e Tedua, un tempo fedelissimi del Festival, oggi non sentirebbero più l’Ariston come una tappa imprescindibile del percorso discografico. A loro si aggiungono profili storici come Fabrizio Moro, Sergio Cammariere ed Enrico Ruggeri, tutti accomunati dallo stesso timore: che l’edizione 2026 possa puntare più sullo show che sul valore della proposta musicale. È un segnale complesso, che Conti non può ignorare.

Consapevole del rischio, il direttore artistico ha deciso di allargare la platea dei “big”, portandoli da ventisei a trenta, nel tentativo di accontentare le etichette e tenere dentro più sensibilità musicali possibili. Ma la trattativa non è semplice. La Rai avrebbe chiesto alle case discografiche una corresponsabilità per eventuali comportamenti sopra le righe degli artisti, una clausola che secondo il quotidiano romano non sarebbe stata accolta con entusiasmo. Nel frattempo l’annuncio dei big al TG1 è slittato di una settimana: ufficialmente per rispetto alla scomparsa di Ornella Vanoni, ufficiosamente per continuare a lavorare su indecisi del calibro di Blanco, Angelina Mango ed Elisa.

Sul fronte delle alternative, circolano comunque nomi che potrebbero segnare una direzione più contemporanea. Artisti come Amara, Sayf, Luchè, Frah Quintale, Fulminacci, Eddie Brock, Nayt, Tropico, Venerus, Chiello e Malika Ayane, accanto a figure più rassicuranti per il pubblico televisivo come Gianni Morandi, Arisa, Serena Brancale e Sal Da Vinci. Secondo le ipotesi che girano negli ambienti discografici, la gara potrebbe addirittura trasformarsi in una sfida tra coppie che uniscono mondi diversi: Marco Masini con Fedez da una parte, Elodie con Rkomi dall’altra, con Tommaso Paradiso ed Ermal Meta pronti a inserirsi tra i favoriti. Sarebbe uno scenario completamente diverso rispetto agli anni recenti, costruiti sul mix calibrato tra big consolidati e nuove leve con numeri fortissimi sul digitale.

Il tutto avviene mentre Carlo Conti, ospite di Vanity Fair Stories, ha dovuto affrontare anche la ferita collettiva della morte di Ornella Vanoni. Il conduttore ha condiviso un ricordo affettuoso dell’artista, riportando l’aneddoto di quella telefonata dopo l’imitazione di Virginia Raffaele a Sanremo 2017: «Virginia ha detto cose fantasiose… io non ricordo di averlo fatto con Gino Paoli sul deltaplano», aveva scherzato Ornella. Era il modo tipico con cui neutralizzava tutto: ironia, lucidità, un guizzo che la rendeva unica. Conti ha spiegato che avrebbe dovuto svelare il cast all’edizione del TG1 tra il 23 e il 30 novembre, ma per rispetto alla scomparsa della cantante ha posticipato tutto di una settimana. L’annuncio arriverà il 30 novembre, in diretta alle 13.

Nel frattempo il conduttore ha anticipato che anche per il 2026 il Festival chiuderà poco dopo l’una di notte, mantenendo la linea più snella inaugurata lo scorso anno, e garantendo a Nicola Savino un DopoFestival con orari più sostenibili. «Mi hanno detto che andavo troppo veloce. A me piace il ritmo», ha raccontato Conti, rivendicando un’impostazione più televisiva e meno maratoneta.

Quest’anno il Festival sarà inoltre dedicato interamente a Pippo Baudo. Conti lo considera un omaggio inevitabile: è Baudo ad aver definito la struttura del Festival come lo conosciamo oggi, con le sue polemiche, il suo circo musicale vivace e imprevedibile. Ogni serata avrà un co-conduttore diverso e il conduttore ha confessato di non aver ancora scelto la canzone d’apertura, ma di sapere già a chi dedicherà quel momento, sulla scia dell’omaggio a Ezio Bosso dello scorso anno.

Resta aperta anche la questione sul futuro del Festival. Conti ha citato possibili successori: Stefano De Martino, Alessandro Cattelan, Gianluca Gazzoli e una figura femminile ancora da individuare. «Sarebbe anche ora di una direttrice musicale», ha detto, pensando a nomi come Milly Carlucci, Fiorella Mannoia o Geppi Cucciari.

Mentre la macchina organizzativa continua a muoversi tra ostacoli e speranze, resta una domanda sospesa: cosa succederà al “brand Sanremo” se il divario tra Festival e discografia dovesse ampliarsi? La sensazione è che il 2026 sarà un’edizione decisiva. Un Festival al bivio, forse alla fine di un ciclo, forse sull’orlo di una nuova trasformazione. Tutto dipenderà dalla capacità di Conti di riportare equilibrio tra tradizione e innovazione, tra valore musicale e spettacolo, tra ascolti e identità. E soprattutto dalla risposta degli sponsor, gli unici che più di tutti misurano la temperatura reale di un marchio che, almeno per ora, continua a essere uno dei più influenti della televisione italiana.