Un blitz. L’ennesimo tentativo di trasformare la giustizia in un campo di battaglia politica. Daniela Santanchè non molla e non si presenta al processo come un’imputata qualsiasi: chiede protezione, scudi, rinvii, cavilli. La ministra del Turismo di Fratelli d’Italia, indagata a Milano per truffa ai danni dello Stato nell’uso della cassa Covid e imputata per falso in bilancio nel caso Visibilia, ha bussato alla porta del Senato. E la maggioranza, obbediente, si è messa in moto.

La Giunta per le immunità, riunita ieri a pranzo, ha discusso la richiesta della “Santa” di sollevare un conflitto di attribuzioni davanti alla Corte costituzionale contro la Procura di Milano. Il nodo sono le email, le chat e le registrazioni entrate nel fascicolo senza l’autorizzazione parlamentare. La relatrice del caso, la leghista Erika Stefani, ha illustrato la tesi: «La Procura ha utilizzato la trascrizione di conversazioni registrate da un privato, nascostamente. Un malloppo enorme. E ha acquisito tutte le mail scambiate con la senatrice». Tradotto: prove da cestinare, secondo la difesa.

Il voto in Giunta è atteso martedì prossimo. Poi la parola passerà all’Aula di Palazzo Madama. Una corsa contro il tempo, perché il 17 ottobre si apre a Milano una nuova udienza. L’obiettivo è chiaro: congelare il procedimento prima che i giudici possano valutare il merito delle accuse. Una mossa che sa di ostruzionismo, di tentativo di ribaltare in Consulta ciò che non si riesce a smentire in tribunale.

La difesa brandisce sentenze della Corte costituzionale su casi simili – in particolare la vicenda Open legata a Matteo Renzi – per sostenere che anche tabulati e corrispondenze digitali vanno trattati con le guarentigie parlamentari. Ma qui la questione appare più politica che giuridica: la maggioranza usa il Senato come scudo per la ministra, cercando di bloccare i giudici ordinari con un conflitto istituzionale.

Intanto, a Milano, la Procura ha già fatto sapere che nel processo per falso in bilancio di Visibilia – che vede Santanchè sul banco con altre quindici persone, tra cui il compagno Dimitri Kunz e l’ex socio Giovanni Canio Mazzaro – tutte le chat, gli sms e le email della ministra sono state escluse. Lo ha spiegato il pm Luigi Luzi in aula, citando la stessa Consulta. Ma le accuse restano pesanti: bilanci truccati, piccoli azionisti raggirati, un impero editoriale costruito su conti gonfiati e oggi sotto processo. Il Tribunale ha già ammesso le parti civili, guidate da Giuseppe Zeno, dando forza ai risparmiatori che chiedono giustizia.

Il calendario è stato fissato: 16 udienze fino al maggio 2026. Una maratona giudiziaria che potrebbe scoperchiare anni di gestione opaca. Nel frattempo, l’udienza preliminare per Visibilia srl è ripartita dopo l’annullamento del capo di imputazione, segno di un processo che non si ferma nonostante i tentativi di sviare l’attenzione.

Eppure, mentre a Milano si lavora sulle carte e sulle prove, a Roma si consuma il gioco delle protezioni. L’argomento agitato dalla maggioranza è sempre lo stesso: la Procura avrebbe violato le guarentigie parlamentari. Ma la sensazione è che dietro la difesa dei principi costituzionali ci sia soltanto la volontà di guadagnare tempo, di tenere in piedi il governo evitando lo spettacolo imbarazzante di una ministra a processo.

La scena è ormai rituale: la destra fa quadrato, le opposizioni denunciano il conflitto d’interessi e i cittadini assistono, increduli, al tentativo di trasformare un’aula parlamentare in un tribunale parallelo. Mentre i giudici di Milano fissano udienze, a Roma si cerca di riscrivere le regole per salvare una ministra in difficoltà.

L’ombra dell’ostruzionismo si allunga sul governo. Perché la questione Santanchè non riguarda solo lei: riguarda la credibilità delle istituzioni, la distanza tra cittadini e politica, la tenuta di un esecutivo che sembra disposto a tutto pur di proteggere i suoi. «Bloccare tutto» prima dell’udienza, questo il mantra ripetuto nei corridoi di Palazzo Madama.

Il risultato è un cortocircuito: la ministra è al centro di due processi, la magistratura procede, le prove vengono filtrate secondo le regole. Ma la politica alza i muri, tentando di spostare la battaglia sulla Consulta. Come se la Costituzione fosse un paravento da usare all’occorrenza.

Il 17 ottobre i giudici di Milano torneranno in aula. Sarà il momento della verità, o forse solo l’ennesimo capitolo di una partita che rischia di trascinarsi per anni. Nel frattempo, la domanda resta: quanta fiducia possono avere i cittadini in una politica che invece di rispondere alle accuse si trincera dietro cavilli e voti di maggioranza?