La sua presidenza è un continuo paradosso: dal trionfo elettorale alla caduta nei sondaggi, fino ai dazi imposti e poi aboliti, l’“America First” si trasforma in confusione. Tra proclami, retromarce e alleanze improbabili, la costante rimane il caos
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Donald Trump è certamente un grande presidente degli Stati Uniti. Così grande che riesce ad abolire anche se stesso, cosa che non era mai riuscita a nessuno dei suoi predecessori. E infatti in pochi mesi dal trionfo elettorale, alla caduta nei sondaggi, la presidenza Trump ha già toccato il massimo. Ma ora c’è di più: Trump è riuscito in un’impresa che pochi leader possono vantare: mettere dazi per tutto e per tutti… e poi abolire i dazi che aveva messo lui stesso. Una giravolta perfetta, il simbolo plastico di una presidenza che ha trasformato la politica commerciale in un reality show a colpi di proclami, retromarce e fuochi d’artificio.
Il suo “America First” si è spesso tradotto in “America Confused”: tariffe che hanno fatto impennare i prezzi dei beni di prima necessità, scontri frontali con gli alleati spacciati per atti di pace, tregue diplomatiche annunciate su Twitter e dissolte il giorno dopo.
Poi Trump è riuscito a fare di Putin un grande alleato immaginario, per poi scoprire che si è fatto prendere in giro come un dilettante.
Mentre la precedenza trema per i dettagli sul caso Epstein, Trump tenta di smontare i suoi stessi disastri economici. Ma la verità è semplice: in una presidenza fatta di guerre senza pace, dazi senza logica e trionfi senza sostanza, le retromarce sono l’unica cosa davvero costante.

