Il 27 giugno 1980, alle 20:59 e 45 secondi, qualcuno innalzava un muro. Un muro di gomma – così l’avrebbe definito anni dopo Marco Risi in un film – tracciando col sangue una vicenda rimasta un’ombra incancellabile sul volto del Paese: Ustica.

Il destino ci mise la coda, incastrando coincidenze e fatalità, minuti e secondi. Battiti di farfalla che creano il caos a chi non è baciato dalla fortuna. Quel giorno, su Bologna si abbatte una tempesta. Una di quelle tempeste estive, violente e brevi. Il volo di linea IH870 dell’Itavia, un DC-9 per la precisione, è in attesa. Partirà con oltre 100 minuti di ritardo, costretto anche ad aspettare l’atterraggio di un altro velivolo in ritardo rispetto alla tabella di volo. Quei minuti e quei secondi scrissero la storia.

I passeggeri del DC-9 sono a bordo, in attesa del via dalla torre di controllo, quando finalmente l’aereo si stacca dalla pista. Sono le 20:08. Non toccherà mai più terra. Cinquanta minuti dopo, a 25.900 piedi di altitudine, il DC-9 scompare nel nulla. Alle 21:04, la torre di controllo di Palermo tenta di mettersi in contatto con i piloti per concordare la discesa sulla pista.

Nessuno risponde. Il DC-9 non è più un puntino luminoso sui radar che inquadrano la zona del mar Tirreno tra Ponza e Ustica. Non è più nulla, perché è già un rottame in fondo al mare. Le vittime furono 81 in totale, tra cui 13 bambini. Ma i corpi recuperati furono solo 39.

Dopo decenni di silenzi, insabbiamenti e inchieste che hanno tentato di sollevare la cappa d’omertà stesa per coprire la verità, la storia di quella notte – come un relitto – ha cercato di emergere dai fondali notturni dei segreti di Stato. Quella sera, secondo l’istruttoria condotta dal giudice Rosario Priore, nei cieli italiani si è combattuta una battaglia aerea. Un’operazione militare mai ammessa dalle parti in causa: Italia, Francia, Libia. Il DC-9 sarebbe finito, per tragica sfortuna, sulla linea di fuoco di un combattimento tra un caccia NATO (forse francese) e un MiG delle forze aeree libiche.

Ed è qui che la storia di Ustica si intreccia con quella della Calabria. Venerdì 18 luglio 1980, meno di un mese dopo la strage, vengono ritrovati i resti di un caccia libico MiG-23 nei boschi della Sila, nel comune di Castelsilano (KR). Il corpo del pilota, il capitano libico Ezzedin Khalil, è in avanzato stato di decomposizione. La scoperta del relitto viene segnalata da alcuni abitanti della zona, ma nessuno, né il sindaco, né i carabinieri, informa la Procura di Crotone. Solo il 22 luglio, il Ministero della Difesa chiede di coinvolgere la magistratura.

Lo stesso giorno, la Procura di Roma, che indagava sulla strage di Ustica, chiede a Crotone un rapporto dettagliato e le conclusioni dell’esame autoptico, con particolare attenzione alle cause delle lesioni riscontrate sul corpo del pilota.

La direttiva su quella scoperta è chiara: non fare rumore sulla stampa. I rottami vengono raccolti e rispediti in Libia insieme ai resti del pilota. Ma qualcuno unisce i puntini. Le autorità libiche, in comunicazione con quelle italiane, dichiarano che il MiG si era alzato in volo da una base nei dintorni di Bengasi e che il pilota, colto da malore, avrebbe lasciato che l’aereo proseguisse in modalità automatica fino a esaurimento carburante, precipitando sulla Sila. Eppure qualcuno non crede alle coincidenze.

Il giudice Priore riapre il caso dieci anni dopo e mette in discussione tutto, a partire dalla data della caduta del MiG. L’autopsia sul cadavere del pilota, rivela uno stato di decomposizione compatibile con una morte avvenuta almeno 20 giorni prima del ritrovamento. Il pilota era lì da giorni, forse settimane. Forse dal 27 giugno.

E parlano anche i testimoni: pastori, contadine, abitanti della zona. Raccontano di un forte boato che ha scosso l’area ben prima del 18 luglio. I dubbi cominciano a incastrarsi agli indizi. E se quel MiG fosse stato in volo proprio la notte di Ustica? Le foto del relitto mostrano fori compatibili con colpi sparati da cannoncini rotanti da 20 mm, come quelli montati su caccia NATO come i Phantom o i Mirage.

Il MiG intercettato è stato abbattuto? Cosa è accaduto quella notte e perché un volo civile con 81 innocenti a bordo è stato colpito?

Nel 2007, la Corte di Cassazione ha stabilito un risarcimento per i familiari delle vittime per non aver garantito la sicurezza del volo e per non aver impedito i depistaggi, mentre la Sila conserva la chiave di un mistero che nessuno ha ancora il coraggio di svelare.