Le manette scattano in Canton Ticino: presidente e direttore della fiduciaria svizzera fermati per truffa, riciclaggio e appropriazione indebita. È la stessa società che aveva trattato l’acquisto del 75% del gruppo editoriale della ministra
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La ministra Daniela Santanchè (foto di Stefano Carofei -Ipa)
La stretta arriva dalla Svizzera, ma le onde si allargano fino a Milano. Due manager di Wip Finance SA, fiduciaria con sede a Paradiso, nel Luganese, sono stati arrestati per reati finanziari. Si tratta della presidente, una 48enne svizzera, e del direttore, un cittadino italiano di 39 anni. Entrambi erano i volti di quella stessa società che aveva tentato, tra la fine del 2024 e l’inizio del 2025, di acquistare la quota di maggioranza di Visibilia, l’editrice di riviste come Ciak, Novella 2000 e Visto, fondata e a lungo guidata da Daniela Santanchè.
Attualmente la società della Ministra, con un’operazione non certo priva di interrogativi, è stata di fatto regalata a un editore bolognese: lo scorso luglio il 75% del capitale di Athena, finora in mano a Daniela Garnero Santanchè e Immobiliare Dani, è stato trasferito a titolo gratuito a Giorgio Armaroli, imprenditore con oltre quarant’anni di esperienza nel settore editoriale. Ma ora, gli arresti dei vertici di Wip Finance e l’inchiesta sulla fiduciaria svizzera, potrebbero aprire nuovi scenari.
La vicenda non si intreccia solo con i destini dell’imprenditoria italiana, ma con uno scenario ben più ampio di indagini internazionali. Perché, come conferma la polizia cantonale, gli arresti non sono collegati direttamente al dossier Visibilia, bensì a una trama che tocca il cuore di un’altra indagine: la maxi-inchiesta europea “Moby Dick” sulle frodi carosello IVA.
Secondo il comunicato del Ministero pubblico, i reati ipotizzati a carico dei due fiduciari sono pesanti: truffa, appropriazione indebita, amministrazione infedele e riciclaggio di denaro. Negli ultimi giorni i loro uffici sono stati perquisiti e il materiale informatico sequestrato. L’obiettivo è chiarire se abbiano costruito, attraverso Wip Finance, un sistema di raccolta e gestione di fondi in Svizzera e all’estero in violazione delle norme federali.
La fiduciaria non è un nome qualsiasi. Nel 2024 si era proposta come acquirente delle quote di Santanchè, il 75% di Visibilia, con una valutazione di oltre 2 milioni di euro. Una transazione che avrebbe dovuto consentire alla ministra di recuperare almeno in parte i circa 4 milioni spesi per tenere a galla l’azienda ed evitare la bancarotta. L’operazione, però, si era presto arenata. L’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA), equivalente elvetico della Consob, aveva già acceso un faro su Wip Finance, imponendo che ogni passaggio fosse sottoposto al vaglio di un avvocato nominato d’ufficio. Da lì, il blocco.
Ora, con gli arresti, la vicenda assume contorni ancora più spinosi. Perché se è vero che le manette riguardano un filone diverso, legato a frodi fiscali internazionali, resta la domanda: chi erano davvero i potenziali acquirenti di Visibilia?
Il nodo resta quello della credibilità di Wip Finance. Già in primavera, la società era stata travolta da un’inchiesta giornalistica di Report, che aveva dato spazio a un uomo d’affari vicino alla fiduciaria, Altair D’Arcangelo, presentato come business developer del gruppo. Secondo l’inchiesta, D’Arcangelo avrebbe gestito decine di società solo sulla carta, intestate a prestanomi e usate per operazioni immobiliari fittizie. Wip Finance replicò duramente, rivendicando trasparenza e negando che la fiduciaria fosse stata costituita ad hoc per acquisire Visibilia.
In una nota ufficiale, l’azienda ribadiva: «Operiamo da oltre 14 anni con la stessa amministratrice, Jane Lepori-Sassu, nel rispetto delle normative federali. L’acquisizione di Visibilia era frutto di una strategia di investimento valutata dal nostro organo amministrativo». E respingeva ogni insinuazione: «Il signor D’Arcangelo non è socio né investitore. Non ha partecipato alle trattative, essendo del tutto estraneo agli accordi sottoscritti».
Ma i fatti di queste ore raccontano un’altra storia. La presidente e il direttore della fiduciaria sono oggi in carcere, mentre la Procura svizzera valuta ulteriori atti istruttori. Sul tavolo, oltre all’ombra delle frodi fiscali, anche i collegamenti con l’inchiesta Moby Dick: un’indagine che ha già documentato un sistema criminale in grado di drenare miliardi di euro all’Unione europea attraverso società cartiere, giri di fatture false e la complicità della criminalità organizzata.
Secondo il Corriere del Ticino, nelle carte dell’inchiesta figurerebbe perfino un uomo vicino al clan camorristico dei Di Lauro, formalmente gestore di una società collegata a Wip Finance. Quando fu arrestato a Ginevra, aveva con sé una carta di credito emessa proprio dalla fiduciaria e riconducibile a una società ceca controllata dall’ente di Paradiso.
È questo lo scenario che si intreccia, indirettamente, con le sorti di Visibilia e con il nome di una ministra del governo italiano. Non c’è ancora un nesso giudiziario diretto, ma l’intreccio è sufficiente a rilanciare dubbi e polemiche. Perché la scelta di vendere le quote a una fiduciaria già sotto indagine solleva interrogativi che travalicano le responsabilità legali.
Oggi, il caso si allarga su due fronti. In Svizzera, il destino di Wip Finance è nelle mani della FINMA e della magistratura cantonale, che dovranno verificare la solidità di un’azienda accusata di riciclaggio e truffa. In Italia, il processo Visibilia proseguirà a breve. Se il collegamento tra i due filoni non è provato, l’effetto politico e mediatico è inevitabile: la società che avrebbe dovuto salvare Visibilia e alleggerire il peso finanziario di Santanchè si trova oggi con i vertici in cella.
È un paradosso che pesa come un macigno. E che riporta alla luce una domanda che accompagna la ministra da mesi: come si è potuti arrivare a trattare la vendita di un gruppo editoriale storico con una fiduciaria già nel mirino delle autorità finanziarie svizzere? La risposta, forse, arriverà solo con il doppio verdetto delle aule di giustizia, a Milano e a Lugano. Fino ad allora, la storia resta sospesa tra il sospetto e il paradosso.