Alcuni oggi sono diventati dei veri e propri percorsi didattici. Dal Vibonese al Reggino, eccone alcuni da vedere assolutamente
Viaggio tra i mulini in Calabria straordinaria testimonianza di storia e cultura, ecco quali visitare
Viaggio tra i mulini in Calabria straordinaria testimonianza di storia e cultura, ecco quali visitare
Viaggio tra i mulini in Calabria straordinaria testimonianza di storia e cultura, ecco quali visitare
Viaggio tra i mulini in Calabria straordinaria testimonianza di storia e cultura, ecco quali visitare
Viaggio tra i mulini in Calabria straordinaria testimonianza di storia e cultura, ecco quali visitare
Viaggio tra i mulini in Calabria straordinaria testimonianza di storia e cultura, ecco quali visitare
Il mulino dei Minà si trova a Dasà, comune della provincia di Vibo Valentia dagli antichi portali in granito. Il mulino a due saette, alimentato dal torrente Petriano, è rimasto funzionante fino agli anni ’70 ed è stato ristrutturato da pochi anni. Se volete visitarlo sarete accolti dal signor Gianni Galati, che da ragazzo lavorava al mulino con suo fratello e suo padre, e che con piacere apre a scolaresche e visitatori raccontandone la storia.
Nel locale adibito alla molitura sono presenti le mole, la tramoggia, il cassone, il paranco, elementi situati sopra un banchetto in legno, con il meccanismo in ferro dell’albero motore, della regolazione dell’interstizio, della puleggia di trasmissione che azionava una dinamo, una tecnologia industriale più avanzata rispetto ad altri mulini ad acqua. La mola soprana doveva essere sollevata ciclicamente per ripristinare i solchi della mola soprana e sottana.
Vicino al mulino si trovava inoltre una macchina olearia con la ruota persiana, di cui resta solo il locale con i settori in muratura dove prima ogni proprietario portava le sue olive e le metteva a deposito.
Nello stesso comune di Dasà, oltre a quello Minà sono presenti anche altri mulini, cinque in totale, tra cui il quello di Cannatello e quello di Sibilio.
A poca distanza dal centro storico di Lamezia Terme e dal quartiere di Niola, si trova l’Antico mulino delle fate, nella valle del Torrente Canne detto anche fiume della Serra, proveniente dalle alture del Monte Reventino.
Il mulino, appartenente alla Via dei Mulini come altri 15 che ne esistevano a Nicastro, era ridotto fino a qualche anno fa ad un rudere, fino a quando due ingegneri lametini residenti in Svizzera, Fabio Aiello e Anna Filardo, non lo hanno acquistato per ristrutturarlo e ridargli nuova vita.
Il progetto, nato otto anni fa, ha permesso di restaurare completamente il mulino in tutte le sue parti, dalla parte meccanica al palmento, quest’ultimo costituito da macine in pietra francese e dai meccanismi originali ancora perfettamente funzionanti. Il mulino è da allora a disposizione di un’intera comunità, ed è perfettamente in grado di produrre farina.
Oltre alla visita al mulino, qui è possibile usufruire di percorsi didattici creati apposta per le scolaresche e per i più piccoli, che possono così vivere un’esperienza completamente immersi nella natura, racchiusa dal luogo suggestivo. Il mulino e tutti gli eventi che vengono organizzati durante l’anno sono gestiti dall’associazione culturale che ne porta lo stesso nome.
Le origini dell’antico mulino Loiacono, nel comune di Drapia, in provincia di Vibo Valentia, risalgono circa al 1750, e fanno rientrare il mulino tra quelli storici calabresi. Esistono anche altri mulini storici qui nel vallone Riaci, lungo il torrente Burmaria, dai quali però il Loiacono si differenzia per la saetta a forma di tronco conico.
In stato di completo abbandono fino a qualche anno fa, fu ereditato dalla famiglia Loiacono, che dopo vari lavori ha riportato in vita il mulino, ora funzionante grazie all’azione dell’acqua del torrente che scorre verso valle.
Incanalata tramite una condotta naturale, l’acqua viene infatti riversata nella torre alta 12 metri, la saetta, che precipitando riesce ad azionare il movimento della ruota formata da pale in legno e collegata tramite un’asse, anche questa dello stesso materiale, la quale aziona la ruota in granito che macina i cereali affinché la farina venga prodotta.
Scavato nella pietra si presenta con una copertura di volta a botte realizzata in conci di pietra, disposti a coltello. E oltre al locale della molitura si trova anche un secondo spazio scavato nella pietra, un tempo luogo in cui veniva tenuto l’asino, all’epoca mezzo di trasporto per i cereali da cui veniva ricavata la farina. Nonostante sia privato, i proprietari accolgono con piacere, previa prenotazione, chiunque voglia visitare il mulino storico, conosciuto anche come u mulinu ‘i Cicciu u Mulinaru.
Situato a Taverna di Coraci, località nel comune di Colosimi in provincia di Cosenza, troviamo il mulino Scarpino, un vecchio mulino ad acqua esistente dal 1400 operativo fino ai primi anni ‘60 e tuttora funzionante ad uso privato della famiglia proprietaria.
Il luogo che lo ospita è praticamente una conca, un cono visibile dall’esterno solo dall’unica strada d’accesso, circondato da una fitta vegetazione.
Sono le acque del torrente antistante a trasmettere forza alle macine, facendo muovere le ruote del mulino e dando così vita alla trasformazione che porterà alla produzione della farina.
È l’intera famiglia, madre, padre e tre figlie, a prendersi cura di questo luogo incontaminato e immerso nel verde, ancora sconosciuto ai più, ma che racchiude al suo interno una storia lunga secoli. Storia che gli Scarpino stanno cercando di mantenere viva e non far scomparire, tutelando il luogo da ogni tipo di contaminazione che potrebbe minarne la genuinità o modificandone la morfologia.
In provincia di Vibo Valentia troviamo la Valle dei Mulini a Sorianello, un interessante percorso storico-ambientale grazie al quale i visitatori possono approfondire alcuni aspetti antropologici relativi alla vita contadina dell’area, dove spicca una forte produzione agricola. L’importante produzione e lavorazione dei cereali spinse ad installare vari mulini, proprio nella zona tra il Monte Poro e le Serre Vibonesi, avvantaggiati dalla presenza di diversi corsi d’acqua che ne garantivano il funzionamento.
La struttura di canalizzazione dell’acqua e la ruota in legno, sono ancora visibili in quello che è diventato oggi un luogo visitabile per chi vuole conoscere un pezzo del passato. Decenni di degrado e abbandono hanno lasciato il passo alla riqualificazione del sito, che ha portato alla luce i resti di vecchi edifici adibiti alla produzione della farina dando vita al parco dei mulini ad acqua, tra gli anni ’90 e il 2000.
Oltre alla struttura in cui veniva canalizzata l’acqua, si può ancora distinguere la camera molitoria posta all’interno della costruzione che ospitava il mulino. Nella valle dei mulini si può usufruire oltre che della vista dei resti dei vecchi mulini, anche di percorsi paesaggistici semplici da attraversare.
Nel parco sono presenti anche un laghetto artificiale alimentato dal torrente Cornacchia che attraversa la valle, i ruderi degli antichi insediamenti dei monaci basiliani, e la chiesetta di San Bruno con accanto un albero di ulivo secolare. Si crede che qui il santo Bruno di Colonia si sia fermato più volte durante i suoi viaggi da Serra san Bruno a Mileto.
Di proprietà di una delle famiglie più importanti di Sant’Alessio in Aspromonte, l’origine del mulino dei Calabrò pare risalga alla prima metà del XIX secolo, e rappresenta uno degli esempi più significativi di mulino a trazione idraulica della vallata che lo ospita, quella del Gallico.
La famiglia resse le redini della vita politica, economica e sociale di Sant’Alessio per oltre un secolo, dalla fine del feudalesimo all'avvento del fascismo, e pare che il primo proprietario del mulino di cui si conosce l’identità, sia il sacerdote Alessio Calabrò, vissuto tra il 1795 e il 1874, colui che ne promosse anche la realizzazione.
Principale fonte di produzione di farina per gli abitanti del piccolo borgo, la portata d’acqua del torrente dal quale si serviva non era così alta, e ne limitava quindi l’uso dall’inverno alla primavera, solo ed esclusivamente per sopperire alle esigenze locali.
Vari terremoti resero inutili le costruzioni della proprietà della famiglia Calabrò, soprattutto quello del 1908 che decretò anche la rovina di quasi tutto il resto degli edifici del borgo.
I fabbricati del mulino furono recuperati tramite opere di valorizzazione ultimati nel 2004.
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