Di figure come la sua, la Calabria aveva ed ha bisogno. Sorretta da passione, determinazione e da un forte attaccamento alla terra, l'archeologa Anna Rotella porta avanti da anni un progetto, quello dell'"Olivo della Madonna", che tiene assieme tutela ambientale, devozione popolare e tradizione culturale. Si tratta, nello specifico, di un percorso di valorizzazione di una cultivar, ovvero l'Olea Europaea varietà Leucocarpa, un olivo che tra ottobre e novembre, al momento dell’invaiatura, muta le sue drupe da verdi in bianche. La mancanza di informazioni sulla varietà in questione e la sua limitata diffusione in due sole province calabresi (Reggio Calabria e Cosenza) ha spinto la ricercatrice ad intraprendere un accurato lavoro di indagine. In otto anni di ricerca, la professionista ha rintracciato circa 130 esemplari antichi della cultivar in 85 comuni calabresi. L'obiettivo condotto nel corso nel tempo è quello di mettere a dimora davanti le chiese la varietà e di creare un "Giardino degli Olivi della Madonna" in ogni diocesi per produrre olio e riprendere la tradizione dell'alimentazione delle lampade all'interno delle chiese, coinvolgendo anche i detenuti degli istituti penitenziari calabresi.

Per conoscere più nel dettaglio il progetto, abbiamo deciso di contattare l'archeologa Anna Rotella per rivolgerle alcune domande.

Intanto grazie mille, dottoressa Rotella, per la sua disponibilità. Andiamo con ordine: ci parli dell'iniziativa "Un olivo della Madonna davanti ogni chiesa" che prevede la piantumazione dell'olivo Leucocarpa davanti numerose chiese calabresi? Come nasce questo progetto e come si sta svolgendo?

«A partire dal 2021 ha preso l’avvio l’iniziativa di mettere a dimora un “Olivo della Madonna davanti ad ogni chiesa” su proposta della sezione vibonese di Archeoclub d’Italia in sinergia con l’ufficio regionale per i “Problemi Sociali, il Lavoro, la Giustizia, la Pace e la Custodia del Creato” della Conferenza Episcopale Calabra in collaborazione con il WWF ed Italia Nostra Crotone. Dopo la donazione dell’alberello ad opera dei fedeli e la sua benedizione in circa 100 i luoghi di culto si è provveduto alla messa a dimora dei giovani esemplari. Il percorso legato alla cultivar ha preso il via nel 2017 quando del tutto casualmente sono venuta a conoscenza dell’esistenza della Olea Europaea varietà Leucocarpa ovvero di quell’olivo prodigioso che tra ottobre e novembre, al momento dell’invaiatura, muta le sue drupe da verdi in bianche. La carenza delle informazioni divulgate su internet con notizie circa la sua strana diffusione in due sole province calabresi (la zona ionica reggina e la provincia di Cosenza), lo stretto legame della varietà con il mondo religioso popolare e soprattutto gli sconfortanti dati sullo stato di salute dei pochissimi esemplari menzionati fino a quel momento mi ha spinto a intraprendere questa ricerca e il percorso di tutela e diffusione. Così è iniziato il mio personale ed entusiasmante percorso per cercare di ricostruire la storia di questa strepitosa varietà. Mi sono messa alla ricerca di indizi ovunque per poter mappare gli alberi antichi presenti sul territorio regionale e in questi otto anni di ricerca grazie al sostegno di tanti come me affascinati dai mille tesori di questa sorprendente regione inaspettatamente ho potuto rintracciare la presenza di circa 130 esemplari antichi della cultivar in 85 dei comuni calabresi. Da subito il mio sogno è stato quello di riuscire a far si che la varietà fosse rimessa in gioco davanti alle chiese e che, in ogni diocesi, si potesse impiantare un “Giardino degli Olivi della Madonna” tanto da poter produrre l’olio per riprendere la tradizione dell’alimentazione con esso delle lampade all’interno delle chiese il tutto con l’intervento dei detenuti degli istituti penitenziari calabresi.

Molte sono le iniziative che le associazioni impegnate nella salvaguardia e diffusione della varietà stanno portando avanti, associata a quella legata alla messa a dimora di “Olivo della Madonna davanti ad ogni chiesa”. Dal 2024 la sede vibonese di Archeoclub Italia ha sposato l’idea che il percorso di sostegno della diffusione della cultivar dovesse passare anche attraverso la messa a dimora dei giovani esemplari presso gli Istituti penitenziari della regione. Sul territorio calabrese con grande partecipazione da parte del personale tutto e dei detenuti 7 dei 12 istituti presenti hanno già aderito all’iniziativa mentre è in corso di definizione l’attività con gli istituti di Reggio Calabria, Palmi e Catanzaro inoltre Italia Nostra Crotone in questi anni ha proceduto alla messa a dimora di decine di esemplari tra luoghi di culto e di interesse pubblico. Dal 2023 Archeoclub d'Italia aps ha reso possibile la realizzazione di due edizioni del convegno nazionale dal titolo “L'Olivo della Madonna, varietà Leucocarpa: percorso di valorizzazione e speranza nazionali sulla varietà” la prima il 16 settembre del 2023 presso il santuario di Gibilmanna a Cefalù e la seconda il 23 novembre 2024 a Mileto (VV) ospiti delle rispettive diocesi».

Qual è l'origine di questa varietà di olivo? È autoctona in Italia o è stata introdotta da altre regioni?

«Attualmente non ci sono dati certi per definire l’origine della varietà probabilmente essa è presente in tutti gli areali dove l’olivo si è diffuso ma anche in questo senso si spera che la ricerca possa attivamente interessarsi al suo studio tanto da riuscire a trovare risposte certe anche in questo senso. L’olivo dalle bianche drupe è noto dalle fonti antiche già in età romana (Columella, Plinio, Catone, Macrabio) così come traccia tangibile della varietà ci restituiscono dei bolli presenti su anfore romane usate per il trasporto delle olive indicate appunto come verdi, bianche e nere».

Qual è il significato simbolico dell'Olivo della Madonna nella tradizione calabrese? Come è stato utilizzato nel passato e come viene utilizzato oggi?

«La varietà è più diffusamente conosciuta, tra le genti di Calabria, come “Olivo della Madonna” o anche “Olivo bianco”, “Olivo santo” o “del Crisma” e “Olivo della regina” per il popolo dei fedeli l’olio ottenuto dalle candide drupe ha costituito una notevole alternativa di qualità per alimentare le lampade all’interno delle chiese rispetto all’olio lampante e alla grande quantità di fumo da esso prodotto durante la combustione. Ma se l’uso in ambito sacro ha fatto la fortuna di questa cultivar purtroppo è anche vero che l’arrivo dell’energia elettrica ha inevitabilmente segnato la fine della diffusione del prodigioso “Olivo della Madonna” e se a questo si aggiunge l’abbandono delle terre coltivate e lo scarso interesse alimentare per le sue drupe ben si comprende perché l’Olea Europaea varietà Leucocarpa sia arrivata così prossima all’estinzione. Mentre la Puglia dove è molto meno attestata la presenza della varietà ha già provveduto a dichiararla a rischio di estinzione in Calabria non si è ancora ottenuto un provvedimento in tal senso mentre invece nel 2021 la varietà dalla regione Calabria è stata riconosciuta come “albero di interesse regionale”».

Quali sono le tecniche di coltivazione più adatte per l'Olivo della Madonna? Come si può garantire la sua sopravvivenza e diffusione?

«La varietà a drupe bianche non presenta caratteristiche particolari dal punto di vista della coltivazione, tutte le accortezze e le attenzioni che si prestano alle altre varietà valgono anche per la nostra. Continuare a far conoscere la varietà è quello che noi continueremo a fare e speriamo che anche gli enti di ricerca e le università decidano di investire sullo studio di questa varietà anche perché una più approfondita conoscenza delle peculiarità dell’olio prodotto dalle bianche drupe per i possibili usi in ambito alimentare, cosmetico, ecc. costituirebbe uno sprone alla diffusione della varietà e quindi alla sua sopravvivenza».

Quali sono i progetti futuri per la salvaguardia e la diffusione dell'Olivo della Madonna? Come possono le comunità locali contribuire a questo obiettivo?

«Sempre Archeoclub ha in corso la pubblicazione degli atti dei due convegni e in programmazione il terzo convegno che si terrà in Campania nel 2026 ed ancora il fattivo coinvolgimento dei detenuti degli istituti penitenziari calabresi nella riproduzione della prodigiosa varietà per far sì che possano diventare essi stessi i donatori degli alberi ai luoghi di culto. In tal senso è fondamentale l’attività che Archeoclub d’Italia fortemente sostenuto dall’ARSAC che si è assunta l’onere di curare la fase pratico-didattica per i detenuti e la Conferenza Episcopale Calabra ufficio per la Pastorale della cura del Creato che curerà la distribuzione degli alberelli presso le chiese e il primo istituto con il quale si sta strutturando il protocollo d’intesa è quello di Laureana di Borrello (RC). Altra finalità che ci proponiamo in collaborazione con la professoressa Paola Puma dell’Università di Firenze, con il fattivo coinvolgimento degli uffici preposti e delle comunità locali è la costituzione di una “Via dell’Olivo Bianco” tesa a strutturare una forma di gestione unitaria del patrimonio culturale, paesaggistico e agrario che ruota intorno all’olivo bianco più in generale tesa alla valorizzazione degli oliveti presenti sul territorio Calabrese. In ogni paese dove l’albero è documentato l’obiettivo è quello di raggiungere è valorizzare la fruibilità del patrimonio storico-architettonico-ecclesiastico-archeologico-antropologico-alimentare dei quali l’olivo bianco e più in generale l’olivo è portatore. La messa a dimora dei 150 alberelli di Olivo della Madonna presso l’eremo di Soreto (VV) avvenuta nel 2022 costituisce un unicum nel suo genere, si tratta infatti, del primo luogo di culto, dove è stata effettuata una piantumazione estesa di Leucocarpa. Con il sostegno della CEC speriamo presto di fare “Giardino degli Olivi della Madonna”, in ogni diocesi calabrese per riprendere l’antica tradizione dell’alimentazione delle lampade nelle chiese con l’olio ottenuto dalle candide drupe».

Qual è l'importanza della collaborazione tra le diverse organizzazioni e istituzioni per la salvaguardia dell'Olivo della Madonna?

«Molte sono gli enti e le istituzioni coinvolte a diversi livelli nel percorso di salvaguardia della varietà a partire dall’ufficio regionale per i “Problemi Sociali, il Lavoro, la Giustizia, la Pace e la Custodia del Creato” della Conferenza Episcopale Calabra che ha accolto con grande disponibilità di accogliere l’idea che i luoghi di culto possano sostenere questa operazione che è culturale, storica oltre che religiosa. L’Archeoclub d’Italia in particolare dalla sezione vibonese dell’associazione si prodiga con entusiasmo e abnegazione nel sostenere le diverse fasi del percorso per la conoscenza e la salvaguardia della varietà presa a simbolo della incredibile biodiversità regionale che in questo caso rappresenta profondamente la cultura della regione. Nella stessa direzione si muove il Wwf regionale oltre che la sezione vibonese ed in modo altrettanto incisivo si sta muovendo la sezione crotonese di Italia Nostra tanto che la città pitagorica è al momento il capoluogo calabrese nel quale è stato messo a dimora il maggior numero di olivi della Madonna. Il sostegno al progetto ci è giunto anche dagli Stati Uniti da dove sono giunte in Calabria Elena Valeriote, giornalista e produttrice e Claire Marie Vogel, regista del documentario White Olives of the Madonna che da tre anni lavorano sul loro progetto guardando alla varietà da oltreoceano. Niente di questo percorso/progetto avrebbe potuto essere senza l’aiuto e il sostegno di mio marito Antonio Montesanti che cura e accompagna con la sua sensibilità e intelligenza che in particolare cura la pagina facebook dedicata alla varietà (a questo link).

Importantissimo anche il sostegno di Domenico Maduli (presidente del gruppo editoriale Diemmecom) e del suo staff che in ogni fase del percorso e sempre a titolo gratuito si sono messi a disposizione con grande competenza e professionalità».

Qual è il ruolo dell'archeologia nella salvaguardia e nella valorizzazione dell'Olivo della Madonna?

«In generale lo studio dell’olivo e quindi dell’olio è da sempre una importante occasione di ricerca per l’archeologia e nel caso della prodigiosa varietà dalle bianche drupe per lo stretto legame che la stessa ha con la religione della nostra regione costituisce una grande occasione di valorizzazione delle risorse che vanno dalla grande biodiversità, all’ambiente naturale dal patrimonio paesaggistico a quello storico e architettonico della Calabria. Ricostruire il portato culturale della Leucocarpa consente di aggiungere tasselli successivi e come sempre è la maggiore conoscenza ha il presupposto fondamentale alla salvaguardia e alla valorizzazione».