L’editoriale

Piccole ripicche nella Calabria ordinaria

Un dibattito nella nostra regione può generare varie reazioni, dal giusto confronto tra opinioni diverse alla polemica, dalla lesa maestà alla sindrome da Fort Alamo, per finire alla pletora di dietrologisti che sanno e insegnano tutto, a partire da come si fa anticamera

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di Alessandro Russo
21 dicembre 2022
10:12

Il dibattito aperto dall’articolo-inchiesta del nostro vicedirettore Enrico De Girolamo sull’utilizzo di due milioni e seicentomila euro per la promozione della Calabria è un elemento di trasparenza nella vita pubblica. Passato qualche giorno, qualche riflessione a freddo va fatta. Lo avete letto e visto nelle successive interviste sul web e in tv: per Fausto Orsomarso, artefice della “Calabria straordinaria” che ha sponsorizzato e ha pagato le spese del Villaggio di Natale davanti alla Stazione di Milano, l’iniziativa è un successo, funziona e veicolerà enormi flussi turistici nella nostra regione. Non tutti però la pensano come lui: esistono perplessità – forti quantomeno come le altrui certezze – a cui il nostro network ha dato voce. Il fatto che per portare turisti in Calabria occorra investire in comunicazione rivolta a chi vive fuori dai confini regionali è lapalissiano. Ma lo è anche il fatto che in comunicazione vince chi si presenta con i propri vestiti e non con le mutande hawaiane, altrimenti l’operazione rischia di essere inutile.

In Calabria è ancora forte una sindrome di lesa maestà che quando si acuisce diventa sindrome da Fort Alamo, in cui le opposte opinioni generano anche involontariamente una cultura dell’assedio e una chiusura rispetto alle ragioni dell’altro. Orsomarso, uomo di spirito, certamente non è affetto da queste sindromi (alcuni suoi fan sì, invece), ma ha colto solo in parte l’opportunità chiarificatrice che gli veniva offerta dalle critiche, concedendosi a volte a una polemica politica che – però – fa parte del gioco: ai tempi di Oliverio, Scopelliti e Loiero si sono sprecati milioni in sciocchezze spacciate come comunicazione e le polemiche ci sono state senza che nessuno gridasse allo scandalo.


 

Le perplessità sull’operazione corrono su due binari. Il primo binario entra nel merito della strategia: l’impressione è che le azioni per far volare il brand Calabria manchino di contenuti forti (perché la Calabria è straordinaria?). Volare non significa che un video diventi virale (un cane che fa la pipì sul cappotto del padrone raccoglie milioni di visualizzazioni) ma che una regione entri nel cuore, nella pancia e nella testa delle persone. Il secondo binario ci porta all’opportunità politica, cioè il valore dell’operazione rispetto alla sensibilità dei calabresi, dato da tenere sempre presente perché i fondi pubblici sono soldi del popolo e la gente ha sempre il diritto di dire la propria.  

 

Il merito. Non è chiaro quale sia il contenuto, quale sia la straordinarietà da veicolare. Se dite che Messi è straordinario tutto il mondo lo comprende, se dite la stessa cosa della Calabria io so che è vero, ma il messaggio non è rivolto ai calabresi. Quelli da convincere conoscono poco o affatto la Calabria e davanti hanno una montagna di cliché e pregiudizi (‘ndrangheta, disservizi, incuria). La Calabria disegnata finora nella comunicazione della Regione è generica e immaginifica. Per dirla alla Crozza, non è che se negli Emirati Arabi ci metti una pista da sci artificiale Abu Dhabi diventa Cortina. La straordinarietà della Calabria è nel suo non essere artificiale, nel suo essere al di sotto dell’ordinario in termini di servizi e infrastrutture eppure speciale nelle sue persone e nelle sue bellezze. È una terra bisognosa di cure, di attenzione. La Calabria è una bellezza fragile, ha la luce dei tramonti e delle albe, non quelli delle luci al neon. La Calabria va ben oltre la visione stereotipata che le danno i calabresi.

Per questo mi chiedo anch’io se il Villaggio di Natale sponsorizzato dalla Regione di fronte alla stazione di Milano, con tanto di pista di pattinaggio e trionfo di colori ed effetti sia il mezzo giusto per veicolare il giusto messaggio. Ammettiamo che ci siano centinaia di migliaia di pattinatori, che il messaggio passi da milioni di utenti, che tutto stia funzionando al meglio. Ma perché pattinando a Milano dovrebbe venire voglia di scendere in Calabria, dove i servizi sono mediamente al di sotto delle altre mete turistiche e i prezzi più alti? Qual è il valore aggiunto che mi fa cambiare idea, che mi fa dubitare che la Calabria non sia tout court assimilabile alla mafia, che se dovessi star male la sanità non sarebbe un disastro, che se avessi bisogno di spostarmi troverei taxi 24 ore su 24? Che le camere degli alberghi sono sempre ben tenute e che il cibo è ovunque ottimo? Occhiuto giustamente ha sottolineato che ora la comunicazione deve riempirsi di contenuti. Lo penso anch’io.

La sensibilità politica. È comprensibile che un calabrese non esperto di marketing si chieda: e perché io non posso pattinare nella mia città con i soldi della mia Regione? Usciamo dalla Calabria e facciamo l’esempio della Fao (organizzazione dell’Onu che si occupa di fame del mondo) che organizza eventi in hotel cinque stelle, ha una struttura faraonica e strapagata di funzionari, organizza cocktail e cene da guida Michelin. È comprensibile che di fronte al lusso festaiolo molti si risentano e gridino allo scandalo, anche se magari con quegli eventi si riescono a raccogliere fondi e mettere insieme progetti utili per i paesi del terzo mondo. Per cui non mi scandalizza il fatto che tanti sindaci si chiedano perché per Milano i soldi ci sono e per i loro Comuni no: sarà banale, ottuso, tutto quello che volete. Ma penso che la politica non possa banalizzare il sentimento popolare, al limite deve fare di tutto per informare e convincere della bontà delle proprie scelte.

Fin qui il confronto di idee e di opinioni: mi si consenta un’appendice, perché questa vicenda ha lasciato in giro sui social e sul web strascichi di basso livello e i nostri sostenitori ci chiedono di spendere qualche parola su questo. Non mi riferisco ovviamente ai politici che fanno le loro scelte, né a chi esprime idee e opinioni, ma ai dietrologi, quelli abituati dalle attuali contingenze a fare l’anticamera nelle retrostanze della politica (loro sì che se ne intendono). Una Calabria ordinaria, purtroppo, anche se per fortuna popolata da pochi e isolati individui. Avvelenano i pozzi e insinuano chissà che (com’è noto il nostro editore commercia pattini da ghiaccio e cappelli di lana con il ciuffo straordinario, e vuole realizzare una pista da sci sulla rocca di Tropea fino a Santa Maria dell’Isola). Purtroppo per loro il fatto che il nostro network abbia dietro un grande gruppo imprenditoriale è fonte di indigestione. A differenza di quelli che in giro fanno la questua e chiedono poltrone, i nostri giornalisti in giro fanno domande, chiedono risposte da pubblicare. Il nostro network è impermeabile alle chiacchiere, perché riconosciuto dall’opinione pubblica calabrese – e ora anche nazionale – per la propria libertà e indipendenza nell’ambito di una linea dichiarata e precisa, come tutte le testate autorevoli. Un network che assume giornalisti mentre gli altri licenziano o, peggio, non hanno mai assunto: certo, non tutti quelli che ce lo chiedono possono trovare spazio da noi e comprendiamo che qualcuno magari si risentirà, ma è comprensibile che una testata non può diventare un’agenzia di collocamento.

Chiederemo in ogni caso alla Regione di finanziare un nuovo brand internazionale per costoro: Calabria rosicona. I pattini li offriamo noi.

 

Giornalista
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