Le guerre continuano e i grandi summit internazionali sembrano essere inutili. E intanto l’Ue andrebbe rifondata partendo dai trattati, come sottolineato da Draghi a Rimini
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Un villaggio completamente distrutto a Gaza
Le guerre continuano con il carico di immani tragedie.
Summit internazionali ai massimi livelli non son serviti nemmeno a sospendere l’ecatombe di innocenti e di giovani generazioni in armi. Ucraina, Gaza sono divenute il simbolo di vicende infami che pensavamo passate.
Le regole,il diritto internazionale, i principi fondamentali alla difesa della vita, a cui si informano gran parte delle Costituzioni moderne e i manifesti alla base degli organismi internazionali, sono echi lontani coperti dal fragore delle bombe e dalla disperazione.
Gli attuali reggitori delle cosiddette Potenze si muovono in un scenario di un giuoco con tanti equivoci e riserve. L’incontro di Anchorage ha riabilitato Putin e le prospettive di pace si sono allontanate.
Non ci sono convincimenti ma convenienze.
A Gaza si continua a morire e non c’è modo di fermare il massacro.
Il terrorismo si è trasformato in un grande fuoco che non si spegne e non c’è la volontà di chi potrebbe, di fermare Israele.
Da più parti si invoca il ruolo dell’Europa.
Ma l’Europa politica non c’è.
Il trattato di Maastricht ha soffocato le speranze di un Europa integrata optando per la scelta economica. Non c’è una Costituzione europea con riferimento a un patrimonio di storie e di valori, un surrogato di Parlamento non ha l’iniziativa legislativa che non esprime e controlla la Commissione che non è governo.
È il consiglio dei capi di Stato e di governo che governa l’Unione, ma è condizionato dal veto di ogni Stato membro.
È il seguito di Maastricht che ha dato vita a un’area economica dove una forte burocrazia di esperti e di tecnici ne è la guida.
L’Europa commerciale si divide fra le simpatie per Putin e Trump con un gruppo di Paesi come i frugali che simpatizza per se stesso.
L’Europa va rifondata rivedendo i trattati. Draghi è stato chiaro su questo punto. Lo ha fatto a Rimini, un evento ricco di clamore ma povero di idealità con valori ostentati per l’occasione.
Draghi è bravissimo e aveva tutti gli elementi per parlare e avviare una rivoluzione quando era presidente del Consiglio.
I nostri sono in pista perché sono simpatici.
Siamo alla vigilia di un appuntamento elettorale importante quale quello di alcune regioni. Non c’è dibattito solo scontri personali per la supremazia. Una povertà culturale che sconvolge.
Veniamo da una grande storia e nutriamo speranza.
Dopo aver toccato il fondo ci sarà la ripresa del cammino verso orizzonti nel segno di ideali antichi ma veri e sempre attuali per troppo tempo occultati.