C’è chi ama il teatro, chi si perde tra libri e conferenze, chi non si perde un podcast sul mistero dell’universo o sul significato dell’amore. Tutti, in un modo o nell’altro, siamo un po’ curiosi. Ma questo fa di noi dei filosofi? Platone, più di duemila anni fa, avrebbe detto: “Aspetta un attimo, non è così semplice”.

Nel dialogo della Repubblica, Platone – attraverso il personaggio di Socrate – cerca di spiegare chi sia davvero un filosofo. E lo fa con un’immagine che ancora oggi funziona: il filosofo è come un affamato. Ma non uno qualunque. È uno che ha fame di verità, e non si accontenta di un assaggino o di uno stuzzichino culturale.

Certo, ci sono quelli che si tuffano in ogni libro, ogni spettacolo, ogni disciplina, come fossero buffet del sapere. E poi ci sono quelli che inseguono ogni novità, ogni chiacchiera di tendenza, ogni nuova teoria. Ma, dice Platone, questi non sono filosofi: sono solo simili ai filosofi, come un buongustaio che però mangia senza capire cosa ha davvero nel piatto.

Il filosofo autentico è diverso: non cerca solo cose da sapere, cerca il perché delle cose. Vuole andare oltre le apparenze, vuole capire cosa c’è davvero dietro parole come giustizia, bellezza, amore, libertà. E questa ricerca non finisce mai. Non si tratta di sapere tutto, ma di non smettere mai di voler sapere.

Platone dice che il filosofo è “amante della verità” e non delle sue imitazioni. Proprio come non ci si può dire innamorati se si cambia partner ogni settimana, non si può essere filosofi se si salta da un argomento all’altro senza mai fermarsi a pensare davvero.

E allora oggi, in un’epoca di informazioni lampo, tutorial da un minuto, risposte preconfezionate e scroll compulsivi, la figura del filosofo può sembrare fuori moda. Ma forse è più attuale che mai. Perché mentre tutto ci spinge a sapere “un po’ di tutto”, il filosofo ci ricorda che vale ancora la pena capire qualcosa davvero.

Non serve una toga, né parlare in greco antico. Basta avere ancora fame. Di verità, non di contenuti. E magari spegnere lo smartphone ogni tanto, per ascoltare una domanda che ci mette in discussione. Come faceva quel vecchio Socrate per le vie di Atene. O come potremmo fare noi, anche solo davanti a un caffè.