L’edizione 2025 del Meeting di Rimini si conclude con il solito calore dei partecipanti, giovani e non. Gli applausi sono stati copiosi, come sempre. L’attenzione dei commentatori e dei giornalisti si è rivolta alla intensità e lunghezza degli applausi e non ai contenuti degli interventi. Si possono esprimere tesi interessantissime ma se il relatore che li declina non è un big non riscalda i cuori e l’intensità degli applausi è quella standard. Le standing ovation sono state preventive come è accaduto alla Meloni acclamata al solo annuncio dell’intervento.

Quanto detto dalla presidente del consiglio non ha avuto rilevanza rispetto ad alcuni passaggi ad effetto sottolineati dal popolo del Meeting ai blocchi di partenza pronto a scattare con gli applausi. È sempre accaduto ma per qualche commentatore, in odore di ortodossia meloniana, l’accoglienza alla Meloni è stata per intensità maggiore di quella a suo tempo riservata al Papa San Giovanni Paolo II. Il conformismo spegne la luce della prudenza e della ragione. San Giovanni Paolo ll non c’è più….ma la vita continua.

Buona accoglienza l’ha avuto l’intervento di Draghi, interessante per le analisi sulla decadenza dell’Europa ma tardivo per un ex presidente del consiglio. Gli altri tutti inappuntabili: ministri e non. Ma commuove il popolo giovane del Meeting che partecipa in un clima di esaltazione fra volontariato e ardore religioso, che si attenua difronte la presenza dei “reggitori “dello Stato. Coloro che non hanno gradi ma sono portatori di esigenze reali non hanno cittadinanza. La scena è tutta per i titolati condivisi “a prescindere”. Non si era registrato mai un fenomeno così diffuso di intellettuali attenti a non infastidire i detentori del bastone del comando.

La Meloni è una persona coerente con il suo passato che si adatta al ruolo che svolge, senza negarlo. Ha fatto un elenco di tante cose da fare senza indicarne le risorse. L’Italia è il paese degli squilibri più cocenti, una rarefazione dei diritti, un pulviscolo di centri decisionali al di fuori dal controllo democratico. È possibile che nessuno a Rimini abbia avuto un sussulto, una reazione quando la presidente del consiglio ha ripreso a parlare dei disegni del premierato e dell’autonomia differenziata. Due progetti inaccettabili di chi ha amore della Libertà.

La Meloni, del resto, ha già di fatto realizzato il premierato: è in atto la concentrazione di potere nell’esecutivo con Parlamento esangue. La storia dei cattolici in politica si informa alla centralità dell’Uomo lungo un percorso di tutela della giustizia e dei diritti inalienabili. La riforma della giustizia presentata come uno strumento che garantisce l’indipendenza della magistratura ritengo peggiorerà la situazione. I due consigli superiori per i giudicanti e gli inquirenti, rafforzeranno le caste e il coagulo degli interessi settoriali. L’applauso ha espresso condivisione: un salvacondotto per un governo non si segnala per univocità.

Rimini ha l’ambizione di aprire la ripresa della stagione politica. Ma la politica non c’è. Rimane di quella assise solo il clamore degli applausi che seppelliscono idee e riferimenti religiosi. Per don Giussani solo richiami formali. Non c’è stato nessuno che abbia auspicato che i cristiani democratici ritrovino l’unità in politica. Aleggia il pensiero del cardinale Ruini che fu per la diaspora e contro ogni disegno di convergenza. Un appuntamento mancato, non inutile ovviamente per i tanti interessi che non coincidono con quelli dello spirito. Non disperiamo e continuiamo a costruire. Ci sarà un momento delle scelte. I cattolici, riformisti e liberali dovranno ritrovarsi per indicare percorsi di giustizia e dì saggezza!