L’impronta politica e culturale di Berlusconi effetto di una sinistra che ha abdicato a se stessa

Nei vari necrologi giornalistici viene esaltata la “trasformazione della politica italiana” che il Cav avrebbe determinato. Vero. Ma il "merito" è tutto suo?

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di Carlo Crippa
17 giugno 2023
20:10
Silvio Berlusconi
Silvio Berlusconi

Lasciamo a persone più esperte e più competenti di noi il compito di stabilire che grande uomo sia stato Silvio Berlusconi in vita e se meriti o meno i funerali di stato, il lutto nazionale e magari, perché no, la santificazione. Lasciamo a persone più esperte e più competenti di noi l’“ardua sentenza” se “fu vera gloria” e soprattutto la misera fatica di usare scampoli delle sue probabili buone qualità umane per giustificare quello che del suo percorso politico ed imprenditoriale è difficile, se non proprio impossibile, giustificare.

C’è invece un aspetto, ricorrente con insistenza nei vari necrologi giornalistici, sul quale è forse utile soffermarsi, quello della “trasformazione della politica italiana” che egli avrebbe operato. Intanto, come prima cosa, diciamo che questa “trasformazione” è stata in peggio.


Grazie a lui l’ammiccare continuo del maschilismo fascista, la concezione puramente “ornamentale” della donna, il minimizzare i crimini del fascismo, l’autocompiacimento dell’ignoranza intesa come spirito “naive” e semplicità d’animo, l’ossessione anti-comunista fuori tempo massimo, il relativismo morale per cui, in definitiva, qualsiasi porcata, siccome la fanno tutti, è lecita, il finto familismo, il parlare sempre alla pancia del paese, l’allarmismo securitario, la politica come sondaggio di opinione, il proibizionismo, il populismo all’ingrosso ed il vizio, tutto italiano, di considerare il fare i furbetti come una forma di intelligenza sono diventati, purtroppo, senso comune in Italia, per cui non è lontano dalla realtà dire, parafrasando Gobetti, che Berlusconi è l’autobiografia della nazione, come Benito Mussolini, Giulio Andreotti e Bettino Craxi prima di lui.

Certo, bisogna aggiungere che il pioniere di questa magnifica “rivoluzione politica” non fu lui ma Bettino Craxi, all’ombra del quale, del resto, storicamente spiccò il volo come imprenditore. Ma questo non è fondamentale.

Occorre invece chiedersi perché questa cultura di nuova destra si sia affermata solo con lui e la risposta non va ricercata troppo nella “travolgente” iniziativa di Berlusconi, quanto nelle omissioni sempre più “regolari” di quella che un tempo fu la sinistra italiana. Tra la caduta di Craxi e l’ascesa di Berlusconi c’è infatti la Bolognina e l’inizio della resa culturale della sinistra al “senso dei tempi” incarnato dai due.

Certo, molte delle cattive qualità della destra berlusconiana c’erano già nel regime “CAF” di Craxi ma anche nell’antico regime democristiano precedente a Craxi, senza dubbio, ma è stato quando la sinistra ha smesso di fare argine a tutti i livelli nel mantenere un orizzonte democratico almeno decente che la nuova destra, ufficialmente “post-ideologica”, ha vinto a tutti livelli ed un borghese piccolo piccolo come Berlusconi è diventato il “gigante” di cui si affabula oggi.

Per anni la ex sinistra, anch’essa ostentatamente “post-ideologica”, ha attaccato Berlusconi in maniera sconsiderata e puramente moralista, cercando di trasformarlo nella causa di tutti i mali della democrazia, con il risultato di offrirgli una centralità politica ed una visibilità mediatica senza precedenti nella storia italiana. La pura e semplice verità è che Berlusconi non fu la causa di tutti i mali italiani, ne fu l’effetto.

Per anni dunque la ex sinistra ha coperto la sua insipienza e la sua assenza di proposta politica con il cosiddetto “pericolo” rappresentato da Berlusconi appunto. Per questa cosiddetta “sinistra” Berlusconi, se non ci fosse stato, si sarebbe dovuto inventare. I risultati di questo “post-ideologismo” di sinistra sono davanti agli occhi di tutti. A furia di demonizzare Berlusconi, per giunta senza alcuna linea politica alternativa nella sostanza e non solo nella forma, ci ritroviamo oggi con un governo in cui l’iniziativa è nelle mani della destra “pre-berlusconiana”, decisamente peggiore, quella di diretta derivazione “missina” e fascista.

Berlusconi a suo tempo sul 25 Aprile rivendicò il suo anticomunismo, precisando tuttavia che esso non poteva essere messo sullo stesso piano dell’antifascismo, che è alla base della Repubblica e della democrazia. Che cosa si può obiettare a questo? Ignazio La Russa invece, due mesi fa, ha trasformato i nazisti di Via Rasella in musicanti ed ha disertato le manifestazioni ufficiali del 25 Aprile…che dire di questo?

Ebbene sì, una cosa la possiamo dire. Silvio Berlusconi rispetto ad Ignazio La Russa fa certamente la figura del gigante. Ma vedete che paragoni siamo ormai costretti a fare? 

di Carlo Crippa
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