La protesta anti casta non basta: civismo vincente se c’è un’idea di Calabria

I vecchi partiti versano in uno stato comatoso dal quale è difficile uscire. Ma l’alternativa per essere davvero efficace deve avere una solida visione programmatica

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di Giuseppe Alonge
30 novembre 2020
13:20

Come tutti sappiamo, la prossima tornata elettorale regionale calabrese sarà una “tornata di emergenza”, in conseguenza della prematura scomparsa della presidente Santelli e, questo avrà delle inevitabili implicazioni sotto forma di vantaggi e svantaggi in termini politico-elettorali. Proviamo a snocciolarne alcuni tra gli aspetti più evidenti, rispetto a qualsivoglia potenziale alterazione-stravolgimento nel panorama politico regionale complessivo.

 


I vecchi partiti politici, ormai da tempo in evidente affanno, vivono uno stato comatoso dal quale è difficile uscire visto che, non considerano la variabile organizzativa interna dei loro meccanismi funzionali, volano di un probabile cambiamento sostanziale, forse perché sono ancora tarati sulle vecchie dinamiche nel procacciarsi il consenso in modo clientelare e, non vogliono rischiare di perdere anche quel poco che gli resta. Tuttavia, va ricordato che non funziona più così da anni ormai e, se si volge lo sguardo oltre confine, si può assistere ad una trasformazione profonda nell’organizzazione politica, in scenari geopolitici sempre più mutevoli e complessi.

 

Resta però il fatto che pur volendo accelerare i processi, organizzazioni pesanti (come i vecchi partiti politici) e non sempre pensanti, stentano a modificare meccanismi selettivi ed organizzativi, anche per non smuovere equilibri interni precari già di loro, viepiù crescenti ed esasperati sui territori. In questo scenario, il centro sinistra e la sua forza più rappresentativa, il PD, sembra avere maggiori difficoltà e prova di volta in volta (magari questa volta assieme alle altre forze di governo), con esiti per nulla vincenti, ad imporre dall’alto e non proporre dal basso, un nome altisonante anche spesso autorevole e degno di stima, fatto passare come leader unificatore e di presunto cambiamento (ma di fatto affidandosi sempre e comunque ai vecchi colonnelli di partito), pensando di iniettare quella giusta carica rinnovatrice capace di mobilitare le masse anche al di fuori della sua - sempre più ristretta - platea di elettori. Tutto ciò, non è strategicamente efficace, non solo perché sono processi lunghi da metabolizzare, ma un finto leader non aggrega, non compatta, nasconde debolezze che alla prima soffiata di vento, tornano e si palesano in tutta la loro evidenza e dirompenza, non solo in termini elettorali.

 

n questo scenario, la destra intesa come coalizione multicefala e multiforme, appare più brava perché riesce a tener assieme più anime, seppur saldando il “patto federativo” sulla forza elettorale delle vecchie famiglie politiche locali, agli occhi dei più meno litigiose e più pragmatiche, riuscendosi a dare finanche degli obiettivi, seppur sotto un “contratto” di carattere meramente spartitorio.

 

Non so se potrà bastare ma di certo, partono da una ben strutturata base elettorale. Per il resto, ad oggi, non si muove nulla di nuovo. Nonostante ciò, pur apparendo molto difficile uno smottamento elettorale in un contesto cristallizzato ed a così poco tempo di distanza dalle precedenti elezioni (ricordo che, si era andati al voto soltanto lo scorso gennaio 2020), qualcosa potrà accadere, potrebbe esserci uno smottamento vero e proprio (forse per la  prima volta nella storia del regionalismo calabrese), per un semplice motivo: i cittadini elettori, oltre alla disaffezione hanno accumulato rabbia ed esasperazione per via della crisi pandemica che ha svelato non solo i vari drammi sociali sempre meno nascosti di una terra già sofferente ma, ha letteralmente svuotato il già fragile e martoriato sistema sanitario pubblico calabrese.

 

E questo, il fatto cioè di ritrovarsi senza neanche il diritto fondamentale alla salute in tempi di pandemia, mette paura e non poca, tale da creare un effetto rabbia-protesta che potrebbe, non solo accrescere la partecipazione elettorale ma, tramutarsi in voto verso nuove forze organizzate che potrebbero ancora emergere e, non più verso i soliti noti e i classici partiti. Dico potrebbe perché non è detto che tutti i cittadini aventi diritto, si recheranno alle urne (è sempre una spada di Damocle la bassa affluenza alle urne), soprattutto se, della finestra elettorale prevista dal Governo (tra il 10 febbraio e il 15 aprile 2021), si opterà per le elezioni già a febbraio 2021 (per le forze politiche classiche, in questa fattispecie soprattutto per quelle di destra, prima si vota, meglio le minoranze organizzate sui territori gestiscono il consenso a loro disposizione comprimendo non di poco, il possibile voto di rabbia e/o di opinione verso nuove forze in campo e, anche l’aspetto meteorologico - almeno nei piccoli paesi - potrebbe influenzare non di poco, la partecipazione al voto). Tuttavia, va doverosamente precisato che, non è per forza civismo vincente tutto ciò che si presenta al di fuori degli schemi partitici tradizionali. Il civismo che ambisce ad amministrare una regione, ha bisogno di un ampio processo di elaborazione, sintesi e metabolizzazione che richiede del tempo e non solo uno sforzo sinergico.

 

Schemi frettolosi e nomi privi di autorevolezza (anche sociale) ampiamente riconosciuta e, immediata empatia tra la società civile, difficilmente potranno aggregarsi in un progetto vincente ma, piuttosto potrebbero sortire l’effetto opposto e cioè disperdere consenso a tutto vantaggio della destra e quindi indebolendo ulteriormente il centro sinistra. Riconosco però che, un nome autenticamente civico per la guida della Regione (che potrebbe essere una vera spina nel fianco e far saltare gli schemi politici preconfezionati), tra l’altro già emerso durante le scorse elezioni regionali, è quello del geologo, già capo della protezione civile regionale Carlo Tansi che, forte di un consenso personale conquistato col suo Movimento civico, in crescita potenziale (ricordo che per una manciata di voti non entrò in consiglio regionale già durante la scorsa legislatura), quindi con un evidente potere contrattuale, ci potrebbe riprovare a patto che, assieme ad una comunicazione politica ben calibrata, incentrata sul “noi”, costruisca altresì una visione programmatica progettuale a breve, medio e lungo periodo visto che: se nell’immediato, la battaglia anti-casta e antisistema (sacrosanta e per nulla retorica) sembra pagare, solo un vero programma elettorale, potrebbe dare la reale possibilità di amministrare. In attesa di capire cosa si riuscirà a costruire, viene lecito porsi una domanda conclusiva: sarà questa la vera occasione per una tanto auspicata autodeterminazione? Ai calabresi “l’ardua” decisione…

di Giuseppe Alonge
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