In Calabria presto potrà svanire tutto ciò che ci ha sempre contraddistinto: celebrazioni religiose, feste di paese, sagre. Tutto ciò in nome di un progresso che non ha solide fondamenta
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Ogni volta che scrivo qualche elogio alla Calabria, ricevo sempre i soliti commenti noiosi e scontati.. la sanità, le strade, l’ndrangheta.
Allora voglio esprimere un pensiero: tra un po’ di anni, tutto quello che amiamo di questo luogo, non esisterà più. Svanirà, in un attimo, in nome di un’ideologia che avanza senza pietà
Spariranno le celebrazioni religiose: la Varia di Palmi, il pellegrinaggio alla Madonna di Polsi, la Madonna a mare, la “Cunfrunta” che ancora oggi commuove anche chi dice di non credere più a niente.
Spariranno le sagre del peperoncino, delle castagne, dello stocco, della melanzana..
Spariranno le tarantelle nelle piazze d’estate, la raccolta delle olive, le conserve fatte in famiglia, il vino nuovo che fermenta in catoio, l’acqua presa liberamente e gratuitamente alle fonti di montagna. Spariranno le piccole feste di paese, i cantanti in dialetto, le storie che passavano di bocca in bocca.
Al loro posto? Strade nuove che non portano da nessuna parte.
Centri commerciali tutti uguali, senza anima. Ospedali moderni che non curano l’isolamento, la solitudine, l’aria che respiriamo.
Sorgeranno sempre più studi medici, perché una vita artificiale crea più malati, così come un territorio senza identità crea cittadini più deboli, più fragili e più manipolabili.
Ci diranno che è “progresso”, innovazione, coerenza coi tempi che viviamo. Ma verso cosa? Un mondo senza comunità, senza natura, senza radici?
La Calabria ha il difetto di essere se stessa: viva, rurale, maledettamente imperfetta, vera. E allora forse è il momento di scegliere da che parte stare: da chi vuole salvare la nostra anima… o da chi la vuole asfaltare.

