Quirinale, certezze e ipotesi: non si andrà a votare e solo un altro Draghi può lasciare l’originale a Palazzo Chigi

Il presidente del Consiglio in carica farà di tutto per non mancare l’occasione di andare al Colle. Potrebbe desistere soltanto dinnanzi a un nome che abbia la sua stessa caratura

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di Giuseppe Alonge
24 gennaio 2022
10:53

Esauritosi le coup du théâtre di Berlusconi, provo a delineare qualche ipotetico scenario, in vista del voto per eleggere il tredicesimo Presidente della Repubblica. Che Draghi voglia salire al Quirinale è evidente sin dal primo giorno in cui ha accettato di mettere il suo prestigio, la sua esperienza, a disposizione del Paese nel ruolo di Presidente del Consiglio, così da placare la litigiosità dei partiti ed affrontare con solida competenza enormi emergenze di ogni tipo.

Legittima la sua ambizione ma, piuttosto inopportuna in questa delicata fase storica (sarebbe molto meglio che rimanesse a Palazzo Chigi pur se per poco tempo ed in un anno di riposizionamenti politici e campagna elettorale). Tuttavia, considerato il fatto che nessuno gli assicurerebbe un “posticipo” della sua salita al Colle (esclusa categoricamente la ricandidatura anche “a tempo” di Mattarella, pur con un Gianni Letta a tempo, politicamente - anche se non costituzionalmente - praticabile e già oggetto di discussione tra i partiti, non darebbe comunque garanzie a Draghi, anzi lo depotenzierebbe), farà di tutto per andarci adesso. Il suo momento è adesso e, farà in modo di sfruttarlo fino in fondo (a costo di dire ai partiti: arrangiatevi, non farò più il Presidente del Consiglio a meno che per il Colle non sceglierete una personalità di alta caratura morale, verso il quale non potrebbe eccepire alcunché).


Il problema poi si porrebbe per la creazione di un nuovo governo (sarebbe il quarto in quattro anni di legislatura) fino a scadenza della legislatura che, difficilmente potrebbe nascere senza non poche difficoltà di tenuta e di equilibri, pur con un autorevole altro tecnico a guidarlo e tutti i leader politici (o loro esponenti di strettissima fiducia) dentro, nei dicasteri chiave. Naturalmente, ai partiti e ai leader politici comunque converrebbe perder tempo in liturgie (immaginatevi nuove consultazioni, nuovi giuramenti in piena pandemia, formazioni di governo, di ministeri che richiedono tempi che non possiamo permetterci in questa fase, pur mantenendo quasi tutti gli stessi ministri politici nei loro stessi dicasteri, il valzer spartitorio dei sottosegretari, ecc…) e prender tempo per prepararsi al meglio per la prossima sfida elettorale (anche senza una nuova seppur fondamentale legge elettorale), oltre che mantenere poltrone che saranno dimezzate già dalla prossima legislatura per via della riforma costituzionale sul taglio dei parlamentari, agli italiani no. Un governo in cui tutti i leader scelgono un ministero per sé conviene più a loro che al Paese, perché sarebbero solo vetrine pro-campagna elettorale e non ministeri che gestirebbero un’emergenza senza precedenti come qualcuno vorrebbe far credere.

Viceversa, sarebbe auspicabile un sussulto di dignità dell’intera classe politica-partitica che fosse in grado di dimostrarsi - una volta per tutte - all’altezza delle sfide di questi tempi e, magari eleggere già nelle prime tre votazioni (dove ricordiamo, è necessaria la maggioranza dei due terzi dell’assemblea, rispetto alla maggioranza assoluta, richiesta dal quarto scrutinio in poi), una personalità esterna all’agone politico, moralmente degna, autorevole e prestigiosa come Draghi ma che non sia Draghi, il quale resterebbe appunto a Palazzo Chigi a completare la gestione di questa delicata fase emergenziale. Ce ne sono tante di personalità eccellenti anche non ultra ottantenni naturalmente. Quest’ultima, l’ipotesi migliore per il Paese, sarebbe un segno di maturità della classe politica (e per di più non creerebbe ulteriore instabilità governativa), in un periodo di estrema difficoltà ma, è altresì l’ipotesi più utopica.

Al di là di come finirà questa non definita ma importantissima partita per il Paese, due appaiono le certezze:

1) la non rielezione di Mattarella (anche se una sua prorogatio, cosa diversa da una rielezione, a causa dell’emergenza pandemica, è un’ipotesi non del tutto peregrina anche se improbabile).

2) Il non scioglimento anticipato delle Camere e questo perché molti parlamentari perderebbero le poltrone sulle quali non siederanno mai più visto che dalla prossima legislatura, vi sarà - come già scritto - il dimezzamento dei parlamentari e, per molti 5 stelle, giusto per fare un esempio non casuale, finirà la “sbornia parlamentare” con annesso biglietto di lotteria vincente. Basta avere un po’ di pazienza (ne abbiamo avuta fin troppa in questi 2 anni burrascosi e, potrebbe volercene dell’altra) e capiremo che succederà al sempre bello ma piuttosto malandato Amato Paese…

di Giuseppe Alonge
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