All'indomani della visita al Porto del ministro Urso e di Occhiuto in cui è emersa la volontà di realizzare il polo nazionale del Dri con il rigassificatore, l'opposizione annuncia la costituzione di un comitato civico per battersi con ogni mezzo: «È un incubo che ritorna. Ennesimo disastro annunciato»
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«A Gioia Tauro il gas degli altri? No. Grazie. Il polo siderurgico mascherato da green economy è una trappola. Noi non ci stiamo».
È quanto dichiarano in modo congiunto i consiglieri di opposizione gioiesi Domenica Raso, Salvatore La Rosa, Luigia Pedullà e Rosario Schiavone, all’indomani della visita al Porto di Gioia Tauro del ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso insieme al dimissionario governatore della regione Calabria Roberto Occhiuto. Dall’incontro è emersa la volontà di realizzare nel sito il polo nazionale del Dri, nel caso in cui a Taranto non ci fossero le condizioni. E il rigassificatore è stato proposto come opera strategica. Ma i consiglieri di minoranza hanno una prospettiva diversa.
«Nel giorno in cui il porto di Gioia Tauro si è trasformato in palcoscenico per l’ennesima passerella ministeriale, la nostra città ha ricevuto, sotto forma di visita istituzionale, un insulto camuffato da opportunità – affermano in un comunicato i consiglieri -. Adolfo Urso, Ministro della Repubblica, accompagnato dal (fu) Governatore Roberto Occhiuto, dal neo Commissario Piacenza e dai sindaci Scarcella e Gaetano, è giunto tra noi con fare solenne e sorriso rassicurante. Ma dietro la cortina di fumo e le promesse di progresso, si cela una manovra subdola e inaccettabile: l’ennesimo tentativo di trasformare Gioia Tauro nella discarica energetica d’Italia. Lo diciamo senza esitazione, con la forza della verità e la rabbia di chi ama davvero questa terra. L’idea di realizzare un polo siderurgico “green” solo di nome, è un incubo che ritorna, dopo più di trentacinque anni. Oggi le testate giornalistiche parlano di EX ILVA di Taranto e di Gioia Tauro, quale città ideale ad accogliere un ennesimo disastro annunciato. Le acciaierie ILVA d’Italia S.P.A. hanno causato un disastro ambientale di enorme portata tanto da costringere i cittadini di Taranto a rivolgersi alla Corte Europea, che ha accolto i ricorsi nel 2013 e nel 2015, per denunciare la violazione del diritto alla salute e alla vita».
I consiglieri aggiungono: «Per non parlare del rigassificatore già rifiutato da mezza Italia. Sì, perché quello che non vogliono Piombino, Genova, Taranto, si pensa di poterlo scaricare a Gioia Tauro, come se qui ci fossero cittadini di serie B. Come se bastasse cambiare etichetta a un vecchio disastro industriale per renderlo accettabile. Come se un territorio che soffre già la presenza di un mega-porto, di un depuratore consortile e di un termovalorizzatore dovesse accogliere, senza fiatare, anche il gas degli altri. E invece noi fiatiamo. E urliamo. E ci opporremo con ogni mezzo legittimo e democratico. Non ci piegheremo. Non ci svenderemo. Non scambieremo la salute dei nostri figli con la carriera di qualche amministratore compiacente».
I consiglieri ribadiscono che: «Gioia Tauro non è la succursale industriale delle lobby energetiche. Non è il ripostiglio delle scorie della transizione ecologica altrui. Non è il luogo dove si può delocalizzare il fallimento di altri modelli. Questa terra non ha mai avuto vocazione industriale. È vocata al mare, all’agricoltura, al turismo. È vocata alla bellezza. È vocata alla vita. Non c’è “green” che tenga se si fonda su combustibili fossili, su gasiere gigantesche, su infrastrutture imposte senza ascolto, senza trasparenza, senza consenso».
I consiglieri annunciano l’imminente costituzione di un comitato civico: «Apriremo un fronte di resistenza democratica. Coinvolgeremo comuni, scuole, associazioni, cittadini. Allargheremo il dibattito all’intera Piana. Perché le conseguenze non saranno locali, ma regionali, generazionali, irreversibili. Intraprenderemo questa battaglia contro i poteri forti, contro le logiche romane, contro l’ambizione cieca di chi ci rappresenta. Non saremo complici, lo dobbiamo ai nostri figli e alle generazioni future. Noi non ereditiamo la Terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli. Così diceva un popolo fiero. Così diciamo anche noi. E chi oggi appoggia questo scempio, sta distruggendo ciò che i propri figli gli avevano affidato. Noi ci batteremo. Con la parola, con la mobilitazione, con la verità. Gioia Tauro non è sola. Gioia Tauro non è in vendita».