Zingaretti contro le gestione feudale del Pd sui territori: Oliverio sempre più in bilico

Assemblea nazionale all'Ergife. Il segretario nazionale vuole cambiare tutto entro l'autunno con l'assenso della gran parte dei big, compreso Orfini che vuole «stralciare e riscrivere lo statuto». Assente il presidente della giunta calabrese che proprio allo statuto si è più volte richiamato per provare a blindare la propria ricandidatura

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di Riccardo Tripepi
13 luglio 2019
17:50
Zingaretti e Oliverio
Zingaretti e Oliverio

«Serve una rivoluzione». Più esplicito di così non poteva essere il segretario nazionale del Pd Nicola Zingaretti all’Assemblea nazionale del partito che si è svolta all’Hotel Ergife di Roma.

«Dobbiamo cambiare tutto o non ce la facciamo a svolgere il nostro ruolo – ha detto il segretario - Non si può andare avanti con un partito che è un arcipelago di luoghi in cui si esercita in modo disordinato la sovranità. Il regime correntizio appesantisce e soffoca tutto. Ci sono realtà  territoriali feudalizzate, che si collocano con un leader o con un altro a prescindere dalle idee, solo per convenienza».


 

A questo passaggio devono essere fischiate le orecchie ai rappresentanti calabresi presenti, ma anche a quelli assenti. E tra questi al presidente della giunta regionale Mario Oliverio che non si è fatto vedere nella Capitale, insieme a molti altri big che hanno disertato l’appuntamento. A Roma, ad esempio, non si sono visti neanche il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, il presidente del Consiglio regionale Nicola Irto e il senatore, neo sindaco di Diamante, Ernesto Magorno.

A fare le veci del presidente della giunta il capogruppo del Pd a palazzo Campanella Sebi Romeo insieme alla parlamentare Enza Bruno Bossio.

 

Inevitabile pensare che i passaggi del discorso pronunciato da Zingaretti si rivolgano anche alla Calabria. Del resto la parola “rinnovamento” è stata la più gettonata negli ultimi discorsi calabresi sia del governatore del Lazio che del suo vice Andrea Orlando.

 

Separazione delle cariche di segretario e candidato premier, consultazione online sul programma, apertura ai non iscritti, i tre pilastri su cui impiantare la futura riforma dello Statuto del Pd. Una riforma fondamentale perché secondo molti lo Statuto originario del Pd, che risale al 2007, ha avuto come conseguenza la marginalizzazione degli iscritti. L'obiettivo, dunque, è rimettere al centro il "popolo" dem, tornando ad essere un partito solido, radicato nel territorio, in una parola una comunità. Anche Matteo Orfini è stato chiaro sul tema: «Occorre stracciare e riscrivere lo statuto».

 

Pure da questo punto di vista non arrivano messaggi incoraggianti in Calabria dove proprio per partire dalla ricandidatura del presidente uscente, l’area vicina ad Oliverio si richiama allo statuto del Pd.

 

L’aria che arriva da Roma, invece, fa intravedere una situazione nuova in cui le decisioni potrebbero essere assunte in maniera radicalmente diversa rispetto al passato. E se “rivoluzione” dovrà essere, insomma, a rischiare sarebbero proprio i simboli del passato e dell’antica gestione del partito a livello territoriale. La ricandidatura di Mario Oliverio, insomma, pare essere messa sempre più in discussione. Al mutato scenario nazionale, infatti, va aggiunto il lavoro di logorio ai fianchi che da tempo viene posto in essere dagli oppositori del presidente della giunta. E la richiesta di un “candidato di superamento” proprio per rinnovare il partito, formulata da Ernesto Magorno in un’intervista rilasciata a Lacnews24, sembra in qualche modo indicare una strada che potrebbe accontentare l’opposizione calabrese alla gestione Oliverio e la strategia di Zingaretti che vuole rivoluzionare gli attuali assetti.

Giornalista
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