Il sogno del 4-1 alle regionali rischia di trasformarsi in un incubo per Elly Schlein. De Luca fa saltare il banco in Campania, Emiliano detta legge in Puglia, Giani resiste in Toscana, Ricci traballa nelle Marche. E la segretaria? Annaspa, silenziosa
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Succede che, quando pensi di avere un piano, la realtà ti passa sopra come un camion in discesa. Elly Schlein lo sa. Lo sapeva anche quando, chiusa la parentesi elettorale europea, qualcuno nel partito le ha sussurrato: “Adesso vinciamo quattro regionali su cinque. E a Giorgia la diamo noi, la spallata”. Quattro a uno. Facile. Al massimo, si perde la Valle d’Aosta, che tanto è un’altra galassia.
Peccato che la realtà, appunto, sia quella delle correnti, dei capibastone, degli ex che non mollano, dei Cinquestelle che nicchiano, e dei presidenti uscenti che hanno messo radici profonde come querce secolari.
La Campania, per dire. Dove il governatore Vincenzo De Luca, detto lo Sceriffo, ha deciso che non solo non si fa da parte, ma che deve pure dettare lui la linea. In una diretta social dal sapore alcolico (non nel bicchiere, ma nei toni), ha stroncato tutto e tutti. Ha sparato a palle incatenate sulla segretaria: “Il Pd vive di doppiezza. La moralità vale solo a seconda degli interlocutori”. E ancora: “Qual è la regione dove i Cinquestelle non hanno fatto nulla in dieci anni? La Campania. E a chi la offriamo? Ai Cinquestelle!”. Bum.
Ce l’ha con Roberto Fico, ex presidente della Camera, nome in pole per il “campo largo” alla napoletana. Un’ipotesi che a De Luca manda il sangue al cervello. Il sospetto diffuso è che lo Sceriffo non voglia davvero candidarsi per il terzo mandato, ma solo alzare il prezzo. Intanto destabilizza, mena fendenti, costringe il Nazareno a inseguire. Nelle chat dem di Napoli si prova a minimizzare: “Fa solo cinema”. Ma lo spettacolo, intanto, è a pagamento per tutti.
E non è finita. Perché se in Campania si combatte a viso aperto, in Puglia si fa la guerra per interposta persona. Il candidato forte per il centrosinistra sarebbe Antonio Decaro, sindaco uscente di Bari e fresco europarlamentare da 20mila euro al mese. Ma lui nicchia. Dice che all’Europarlamento ci sta benissimo, che si occupa di cose importanti, che deve pensarci. Tradotto: il clima fa schifo.
Anche perché Michele Emiliano, che tutti davano in pensione anticipata, ha già deciso che alle elezioni ci sarà. Non da protagonista, no: si candiderà in consiglio regionale e ambisce a diventare presidente dell’aula. Ovvero, il dominus ombra del nuovo governatore. Che poi sarebbe sempre lui. Ma con una poltrona diversa. La mossa ha spiazzato tutti. E ha fatto emergere un altro dettaglio: in aula tornerà anche Nichi Vendola, l’ex governatore, spinto da Avs per fare da traino alla sinistra radicale. La Regione Puglia, più che un’assemblea, rischia di diventare un museo vivente del centrosinistra del passato.
Decaro soffre. Il suo profilo, istituzionale e composto, mal si sposa con l’hyperattivismo trasformista di Emiliano. E soprattutto con la sensazione – diffusa – di essere una pedina in uno scacchiere affollato di regine, torri e cavalli.
Un altro buco nero per Schlein. Che in pubblico tace, in privato sbuffa. E aspetta il momento giusto per far scendere in campo il suo peso. Sempre che ce l’abbia ancora.
Intanto, in Toscana il caso Giani è ancora aperto. Eugenio Giani, presidente uscente, vorrebbe ricandidarsi. Ha esperienza, consenso e una rete consolidata. Il problema? È un riformista. Quindi indigesto al M5S e ad Avs. E quindi anche alla segretaria, che aveva accarezzato l’idea di sostituirlo con uno dei suoi: Emiliano Fossi, oppure Marco Furfaro. Entrambi giovani, freschi, allineati con la nuova linea. Peccato che l’ipotesi abbia fatto infuriare la minoranza dem. “Giani è al primo mandato. Cambiarlo è forzare le regole”.
E infatti lui non molla. Parla, lavora, si muove. Forte anche del fatto che l’alternativa… non c’è. Schlein è incastrata tra la fedeltà alla sua corrente e il rischio di perdere una Regione dove il Pd, da sempre, è maggioranza naturale. Inutile dire che il M5S, da quelle parti, vale meno di niente.
E poi ci sono le Marche, dove l’ex sindaco di Pesaro Matteo Ricci, anche lui appena eletto a Bruxelles, vorrebbe mollare l’incarico europeo per candidarsi alla guida della Regione. Apriti cielo. De Luca lo ha stroncato con una frase al vetriolo: “Ma chi gliel’ha ordinato il medico? È corretto lasciare un seggio dopo un anno?”. Il sottotesto è chiaro: qui c’è gente che si fa eleggere in Europa solo per farsi un giro di valzer e poi tornare a casa con la fascia tricolore.
In tutto questo, Elly Schlein osserva e incassa. Ogni Regione che avrebbe dovuto essere un trampolino, si sta rivelando una palude. Il “campo largo” promesso ai partner di M5S e Avs si è ristretto a una landa piena di rancori, vendette, rivincite, pacche sulle spalle e coltellate sotto il tavolo. A ogni passo, un ostacolo. A ogni mossa, un boomerang.
La foto di gruppo della leadership progressista, invece che fresca e compatta, somiglia sempre di più a una rimpatriata di reduci. I giovani vengono tenuti alla porta, i vecchi comandano ancora, gli alleati fanno gli schizzinosi. E nel mezzo, la segretaria dem prova a restare in piedi.
Il sogno del 4 a 1? Si sbriciola ogni giorno un po’ di più. E con lui, l’illusione che Elly potesse davvero dettare la linea. Per ora, prende appunti. Ma non comanda.