Divario Nord-Sud, Calabria simbolo di un'Italia ancora divisa in due: ecco dove si annida il gap

La distanza dal resto del Paese è ancora più accentuata tra il Pollino e lo Stretto. Treni vecchi e lenti, aeroporti senza voli, digital divide, disparità nella spesa pubblica: i dati sulle cause che allontanano lo sviluppo

di Camillo Giuliani
17 giugno 2021
12:44
La scala verso il nulla di Roseto Capo Spulico citata anche dal New York Times
La scala verso il nulla di Roseto Capo Spulico citata anche dal New York Times

Mai come dopo la  crisi in corso, la Questione meridionale sarà la Questione italiana: il treno dello ripresa avrà bisogno di due locomotive per viaggiare spedito, quella del Nord e quella del Sud. La seconda, però, fatica da un secolo e mezzo a tenere il passo di crescita della prima, col divario economico, di servizi e infrastrutture tra Settentrione e Meridione che – salvo un breve periodo coinciso con la nascita della Cassa del Mezzogiorno e conclusosi con quella delle Regioni, che trasformarono la neonata istituzione finanziaria da un organismo di indirizzo e controllo degli investimenti a uno di gestione del consenso elettorale prima ancora che del denaro pubblico – è costantemente cresciuto. La Calabria, in particolare, ha reso ancora più evidente questo fenomeno.

L'Istat ci dice che il reddito pro capite di un calabrese si ferma all'89,6% di quello di qualsiasi altro meridionale e al 58,2% di quello medio del Paese un gap aumentato nel corso degli anni. Se già, in special modo per donne e giovani, qui c'era meno lavoro che altrove, stando alla Banca d'Italia le ricadute occupazionali della pandemia nella punta dello Stivale sono state più drammatiche, con una diminuizione degli occupati del 4,8% rispetto all'anno precedente: la media nazionale si ferma all'1,7%, poco più di un terzo. Tant'è che poco meno di un calabrese su tre vive al di sotto della soglia di povertà, cosa che succede solo al 14,7% dei loro connazionali (e al 25,8% dei meridionali).


Paradossalmente, invece di colmare il divario, gli investimenti pubblici di questi anni continuano a farlo crescere e le politiche nazionali appaiono a un sempre più ampio numero di meridionali la prova di un eccesso di attenzione dello Stato verso il Nord. I calabresi hanno la peggiore sanità d'Italia? Poco importa: nel 2018 Emilia Romagna e Liguria ricevono circa 2 mila euro pro capite per la spesa sanitaria, la Calabria poco più di 1.700 euro. Nel frattempo ci ritroviamo con 37 posti letto negli ospedali ogni 10mila abitanti, poco più della metà dei 68 del resto del Paese. Un dato ancora più eclatante se si parla di anziani: i letti destinati a chi ha più di 65 anni in Calabria sono 95 ogni 10mila abitanti, in Italia la media è di circa 222. Non che ai bambini vada meglio: la Calabria registra il 29,5% di posti disponibili nei servizi socio educativi per la prima infanzia nel settore pubblico, nella Provincia di Trento è il 74%: per un bimbo calabrese si spendono quasi 2.120 euro in meno che per un pari età trentino.

Digital divide e scarsa innovazione

Ci mettiamo anche del nostro: siamo 203esimi su 238 regioni europee quando si parla di innovazione, eppure nel 2018 la spesa totale della Calabria in ricerca e sviluppo era pari allo 0,54% del Pil, la metà del Mezzogiorno e un terzo dell’Italia nel suo complesso. I ritardi qui sono ormai strutturali e si acuiscono col passare del tempo. I principali riguardano le infrastrutture (digitali e non), abbattono le possibilità di crescita economica e la competitività delle imprese, aumentano l'isolamento. Tant'è che in Calabria il valore delle esportazioni di merci nel 2018 rappresenta appena l’1,7% del Pil a fronte del 12,7% della media del Mezzogiorno e del 26,3% dell’Italia. Le imprese straniere qui sono solo l'1,7%, la metà rispetto alla media del resto del Mezzogiorno e percentuale lontanissima dall'’8% dell’Italia. Economia, d'altra parte, da anni fa ormai rima con Internet e qui i Comuni che offrono servizi pienamente interattivi si fermavano nel 2018 al 33,7%, quando la media nazionale è di 15 punti in più. Le percentuali sono sostanzialmente identiche quando si parla di wi-fi pubblico.

Treni vecchi e lenti

Con la rete di trasporti va ancora peggio. Abbiamo il doppio delle strade della media nazionale, ma secondo i calcoli della Commissione europea siamo terzultimi in Italia per grado di accessibilità autostradale, ovvero il tempo impiegato dalla popolazione presente nelle zone circostanti ad accedere a tale infrastruttura. Il nostro punteggio è pari a 26,1: lontanissimo dal 254,5 dell'area di Parigi (in testa alla classifica), ma anche al 138,5 della Lombardia, al 125 dell'Emilia Romagna o al 72,8 della Valle d'Aosta (ultima tra le regioni settentrionali). Siamo la terra dell'eterna incompiuta Sa-Rc e della mortale SS 106, ancora più grave se si pensa che qui il trasporto delle merci su gomma è l’80% di quello complessivo. 

Se poi si parla di trasporto su ferro il divario tra Nord e Sud, se possibile, è ancora più marcato. Stando a “Pendolaria 2021” (il rapporto sui treni stilato ogni anno da Legambiente) la Calabria ha 686 km a binario unico su 965 (il 69,6%). Al Nord le percentuali si invertono e il totale delle linee a doppio binario sfiora l'80%; anche quelle elettrificate sono quattro su cinque, in Calabria solo il 57%. Non è un caso che i viaggi su treni regionali siano aumentati quasi ovunque nello Stivale, mentre da queste parti tra il 2018 e il 2019 sono stati 4700 in meno rispetto all'anno prima. E il numero di passeggeri, triplicato in Trentino grazie alla riqualificazione delle linee, qui è calato del 25%. Al Sud circolano meno treni e sono più vecchi. L'età media dei vagoni tra il Pollino e lo Stretto è di 19 anni e il 70% dei treni ne ha almeno 15 di vita; in Piemonte è meno del 10%, con l'età media che non arriva a 12 anni. In Calabria ci sono 14 corse in meno che in Liguria, una regione meno estesa e con meno residenti. Per andare da Cosenza e Crotone servono almeno un cambio e 2 ore e 40 minuti: sono 115 km di distanza, quelli tra Milano e Roma sono circa 600 eppure per viaggiare dalla prima alla seconda in treno di ore ne bastano poco più di tre.

Ora si ritorna a discutere di Alta Velocità da Salerno in giù, con Draghi che ha (ri)promesso di portarla fino a Reggio Calabria. La speranza è che anche nelle città calabresi toccate dall'AV il Pil possa crescere dell'8% come successo in quelle che lo sono già in altre regioni tra il 2008 e il 2018. Il rischio, invece, è che gli investimenti miliardari previsti si rivelino una presa per i fondelli: niente 300 km/h come velocità di punta, ma circa 100 in meno, ossia quelli della cosiddetta Alta velocità di rete (che è cosa ben diversa dall'Alta Velocita ad alta capacità che c'è tra Milano e Salerno). Sono in tanti ora a spingere per la cosiddetta AV Larg (Lean, Agile, Resilient, Green), la soluzione sfruttata da anni in Francia e Spagna per garantire tempi di viaggio brevi ai passeggeri e costi di realizzazione più ridotti. Per capire quale soluzione verrà adottata bisognerà attendere. E poi ci vorrà nel migliore dei casi il 2026 per vedere i primi interventi realizzati. Il dottore ci ha prescritto la cura del ferro, ma la medicina non è ancora arrivata.

La situazione degli aeroporti

Gli italiani ben serviti dai treni viaggiano sempre meno in aereo. I calabresi non possono partecipare più di tanto a quest'inversione di tendenza, sarà perché la situazione degli aeroporti non è delle migliori. Dei tre scali regionali solo uno registra numeri importanti e lascia agli altri le briciole, anche perché è il punto di riferimento per le tre province verso cui si dirige oltre l'80% dei passeggeri in arrivo a queste latitudini: Cosenza (37%), Vibo (28%) e Catanzaro (16%). Su 3,5 milioni circa di persone atterrate in Calabria nel 2019 oltre 2,9 sono sbarcate a Lamezia. Quelli con Malpensa, Fiumicino e Orio al Serio restano i collegamenti italiani più gettonati, mentre le tratte da e verso l'estero con maggiore successo in era pre covid sono state quelle per Londra, Düsseldorf e Monaco di Baviera. Le compagnie ad aver scelto l'aeroporto lametino in questi ultimi anni sono Alitalia, Ryanair, Easy Jet e Blue Air, Ego Airways, Eurowings, Lufthansa, Volotea e Wizz air, che garantiscono – covid permettendo - voli per le principali destinazioni italiane (oltre alla tre già citate ci sono anche Linate, Bologna, Pisa, Venezia Treviso, Torino, Verona, Genova, Perugia, Parma, Firenze, Forlì, Trapani e Cagliari) e rotte verso l'estero. L'aerostazione si raggiunge facilmente grazie all'autostrada, vicinissima.

Esattamente quello che non accade a Crotone, emblema delle carenze infrastrutturali della Calabria jonica. Qui, infatti, l'aeroporto è servito a poco o nulla dagli anni '60 al 2018. Poi sono arrivati alcuni voli Ryanair: sempre pieni, un autentico boom. Il Covid, però, li ha azzerati per mesi, anche se la compagnia irlandese ha promesso di raddoppiare con la riapertura i collegamenti già esistenti per Bergamo e Bologna. Non si sa se tornerà il pur riuscito volo per Norimberga, fallito invece per adesso il tentativo di attrarre ulteriori vettori low cost per aggiungere rotte da e verso Roma, Torino e Venezia.

Le tratte aeree restano poche e così sullo Jonio per lasciare la Calabria tocca ancora affidarsi principalmente alla disastrata SS 106 e a treni indecenti, oppure dirigersi verso Lamezia o l'autostrada. Quella che finisce proprio a Reggio Calabria, città del problematico aeroporto Tito Minniti. Ha una pista sui generis e richiede ai piloti più esperienza (che si paga) di molti colleghi per gestire gli atterraggi. Due condizioni non particolarmente apprezzate dall'Agenzia europea per la sicurezza aerea, tant'è che c'è chi paventa il rischio che la città dello Stretto possa addirittura dire addio al suo aeroporto nei prossimi anni. Nel corso del 2019 hanno operato sullo scalo Alitalia, Blue Panorama Airlines e Blue Air.

Le principali destinazioni servite erano Roma, Milano Linate, Torino, Bergamo e Bologna. Le due low cost, però, hanno levato le tende, almeno per un po'. L'ascesa dell'aeroporto di Catania, poi, ha peggiorato ulteriormente la situazione, con i messinesi che invece di servirsi del Minniti come un tempo preferiscono ora dirigersi verso i piedi dell'Etna per volare. Alitalia continua a garantire da Reggio voli per Milano e Roma, ma con orari (e prezzi, molto spesso) proibitivi che impediscono un viaggio a/r nella stessa giornata. A breve dovrebbe aggiungersi un collegamento con Torino. Basterà alla Calabria per sconfiggere la tirannia della distanza?

giuliani@lactv.it

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