Il centrosinistra ha già trovato i suoi candidati in tutte le sei regioni al voto, mentre la maggioranza litiga su quote e nomi. Salvini spinge per chiudere entro Pontida e annunciare il dopo-Zaia, Meloni predica calma e Tajani difende la bandierina azzurra in Puglia
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È il classico gioco degli incastri che, in politica, spesso diventa un rebus. Il centrodestra deve ancora sciogliere i nodi su tre regioni cruciali — Veneto, Puglia e Campania — mentre il centrosinistra, tra litigi e strappi ricuciti, è già arrivato alla quadra. Per Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani, invece, il percorso appare ancora accidentato. Ufficialmente il vertice a tre è fissato per mercoledì, salvo sorprese di calendario. In alternativa si valuta domani, ma la data cerchiata in rosso resta quella di metà settimana. Sarà allora, almeno nelle intenzioni, il momento della verità.
A via della Scrofa l’aria è prudente. In FdI c’è chi spinge per rimandare la decisione finale a dopo le regionali nelle Marche, in programma il 28 e 29 settembre. La presidente del Consiglio preferirebbe avere più elementi in mano prima di scoprire tutte le carte. Ma la Lega non ci sta. Salvini ha fretta: il 21 settembre a Pontida vuole salire sul palco con un nome da annunciare per il dopo-Zaia. È un passaggio simbolico, che serve a galvanizzare la base e a rivendicare il peso del Carroccio nel Nord. Una fretta che irrita più di un “fratello d’Italia”, tanto che nei corridoi parlamentari viene riportata una battuta della stessa Meloni: «Se vuole un nome da annunciare a Pontida, allora ne faccia uno di FdI». Tradotto: calma, il tempo lo decide Palazzo Chigi.
Dietro le schermaglie c’è uno schema ufficioso che ormai circola nei partiti di governo. In Puglia, dove il campo largo ha scelto Antonio Decaro, la sfida si annuncia durissima. Proprio per questo Forza Italia rivendica la candidatura con Mauro D’Attis, 52 anni, salentino, membro della commissione Bilancio della Camera. Gli azzurri vogliono la loro bandierina, anche perché FdI non intende bruciare un nome di peso come il sottosegretario Marcello Gemmato in una corsa quasi proibitiva. L’accordo di massima sembra fatto, ma resta da formalizzare.
Molto più intricata la situazione in Campania. In pista per FdI c’è ancora Edmondo Cirielli, viceministro agli Esteri, ma la corsa contro Roberto Fico — forte dell’accordo con Vincenzo De Luca — appare tutta in salita. Per questo i meloniani ragionano su un nome civico, capace di intercettare mondi economici e accademici. Si parla di Costanzo Jannotti Pecci, leader degli industriali di Napoli, ma anche dei rettori Matteo Lorito (Federico II) e Giovanni Francesco Nicoletti (Vanvitelli), o del prefetto Michele Di Bari. Lega e Forza Italia, invece, spingono per Giosy Romano, responsabile della Zes, ma FdI lo considera estraneo al proprio perimetro. Un braccio di ferro che rischia di prolungarsi.
Infine il Veneto, la partita più delicata. Qui la Lega non intende mollare,
anche per ragioni di sopravvivenza interna. Il favorito resta Alberto Stefani, vicesegretario federale, giovane e considerato vicino a Luca Zaia. Ma nelle conversazioni riservate affiora anche un nome che spiazza: quello del presidente della Camera, Lorenzo Fontana, veronese doc. Una mossa che avrebbe del clamoroso: la terza carica dello Stato candidata a governatore. Ipotesi azzardata, certo, ma non del tutto tramontata. Conservare il Veneto per il Carroccio è vitale, non solo per il peso territoriale ma per gli equilibri nazionali della coalizione.Il quadro, insomma, è tutt’altro che definito. Eppure il centrosinistra, reduce da settimane di litigi soprattutto in Puglia, oggi può vantare un vantaggio tattico: ha già i suoi candidati ufficiali in tutte le sei regioni al voto. Il centrodestra, al contrario, mostra crepe e rivalità. Meloni non ha fretta, Salvini scalpita, Tajani difende i pochi spazi di agibilità rimasti. Mercoledì potrebbe arrivare la fumata bianca, ma non è escluso l’ennesimo rinvio. Nel frattempo, il conto alla rovescia verso Pontida corre veloce.