«Mi godo gli ultimi periodi da sindaco, sapete bene quanto io sia attaccato a questo ruolo, quanto per me il ruolo del sindaco sia quello più bello che si possa svolgere in politica e quindi mi sto dedicando a completare tutte le cose che sono in programma e poi quando arriverà la decadenza mi dedicherò a questo nuovo ruolo in Consiglio regionale».

Il sindaco Giuseppe Falcomatà varca la soglia di palazzo San Giorgio con lo stesso piglio di sempre. Saluta gli usceri, percorre la strada che lo separa dalla sua stanza in compagnia di Gianni Latella. Commentano il voto di appena quattro giorni fa. Quel voto che con tanta difficoltà lo ha portato ad essere tra coloro che entreranno a Palazzo Campanella dalla porta principale. Proprio ieri il primo incontro post voto con Pasquale Tridico che a Lamezia ha voluto incontrare gli eletti del centrosinistra per una brevissima prima analisi del risultato delle urne.

«Ci siamo sentiti ovviamente nell'immediatezza del risultato del posto voto, ci siamo visti oggi (ieri, ndr) a Lamezia insieme agli altri colleghi consiglieri regionali di minoranza, io ho ribadito in quell'occasione quello che ho avuto modo di dire pubblicamente in questi giorni: va ringraziato Pasquale Tridico per il modo in cui si è calato in questa campagna elettorale, l'ha fatto mettendo davanti a tutto l'idea di una Calabria alternativa e quindi cercando di offrire ai calabresi la proposta di governo della nostra regione inserita all'interno del programma di mandato. Poteva benissimo impostare una campagna elettorale fatta soltanto sulla critica nei confronti del Presidente Occhiuto, fatta in maniera più aggressiva, però ha condotto una battaglia con signorilità. Io credo che la signorilità sia un valore in politica, perché le persone hanno bisogno di confrontarsi e di scegliere rispetto a quelle che sono le idee e i programmi in campo, e non sicuramente rispetto a chi urla di più».

Se facciamo un'analisi del voto, dicendo che prima del voto tutti certificavano il fatto che il centrosinistra avesse delle liste forti, oggi dovremmo dire che forse erano talmente forti da farsi la guerra tra di loro?

«L'esito del voto mi pare che sia abbastanza netto: è una sconfitta netta per il centrosinistra. Ovviamente le cause devono essere analizzate in maniera puntuale rispetto a quello che è stato anche l'esito del voto all'interno delle diverse circoscrizioni. A questo naturalmente hanno contribuito diversi fattori, intanto il ritardo con cui questa campagna elettorale è iniziata: il centrosinistra ha impiegato quasi un mese per scegliere il candidato Presidente e questo naturalmente ha consentito a Occhiuto di lavorare molto più tranquillamente alle liste, e naturalmente anche quelle che erano le valutazioni di partiti più moderati, di candidati più moderati, poi vedendo che non si andava a definire la candidatura nel centrosinistra, un po' alla volta hanno deciso di schierarsi o rischierarsi con il centrodestra. Il secondo elemento è che il centrosinistra avrebbe dovuto mettere in campo una campagna elettorale che consentisse di fare arrivare il più lontano possibile la proposta alternativa di governo, invece non si è percepita, non c'era un clima da campagna elettorale, sono state poche le iniziative politiche organizzate per arrivare a quell'elettorato»

Quindi cosa è mancato?

«Io credo che Pasquale Tridico avesse bisogno di avere intorno quelle liste, quei partiti, quei movimenti all'interno della coalizione che potessero sostenere la crescita della sua figura e del suo profilo come candidato Presidente. Questo lo puoi fare se metti in campo delle iniziative di piazza. È mancata a mio avviso la mobilitazione che potesse consentire una crescita e un aumento della campagna elettorale e quindi far aumentare anche quel dato elettorale finale, quell'affluenza al voto che poteva effettivamente fare la differenza e che purtroppo non c'è stato. Credo che su questo, probabilmente, si potesse fare di più».

Ha parlato in termini di coalizione, però è anche vero che questa è la terza campagna elettorale che il Pd regionale in qualche modo buca. È il momento anche di una riflessione interna?

«Secondo me è essenziale. Intanto dovrebbe essere naturale fare una analisi del voto alla fine di tutte le competizioni elettorali, in particolare alla fine di questa competizione elettorale. Io devo osservare che anche per ciò che ha riguardato il Pd questa mobilitazione è stata fatta dai singoli candidati, io ho riscontrato nel corso della campagna elettorale tante difficoltà anche a comunicare l'esistenza di un'elezione, qualcuno mi chiedeva se si trattasse dell'elezione a sindaco, visto che vedevano i miei manifesti in giro, qualcun altro non sapeva neanche che si votasse, qualcun altro pensava che si potesse fare il voto disgiunto e qualcun altro conosceva meno il candidato presidente. Questo è stato un elemento di debolezza e bisognava fare qualcosa di più anche rispetto alla presenza in città da parte dei leader nazionali del Pd. Questo non è avvenuto e questa situazione ha comportato anche una riflessione da parte dei militanti, da parte degli elettori, ecco perché ho scelto di fare il comizio a Piazza De Nava, perché sentivo il bisogno nel nostro elettorato e nell'elettorato non ancora mobilitato, non ancora raggiunto, di avere un momento di coinvolgimento maggiore che potesse lanciare lo sprint finale».

Sta dicendo che tutto ciò ha pregiudicato sin dall’inizio la sua campagna elettorale?

«Io ho condotto una campagna elettorale in tutto il collegio, ho riscontrato la voglia di impegnarsi da parte di tanti militanti, da parte di tanti iscritti, di ex iscritti, di ex segretari di circolo, amministratori del Pd che volevano impegnarsi rispetto a una richiesta di mobilitazione che ci poteva e che ci doveva essere. Ecco, questo ovviamente dovrà essere uno degli elementi di riflessione quando, mi auguro presto, si deciderà di convocare gli organismi regionali e provinciali per fare un'analisi del voto sia in regione che in provincia. È stata una campagna elettorale nella quale noi abbiamo lavorato fuori dalle segreterie, fuori dal voto di struttura. È stata una campagna elettorale che in sintesi è stata l'espressione del modo in cui noi abbiamo inteso l'amministrazione, la politica e soprattutto il rapporto con i cittadini in questi 12 anni. Quindi è stata una campagna elettorale di strada, di confronto, di ascolto rispetto alle critiche ma anche rispetto alla richiesta di un impegno maggiore all'interno del Partito Democratico nella consapevolezza che la campagna elettorale deve essere una parentesi all'interno della vita di un partito e non può essere soltanto l'unico momento in cui il partito si ritrova».

Ha parlato di Piazza De Nava, dove ha impersonificato il voto con la sua persona e la città di Reggio Calabria, ecco, lei è più soddisfatto o deluso per quello che ha ottenuto su base cittadina e su base metropolitana?

«No, noi siamo contentissimi di quello che c'è stato. La piazza era un abbraccio con la città, un abbraccio collettivo di affetto, ma anche un abbraccio di storia indissolubile che lega il nome della mia famiglia a quello cittadino e naturalmente anche un abbraccio che doveva e voleva comprendere anche gli altri comuni presenti all'interno della Città metropolitana. Rispetto a questo noi siamo molto contenti del risultato per tanti motivi: intanto inizialmente si pensava a un tipo di campagna elettorale diversa, e lo ribadisco quanto la città di Reggio Calabria meritasse finalmente una candidatura alla presidenza. Il centrosinistra non ha mai espresso un candidato presidente di Reggio Calabria e questo è un altro elemento di riflessione, c'erano tutte le condizioni per poterlo fare, lo dico davvero al di là dei destini personali, e lo dico anche con il massimo rispetto, la massima stima e il ringraziamento che ho detto all'inizio nei confronti di Pasquale Tridico che ha fatto il massimo e che è stato un nome che ha unito la coalizione. Però in quei giorni ricevevo tantissime telefonate da parte di sindaci, di amministratori, degli altri comuni delle province della nostra regione che esprimevano l'idea e la volontà che la candidatura venisse da Reggio Calabria, perché, e lo abbiamo visto anche in questa tornata elettorale, solo il voto del Collegio Sud poteva riequilibrare poi l'esito che c'era stato e che già nel 2021 aveva premiato il Presidente Occhiuto, cosa che è accaduta anche questa volta. Ovviamente abbiamo impostato una campagna elettorale in ritardo anche rispetto a questa attesa, a questi 22 giorni di attesa che si sono conclusi diversamente rispetto a quelle che erano le premesse iniziali. E poi è stato un ritorno a un tipo di campagna elettorale sulla preferenza singola alla quale non solo non ero più abituato io, ma non erano più abituati gli elettori».

Se dico che il Pd offre molti amministratori, e che molti sindaci hanno offerto la loro disponibilità ma alla fine è passato il concetto che “non esiste un partito dei sindaci” all'interno dei democratici, si può anche dire che questa è stata la dimostrazione che è stato messo in argine alle figure che venivano proprio dal territorio?

«Il partito dei sindaci è stato riproposto più volte, noi sindaci parliamo più agevolmente di sindaci di partito, che sono quelle esperienze amministrative, più o meno fortunate, ma di continuità di rapporto con il territorio che, avendo un maggiore radicamento, consentono di essere più facili da passare come proposte rispetto a una successiva campagna elettorale, rispetto a un successivo impegno nell'ambito di un livello di governo istituzionale diverso da quello del sindaco. Lo abbiamo visto in Puglia con De Caro, lo abbiamo visto nelle Marche con Ricci, l’anno scorso c'è stata un'altra campagna elettorale in Liguria, per quanto non di centrosinistra, è stato eletto come presidente l'ex sindaco di Genoa. Questo al di là del partito dei sindaci fa capire come i sindaci di partito possano dare un contributo di maggiore riuscita in una competizione elettorale rispetto a chi viene percepito come lontano. Quindi non c'è la necessità di organizzarsi in un movimento, noi ribadiamo la disponibilità a impegnarci nei livelli diversi rispetto a quello da sindaci perché questo può essere utile a tutta la coalizione, può essere utile ai partiti dai quali noi proveniamo. Questo non è avvenuto in questa tornata elettorale, perché di fatto il tavolo regionale non ha deciso sulle candidature, ma è stata una decisione che è stata presa a livello nazionale e io credo che quando le decisioni vengano prese a livello nazionale senza il confronto e senza il dialogo con i territori poi si è chiamati a una rincorsa che non sempre riesce, che non sempre è facile, come in questo caso non per colpa del candidato che è stato scelto ma per il poco tempo che si è avuto per organizzarla la mobilitazione sul territorio».

L'ha cercata, l'ha voluta e alla fine l'ha ottenuta, non solo questa candidatura, ma l'elezione, quale unico rappresentante della città. Resta l'orgoglio o l'amarezza di sapere che è l'unico?

«E' un mix di sentimenti, è un po' come la rabbia, l'amore, insomma sono sentimenti contrastanti, sicuramente c'è una grande componente di orgoglio e anche di responsabilità nell'essere l'unico rappresentante di Reggio città, ma anche in qualche modo l'amarezza di essere allo stesso tempo, allo stesso modo, l'unico che possa difendere gli interessi di Reggio. Ovviamente io sono sindaco metropolitano, quindi al netto di tutto è chiaro che il mio impegno non è l'impegno che parte da una candidatura identificata in una specifica area omogenea. E' una candidatura che vuole essere rappresentativa della città di Reggio Calabria e di tutte le aree omogenee del nostro territorio, ecco perché l'abbiamo definita una candidatura politica, perché è una candidatura che vuole portare all'attenzione del Consiglio regionale tutte le istanze che ovviamente portano avanti i territori e in generale che sono funzionali e imprescindibili per lo sviluppo della città metropolitana. Una di queste naturalmente è la battaglia per l'assegnazione delle funzioni alla città metropolitana, ma in generale io sono convinto che la città metropolitana di Reggio Calabria debba contare di più rispetto a quanto non ha ancora contato nelle scelte del Governo regionale, perché se noi facciamo una valutazione degli investimenti strutturali che sono stati fatti in questa circoscrizione sud rispetto alle altre province è evidente che c'è una disparità che io credo sia frutto anche di una assenza di rappresentatività della nostra città e della nostra provincia all'interno del Consiglio regionale. Ci faremo valere su questo, ci faremo valere sulle funzioni, ci faremo valere in generale sulla rappresentatività di questa parte della nostra regione. Rispetto all'onore, all'onere, all'orgoglio e anche alla amarezza di essere l'unico rappresentante della nostra città aggiungo anche che c'era il serio rischio che non ce ne fosse nessuno».

Tra gli eletti al Consiglio regionale c’è anche il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà.

Lei ovviamente resterà in carica ancora per qualche mese, ma qual è, se c'è, un messaggio che vuole dare alla città in questo momento, perché tanti si chiedono che succederà adesso a Palazzo San Giorgio…

«Il messaggio che ho lanciato nel comizio di Piazza di Nava, noi siamo quelli che restano, siamo quelli che non scappano, siamo quelli che non voltano le spalle alla città, siamo quelli che la città non la tradiscono ma la onorano e la servono in tutti i ruoli nei quali sono chiamati. Questa esperienza amministrativa inevitabilmente va a concludersi in primavera, purtroppo non c'è il terzo mandato, mi sarei sicuramente candidato a sindaco per la terza volta se ci fosse stato il terzo mandato, ma sento la responsabilità di continuare in un altro ente, a un altro livello istituzionale la mia battaglia e il mio impegno per servire la città, per servire la città metropolitana. Questo è il messaggio che voglio mandare, una rassicurazione rispetto alla presenza del sindaco, mi viene ancora da dire Sindaco, mi dovrò abituare anche al nuovo ruolo, però al di là della giacca che si indossa noi siamo stati educati a servire la città e non a servirci della città».