Un 40enne ricoverato a Torino li aveva confezionati artigianalmente e poi distribuiti a famigliari e parenti: ora è caccia ai vasetti. Mobilitate le Asp. Il paziente salvato con l’antitossina è stato dimesso
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Una corsa contro il tempo in Calabria, Piemonte e Sardegna, per evitare il peggio. Non un virus esotico, ma comuni vasetti di funghi sott’olio diventati potenzialmente letali. È la storia di un’intossicazione da botulino, un nemico invisibile che ogni anno mette alla prova la capacità di reazione del sistema sanitario. Tutto comincia a Torino, quando un uomo di 40 anni viene ricoverato d’urgenza all’Ospedale Martini con sintomi compatibili con il botulismo: difficoltà a deglutire, visione doppia, vomito e secchezza delle fauci.
Il sospetto dei medici e la corsa all’antidoto
Parte il protocollo d’emergenza che ipotizza l’intossicazione da botulino: vengono coinvolti i neurologi e i campioni biologici del paziente vengono inviati all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta, dove si avviano le analisi per identificare la tossina.
In attesa della conferma, viene allertato il Centro Antiveleni di Pavia, custode dell’unico antidoto efficace: l’antitossina botulinica. Parte così una staffetta sanitaria, coordinata con il Centro Ministeriale Antidoti, per far arrivare il siero a Torino nel minor tempo possibile.
Dalla tavola di casa all’allerta nazionale
Il caso, ancora sospetto, viene segnalato al Servizio di Igiene e Sanità Pubblica (Sisp): occorre ricostruire la rete di contatti del paziente e individuare l’origine dell’alimento contaminato.
Dopo un accurato colloquio, emerge la verità: l’uomo aveva consumato funghi sott’olio preparati artigianalmente in Calabria.
La scoperta apre uno scenario inquietante: i vasetti, distribuiti a familiari e amici in varie regioni, sono almeno cinque o sei. Il Sisp di Torino allerta quindi le Asp della Calabria e anche quelle della Sardegna, dove vive parte della famiglia del paziente. Scatta un’operazione di tracciamento lampo per rintracciare e sequestrare i barattoli prima che qualcuno li consumi.
Il paziente salva la vita, ma la lezione resta
Grazie alla rapidità dei soccorsi e alla somministrazione tempestiva dell’antitossina, l’uomo ricoverato nel reparto di Rianimazione migliora progressivamente e viene dimesso.
Il caso si chiude senza vittime, ma la vicenda resta un monito sulla pericolosità del botulino, tossina tra le più potenti conosciute.
I sintomi possono comparire da 6 ore a 8 giorni dopo l’ingestione, spesso confusi con una banale gastroenterite: nausea, vomito, diarrea o dolori addominali. Solo in seguito emergono i segni neurologici – perdita di tono muscolare, disturbi della vista, difficoltà respiratorie e rischio di paralisi.
La tempestività è decisiva: prima si somministra l’antitossina, maggiori sono le probabilità di recupero completo.
Prevenire il rischio in cucina
L’episodio ricorda quanto sia importante preparare i cibi in casa in sicurezza, seguendo rigorose procedure di sterilizzazione. Il botulino, invisibile e inodore, può svilupparsi in conserve fatte in casa, soprattutto in ambienti privi di ossigeno e con pH elevato. Bastano poche gocce della tossina per provocare gravi danni neurologici.
Un motivo in più per non sottovalutare mai le norme igieniche e per diffidare delle conserve non controllate.