Il maxiemendamento alla Manovra finanziaria depositato oggi dal Governo in Senato, dispone lo spostamento di 780 milioni di euro al 2033 «alla luce - si legge nella relazione tecnica - dell'aggiornamento dell'iter amministrativo e del non perfezionamento degli impegni relative alle somme iscritte in bilancio nell'anno 2025 in conto residui rinvenienti dall'anno 2024». La misura lascia inalterato il valore complessivo delle somme autorizzate.

L’emendamento, per l'amministratore delegato della società Stretto di Messina Pietro Ciucci, è il modo con cui il governo e il ministero delle Infrastrutture «ribadiscono l'impegno per la realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina. Il provvedimento infatti – aggiunge Ciucci – conferma gli stanziamenti per l'opera, alla luce dell'aggiornamento dell'iter amministrativo a seguito delle decisioni della Corte dei conti, lasciando inalterato il valore complessivo delle somme autorizzate, pari a 13,5 miliardi di euro».

Non sono d’accordo le opposizioni, che vedono nel ricollocamento al 2033 una conferma dei propri dubbi sulla grande opera. «L'emendamento alla Manovra che introduce l'iperammortamento per le imprese che investiranno nel Ponte sullo Stretto è l'ennesima prova che il progetto è nei fatti irrealizzabile. Dire che si appostano 780 milioni al 2033 equivale a dire che c'è un rinvio sine die. Si cerca di attirare capitali privati con incentivi fiscali straordinari perché il piano economico non regge», dichiara Sergio Costa, esponente del M5s e vicepresidente della Camera.

«Dopo le numerose violazioni normative che abbiamo denunciato - dalla direttiva Habitat alla Costituzione, dall'esclusione dell'Autorità di regolazione trasporti al mancato parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici - ora si ricorre a uno strumento disperato per trovare finanziatori. Questo conferma quanto abbiamo sempre sostenuto: il Ponte sullo Stretto così come concepito non si farà». Costa richiama anche i rischi economici per lo Stato: «Mentre si promettono agevolazioni fiscali ai privati, rimane aperta la questione della penale da circa 1,5 miliardi di euro che lo Stato potrebbe dover pagare al consorzio. A questi si aggiungerebbero ora le mancate entrate fiscali derivanti dall'iperammortamento. Il conto lo pagheranno sempre i cittadini. Il Governo - conclude il vicepresidente della Camera - invece di insistere su un'opera insostenibile dal punto di vista ambientale, normativo ed economico, dovrebbe investire quelle risorse nel potenziamento dei collegamenti già esistenti e nella manutenzione delle infrastrutture del Paese».

Ad esprimersi sulla questione anche il presidente nazionale di Avanti Psi, Luigi incarnato: «Il Ponte sullo Stretto non esiste più. Salvini aveva promesso il cantiere a ottobre ma Giorgetti lo ha sconfessato. È una sconfitta del segretario della Lega. Le promesse elettorali sono state vanificate. Ci chiediamo però quanto ci costerà questo giochino. A Giorgetti chiediamo di dare più soldi ai comuni per i servizi di prossimità e per il personale».