Il Ponte sullo Stretto è da decenni al centro del dibattito politico italiano, spesso accompagnato da posizioni incoerenti da parte di figure di spicco. Un esempio significativo è Matteo Salvini, leader della Lega. Nel 2016, durante un’intervista a “La7”, Salvini esprimeva scetticismo sul progetto, sottolineando che i fondi sarebbero stati più utili per migliorare le ferrovie siciliane a binario unico o le scuole. Proponeva persino un referendum per coinvolgere i cittadini di Sicilia e Calabria, visti gli alti costi dell’opera. Tuttavia, dal 2020, la sua posizione è cambiata: ha iniziato a sostenere il ponte, prima con l’idea di finanziamenti privati, poi promuovendolo come un’infrastruttura strategica. Nel 2025, come ministro delle Infrastrutture, ha annunciato l’approvazione del progetto definitivo e l’avvio dei cantieri entro settembre-ottobre, evidenziando il suo ruolo chiave nel governo Meloni.

Altri politici hanno mostrato simili cambiamenti di rotta. Matteo Renzi, nel 2010, come sindaco di Firenze, nella “Carta di Firenze” privilegiava investimenti in banda larga rispetto a grandi opere come il ponte. Nel 2012, durante le primarie del PD, ribadiva la priorità di destinare i fondi alle scuole. Tuttavia, diventato premier nel 2014, ha rilanciato il progetto, inserendolo nella sua agenda per promuovere lo sviluppo economico del Sud. Giuseppe Conte, leader del Movimento 5 Stelle, nel 2020, da premier, descriveva il ponte come un’opera di ingegneria avanzata e sostenibile. Nel 2025, però, passato all’opposizione, si è opposto al progetto, definendolo “scellerato”, in linea con la posizione del M5S contro il governo Meloni. Anche Silvio Berlusconi ha avuto posizioni variabili: sostenitore del ponte durante i suoi governi (2001-2006 e 2008-2011), non si oppose alla sua sospensione nel 2012 sotto il governo Monti, ma successivamente tornò a promuoverlo.

Queste contraddizioni riflettono dinamiche complesse. I cambiamenti di posizione sono spesso legati alla ricerca di consenso elettorale, specialmente al Sud, dove il ponte è visto come un simbolo di sviluppo. Inoltre, le scelte politiche sono influenzate da pressioni di alleati di governo e da contesti economici, come la crisi del 2012 che portò alla sospensione del progetto. Le critiche di comitati come “Invece del ponte” e di esponenti come Angelo Bonelli evidenziano i rischi ambientali, sismici e i costi elevati (oggi stimati in 13,5 miliardi di euro), alimentando il dibattito. Il Ponte sullo Stretto rimane così un progetto divisivo, capace di rivelare le complessità e le evoluzioni delle posizioni politiche nel nostro Paese.