Il coordinatore nazionale parla di «narrazione distorta e manipolatoria» dei sindacati. E sulle critiche all’impianto dei cinque quesiti di Cisl e La Russa dice: «Noi siamo stati gli unici a farlo subito»
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«Non c’è nulla di più politico che scegliere di non partecipare a una consultazione inutile e dannosa». Il comitato per il No al referendum del'8 e 9 giugno, coordinato a livello nazionale da Claudio Armeni, rivendica la scelta politica dell'astensione consapevole e rispedisce al mittente le critiche giunte in queste ore da parte di rappresentanti politici e sindacali «nei confronti di chi lavora a disincentivare la partecipazione democratica».
«Quando abbiamo costituito il Comitato per il No e l’astensione consapevole - dichiara Armeni - lo abbiamo fatto nel silenzio generale, quasi nell’indifferenza di gran parte del mondo politico e sindacale. Lo abbiamo fatto quando ancora pochi avevano il coraggio di dire apertamente che questo referendum era inadeguato, divisivo, ideologico, inefficace. Ora che l’insostenibilità della consultazione è sotto gli occhi di tutti, rivendichiamo con forza di essere stati i primi a dirlo, con chiarezza e responsabilità».
Il riferimento è alle recenti dichiarazioni della segretaria generale della Cisl Daniela Fumarola che ha definito il referendum «sbagliato nel merito» e del presidente del Senato Ignazio La Russa che nei giorni scorsi ha detto: «Farò propaganda perché la gente se ne stia a casa». Secondo Armeni «il dibattito si è finalmente alzato di livello, oggi molti si affrettano a prendere le distanze, a riconoscere tardivamente che lo strumento referendario è stato mal utilizzato. Dove erano prima? Cosa pensavano davvero?» domanda il coordinatore del comitato per il No.
«Il nostro Comitato è stato e resta l’unico ad aver indicato fin dall’inizio una terza via: né il silenzio né l’adesione acritica, ma l’astensione consapevole, come scelta politica pienamente legittima e coerente con lo spirito della nostra Costituzione» - prosegue Armeni. In merito alla dichiarazione di La Russa secondo il coordinatore si tratta di «una posizione personale, condivisibile o meno, che ha scatenato un attacco veemente da parte delle opposizioni, che lo hanno accusato addirittura di minare la democrazia. Ecco il punto: in Italia è diventato sospetto persino ricordare che l’astensione è prevista dalla legge, e che può rappresentare una forma legittima di dissenso». In merito alla posizione espressa da Fumarola, Armeni definisce «il suo rifiuto di partecipare al voto, un atto di serietà, che denuncia – seppur tardi – l’inadeguatezza di questo referendum. Ma non possiamo non chiederci perché queste parole arrivino solo ora. Dove era la consapevolezza sindacale quando sarebbe stato utile avviare un confronto ampio e profondo?» incalza il coordinatore.
«Il referendum abrogativo non è un'elezione»
In merito alle critiche giunte in particolare dalla Cgil che su questa testata giornalistica ha definito «una violenza alla democrazia» l'invito rivolto da rappresentanti eletti dal popolo ai cittadini di non recarsi alle urne, Armeni parla di narrazione distorta da parte del sindacato. «In questi mesi - dice - abbiamo assistito a una narrazione distorta, spesso manipolatoria, in cui l’astensione è stata descritta come una fuga dalla responsabilità. Alcuni sindacati, in particolare la Cgil, hanno sostenuto l’argomento – ingenuo ma potente – secondo cui “votare è sempre un dovere morale”. Un’argomentazione superficiale che ignora una verità giuridica e politica fondamentale: nel referendum abrogativo, l’astensione è una delle opzioni previste e legittimate dalla legge. Chi sceglie di non votare non “diserta” la democrazia, la esercita secondo le sue regole, partecipando in modo consapevole al processo democratico. Il quorum, previsto dalla Costituzione, non è un cavillo tecnico, ma un presidio di garanzia, pensato proprio per impedire che minoranze motivate impongano la loro volontà alla maggioranza silenziosa».
«L'astensione è un voto politico»
«Nel sistema referendario italiano, l’astensione è tutt’altro che un atto neutro» - rileva infine Armeni. «È una forma efficace e pienamente legale di opposizione, che contribuisce concretamente a impedire l’abrogazione di una legge. È, per molti cittadini, l’unico modo reale per dire “no” a un quesito mal posto, ideologico o propagandistico. Negli ultimi decenni, l’astensione ai referendum ha superato costantemente il 50%. Non è disinteresse, ma comprensione crescente del meccanismo democratico. Parlare oggi di “astensione consapevole” significa dare voce e dignità a milioni di cittadini che scelgono di non legittimare un processo referendario percepito come strumentale o fuorviante».