Tre candidati, tre visioni e un popolo da convincere contro l’astensione: dal confronto sul ring di Perfidia inizia l’ultima densa settimana di campagna elettorale. Domenica prossima si deciderà il futuro della regione
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La Calabria ha assistito a un dibattito televisivo, vero e proprio agone d'anime. Su LaC TV, sotto i riflettori del format Perfidia condotto dalla implacabile Antonella Grippo, si è consumato il “Finale di Partita”, lo scontro finale tra Roberto Occhiuto, il presidente uscente del centrodestra, Pasquale Tridico, l'eurodeputato del centrosinistra con l'anima pentastellata, e Francesco Toscano, il ribelle di Democrazia Sovrana e Popolare.
Tre gladiatori, tre visioni, un solo premio: la guida di una regione che sanguina emigrazione, precarietà e sogni spezzati. Grippo, come al solito stilosa, elegante e tagliente – citando Virno e paradossi hegeliani – ha orchestrato un ring dove le parole erano frecce e lame affilate su un tessuto sociale logoro. E noi, da LaC TV, non possiamo che appassionarci, perché qui non si gioca a carte, ma si scommette il futuro.
Tralasciamo i numeri, crudi e impietosi, che i sondaggi ci sbattono in faccia a pochi giorni dal voto del 5-6 ottobre: l’astensione, stimata tra il 40 e il 50%, rappresenta il vero spettro di questa campagna, una protesta silenziosa che Grippo ha sapientemente provocato, sfidando i candidati a risvegliare gli indifferenti. In questo contesto, il dibattito non è stato un lusso, ma una chiamata alle armi.
Occhiuto entra in scena meno offensivo, meno aggressivo e più calmo del solito, come un leone ferito ma vittorioso, Occhiuto – parafrasando il suo nome – nel difendere un quinquennio di coraggio. Grippo lo inchioda sull'ossessione del consenso, e lui ribatte con aneddoti che vogliono colpire al cuore, come quei medici cubani portati durante la pandemia, contestati all'arrivo e rimpianti quando se ne vanno; la riforma dei consorzi di bonifica, impopolare ma salvifica; il pasticcio rifiuti risolto, con i sindaci oggi grati.
«Quando governi, devi avere il coraggio di fare cose impopolari che poi diventano giuste», tuona, e i calabresi «hanno visto il mio coraggio». È anche un suo stile concreto, amministrativo, un decisionista che non promette la luna ma che vuole mostrare crateri riempiti. I suoi punti programmatici? Spendere i due miliardi di fondi UE non toccati dai predecessori, stabilizzare precari (anche quelli «di lusso»), creare lavoro vero invece di welfare assistenzialista.
«Il welfare lo fai creando lavoro», ribatte a Tridico, smontando le assunzioni stabili promesse dall'avversario: «Sui 10 mila assunti non ci sono risorse col FSE, altrimenti l'avrebbe fatto la Sardegna grillina». Difetti? L'ombra delle indagini per corruzione, che Grippo evoca con garbo e che Tridico tocca da signore garantista senza infierire. Ma Occhiuto non si scompone: «Ho buttato sangue per salvare i mille di Abramo, che decidano i calabresi». È il suo asso: la riconvocazione del popolo, non per immunità, ma per giudizio, dice.
Di fronte Tridico, l’eurodeputato M5S ed ex presidente INPS, ha fatto il suo ingresso con l’energia di chi porta un sogno concreto, radicato nella sua storia personale. Grippo lo sfida sull’orizzonte di senso del centrosinistra, e lui risponde con un discorso che vibra di passione: «La modernità della Calabria è nei giovani, che oggi fuggono perché non trovano futuro».
Il suo programma è un mosaico di tecnologia, politiche industriali, agricoltura e turismo sostenibile, con un’attenzione chirurgica agli emarginati. «Gli astenuti? Divisi tra chi ci vede uguali e chi è ai margini: noi li riporteremo nei processi sociali», dichiara, smarcandosi dal tono censorio che Grippo gli imputa. La sua forza è la competenza: parla di 11 mila assunzioni stabili, di lotta al Patto di Stabilità («Io l’unico che lo combatte davvero»), di una sanità sottratta alla politica e affidata a tecnici.
Promette una giunta di esperti, non di figli del clientelismo, per «troncare col passato» calabrese. La sua comunicazione, finalmente recuperata, è limpida, a tratti poetica, quando evoca la Calabria come «terra da cui non si deve più scappare». Abilità? Un garantismo che lo porta a non cavalcare le indagini su Occhiuto, contestandogli invece la ricandidatura sul piano politico e come «sfida alla magistratura». Difetti? A volte scivola in un linguaggio da aula universitaria, ma ieri ha saputo coinvolgere il pubblico con l'empatia che lo rende vicino a chi sogna un riscatto. Tridico è il visionario che parla di numeri ma, finalmente, anche di anime, un ponte tra l’Europa e i paesi calabresi.
E poi Toscano, il terzo incomodo, il guastafeste che Grippo eleva a voce del dissenso. Potrebbe sembrare un figurante, ma ieri ha rubato la scena con la foga di un profeta sovversivo. Grippo lo interpella su Virno – «la politica parla a chi parla?» – e lui ribalta: «Il vero coraggio non è fare l’impopolare, ma contrastare chi comanda e muove i fili da Bruxelles».
Accusa Occhiuto e Tridico di essere «facce della stessa medaglia», illusi di vivere «in una casa senza fondamenta», ingenui nel credere al mercato autoregolatore o a tecnici à la Monti che servono le élite. I suoi punti? Combattere l’austerità, trasformare Fincalabra in una nuova IRI per rilanciare l’economia, creare lavoro stabile contro il «precariato infinito» dei rivali, sostenere gli ultimi con politiche anti-Patto di Stabilità.
Apprezza Tridico per non aver usato le indagini su Occhiuto come arma, ma non risparmia fendenti: «Dicono verità e bugie, creano illusioni; Occhiuto è un amministratore, non un visionario». Stile? Raffinato ma incendiario: «Noi ci candidiamo per chi ha detto basta alla farsa democratica». Difetti? L’isolamento numerico che lo confina in una nicchia. Ma la sua forza è la capacità di denunciare le consorterie, evocando una «rivoluzione calabrese» contro i poteri europei. È la passione che infiamma, quella di chi non governa per vincere, ma per risvegliare.
Grippo, maestra di cerimonia, fuoriclasse che ha tessuto il dibattito come un arazzo: dal paradosso delle consorterie che esautorano la politica, all'astensione come «vero voto di opinione», fino al confine tra assistenza e sostegno. Ha provocato, mai giudicato, lasciando che i tre si sbranassero con civiltà – un lusso raro in Calabria.
E noi? Restiamo con il fiato sospeso: Occhiuto il pragmatico che ha speso fondi dimenticati, Tridico il riformatore che combatte Bruxelles da Strasburgo, Toscano il sovversivo che grida «basta illusioni». La Calabria non merita clientele né austerity, ma sogni concreti. Domenica, ad urne aperte: che il popolo decida, con passione, non con rassegnazione.
*Documentarista