Condannato in via definitiva per falso in atto pubblico e additato come il responsabile del dissesto finanziario di Reggio Calabria, oggi l’ex sindaco si muove tra cene elettorali e comizi, con una macchina di relazioni ancora utile alla coalizione
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C’è chi lo descrive come un ritorno inevitabile, chi come un fantasma che riaffiora dal passato. Giuseppe Scopelliti, l’ex golden boy della destra calabrese, è di nuovo in piazza. Non per candidarsi in prima persona, ma per sostenere altri: vecchi amici, compagni di un tempo, oggi sotto le insegne della Lega. Una scelta che ha già fatto discutere e che, a quindici anni dal tracollo di Reggio Calabria, riporta a galla stagioni fatte di feste, grandi eventi e, soprattutto, buchi finanziari da capogiro.
Il suo nome resta legato a doppio filo a quella stagione, passata alla storia come “il modello Reggio”. Da sindaco, Scopelliti aveva trasformato il lungomare della città in un palcoscenico permanente, capace di attrarre star televisive, cantanti, persino icone del gossip. Una movida scintillante, con vip che sfilavano sul corso Garibaldi come fosse la passerella di Sanremo. Ma dietro le luci c’erano le ombre di bilanci comunali devastati, cartelle pazze e gestione allegra dei conti. Ombre che si sarebbero trasformate in processi e, infine, in una condanna definitiva a quattro anni e sette mesi di carcere per falso in atto pubblico.
Il caso giudiziario che lo travolse resta scolpito nella memoria collettiva: la vicenda di Orsola Fallara, dirigente comunale dei Tributi, amica e collaboratrice fidata dell’allora sindaco. Fu lei a firmare i documenti contestati dalla magistratura, ma i giudici stabilirono che dietro quella facciata c’era la mano politica di Scopelliti. Quando la pressione diventò insostenibile, Fallara si tolse la vita ingerendo acido muriatico. Una tragedia che lasciò un segno indelebile e che spinse la Cassazione a ribadire le responsabilità dell’ex primo cittadino.
Dopo la condanna e il passaggio nel carcere di Arghillà, lo stesso che anni prima aveva inaugurato con discorsi solenni sulla legalità, sembrava che per Scopelliti la carriera politica fosse chiusa. Lui stesso, nel 2018, si era definito “un uomo libero” nel presentare un libro autobiografico che voleva essere una sorta di resa dei conti con il passato. E invece, oggi, eccolo riapparire tra buffet e cene elettorali per sostenere Franco Sarica, ginecologo ed ex assessore della sua giunta, candidato alle regionali in quota Lega.
Il sostegno di Scopelliti non è solo un gesto simbolico. È la riattivazione di una macchina elettorale che, seppure arrugginita, conserva un peso nei territori. Lo sa bene Roberto Occhiuto, governatore uscente, che nelle ultime settimane ha visto affiancarsi al suo progetto nomi che appartengono più al repertorio della vecchia politica che al futuro. Insieme a Scopelliti, infatti, si muove Pino Galati, ex sottosegretario berlusconiano e oggi volto di Noi Moderati, partito che in Calabria ha ancora leve e rapporti. Per Occhiuto, il nuovo che avanza ha dunque le sembianze di figure già conosciute, segnate da processi e inchieste, ma ancora capaci di portare pacchetti di voti.
Scopelliti, del resto, non ha mai smesso davvero di coltivare le sue relazioni. Oggi lavora per una società legata all’Aci, in un settore che gli permette di mantenere contatti e agganci. Non è più il “Peppe dj” dei tempi d’oro, con Rayban specchiati e serate sul chilometro più bello d’Italia, ma il richiamo della politica resta fortissimo. Lo dimostra la sua presenza nei circoli di Taurianova, accanto al sindaco Roy Biasi, o agli incontri pubblici organizzati con il sottosegretario Claudio Durigon.
Il passato, però, torna a bussare ogni volta che Scopelliti riappare. Gli avversari ricordano le frasi omofobe del 2014, quando dovette scusarsi con l’Arcigay per dichiarazioni giudicate offensive. Altri sottolineano la contraddizione di un uomo che definiva “mezzi uomini” gli omosessuali e che, dieci anni prima, aveva tentato di portare a Reggio Calabria una rockstar simbolo della comunità gay come Elton John. Una carriera politica fatta di luci e cadute, di aperture e gaffe, di ambizioni nazionali naufragate e di ritorni locali inattesi.
La sua riapparizione al fianco della Lega accende inevitabilmente i riflettori anche sul messaggio politico che la coalizione vuole trasmettere. L’appoggio di Scopelliti a Sarica – che tra le priorità programmatiche indica la costruzione del ponte sullo Stretto e della strada Bovalino-Bagnara – non è soltanto il gesto di un vecchio leader che si spende per un amico. È il segnale che in Calabria, ancora oggi, certi nomi pesano.
Eppure resta il paradosso: il nuovo che avanza è fatto di figure già conosciute, con curriculum segnati da processi e condanne. Lo dimostra la parabola di Scopelliti, che da simbolo di rinnovamento della destra meridionale è diventato, suo malgrado, il protagonista di uno dei più gravi dissesti finanziari comunali d’Italia.
Oggi si presenta come uomo cambiato, senza più la patina da star, ma con la stessa voglia di contare. A distanza di anni, il suo ritorno nella scena politica calabrese racconta più di mille programmi elettorali: la difficoltà di un territorio a voltare davvero pagina, l’assenza di volti nuovi capaci di sostituire i protagonisti del passato, la forza delle reti clientelari che resistono al tempo e alle sentenze.
Che Scopelliti riesca o meno a rimettersi al centro del gioco, resta il fatto che il suo ritorno segna una linea di continuità più che di rottura. La Calabria di oggi, come quella di ieri, si trova a fare i conti con uomini che, pur macchiati da errori giudiziari e politici, continuano a dettare l’agenda. Ed è in questa cornice che il sostegno dell’ex governatore diventa non solo un fatto locale, ma un simbolo nazionale: l’immagine di una politica che si ricicla e che, con poche correzioni di facciata, torna sempre allo stesso punto.