«E' positivo che si sia avviata una riflessione collettiva negli organismi, questa dovrà investire ulteriormente il corpo largo del partito e dovrà aprirsi anche ai contributi della società. Non esiste un partito che si chiude, c'è bisogno di un partito che riflette, fa un'analisi seria, approfondita, senza sconti. La sconfitta che abbiamo di fronte è diversa dalle precedenti due, perché le due precedenti erano a ridosso del Covid, dopo la vicenda che ha riguardato la giunta Oliverio con un partito commissariato, con delle coalizioni improbabili, il centrosinistra diviso, non c'era una coalizione ampia. Adesso noi abbiamo perso nettamente, però si è visto anche un tentativo di costruzione di una coalizione».

Sebi Romeo dopo il responso delle urne regionali non fa sconti al suo partito e salva solo la volontà di creare una coalizione più ampia nel centrosinistra, che comunque deve fare i conti con un risultato ancora una volta negativo.

Per il dirigente Dem non si è fatto in tempo a ragionare con i calabresi di una proposta politica, di un programma - «probabilmente sono stati commessi degli errori» ammette – ma è stato l'azzardo del Presidente Occhiuto, secondo Romeo, a colpire lo schieramento di centrosinistra, mettendolo in difficoltà: «Perché quando tu devi fare le liste e Ferragosto, di fronte a una macchina di potere che governa il paese e la Calabria, vai in difficoltà.

Non dico queste cose per cercare giustificazioni, perché non ve ne sono. Noi dobbiamo fare un'analisi approfondita, netta e senza sconti, e tuttavia fare analisi del voto vuol dire riferirsi ad alcune cose che secondo me sono strutturali, nel rapporto tra la Calabria e il centrosinistra, la sinistra democratica, le forze riformiste».

Il riferimento è al voto delle scorse politiche e poi alle europee, nel quale la richiesta di protezione sociale si è indirizzata molto al PD e ai 5 Stelle, i 5 Stelle sono stati il primo partito in Calabria, alle politiche e alle europee, il PD ha avuto un 15%, «la somma delle forze dava una Calabria con le forze progressiste davanti a quelle del centrodestra; alle regionali è avvenuto il contrario, chi aveva necessità di protezione sociale, e gli ultimi dati di Istat sulla povertà in Calabria ci segnalano questo dramma sociale, si è rivolto ai candidati e alle liste più radicati sul territorio, più a contatto, più facenti parte di liste considerate moderate, non hanno rivolto a noi lo sguardo e noi dobbiamo capire il perché».

Un «processo profondo» lo chiama Romeo, che è avvenuto in Calabria e che è oggetto di studio delle Università e dei grandi istituti, «ne cito uno, Cattaneo, che ha iniziato a pubblicare qualcosa»: «poi il voto delle donne, perché le donne hanno votato prevalentemente Occhiuto, ma sono anche la parte di mondo che si è astenuta di più, i giovani che hanno votato prevalentemente Occhiuto, i laureati che hanno votato prevalentemente Tridico.

Allora se noi vogliamo fare un'analisi dobbiamo studiare i dati, per capire la società, perché se il PD oggi ha un problema, in Calabria sicuramente, ma credo anche nel paese, è quello di capire la società che ci circonda, se tu non la comprendi nella sua multiforme, frammentazione, non puoi rappresentarla, se tu non la rappresenti non prendi il voto o comunque non susciti quella speranza e le persone rimangono a casa».

Dunque, per Sebi Romeo è positivo che questa volta si stia provando a fare un’analisi del voto più approfondita, «è un fatto in controtendenza rispetto agli ultimi anni» ammette il dirigente Dem che poi fa notare a Reggio sia successo un disastro: «vi è una proporzione enorme, il voto ci dà tre Calabrie, nella circoscrizione sud noi veniamo doppiati e vi sono delle ragioni e vi sono delle responsabilità».

Responsabilità da ascrivere a questo nuovo campo largo che pure è partito come una sorta di laboratorio qui in Calabria?

«Il laboratorio deve continuare, dicevo prima che c'è bisogno di comprendere la società, ma senza una coalizione ampia, rappresentativa, che però sta attorno a un progetto politico, di avere il tempo anche di costruirlo con le associazioni di categoria, con i cittadini, con gli amministratori, c'è bisogno anche di fare una specie di maratona, perché non si può in due mesi inventare quello che invece ha bisogno di tempo, però senza un'alleanza, senza un Pd testardamente unitario noi non ne usciamo.

L'alternativa è possibile soltanto con un programma netto, serio, partecipato, approfondito e con una coalizione. Che è stata un'intuizione giusta. Il lavoro che il segretario regionale del partito ha fatto in questo senso, anche sganciando pezzi del centrodestra - voglio ricordare che Graziano e Denisi che erano parte della maggioranza di Occhiuto si sono candidati con noi - quindi il tentativo di aggregare, di disgregare, di allargare è stato fatto, evidentemente non l'abbiamo fatto in tempo, al netto dei nostri errori che ci sono e che vanno indagati tutti e fino in fondo».

Torniamo al Pd, venerdì il Peppe Panetta ha parlato di un partito sgangherato anche per via della non capillare presenza sul territorio, ma proprio per questo ha definito straordinario il risultato dei due seggi con Ranuccio e Falcomatà. Condivide la relazione del segretario provinciale?

«Il segretario voleva segnalare l'esigenza di ricostruire una presenza radicata del partito su tutto il territorio, 97 comuni e 97 circoli, questa è l'ambizione che abbiamo e adesso che finalmente avremo un periodo senza elezioni, abbiamo da poco celebrato il congresso provinciale, il gruppo dirigente farà questo lavoro di ricostruzione. Stava lì la sua considerazione fondamentale, il risultato, aver ottenuto due eletti ci fa enormemente piacere e ci consente di poter immaginare una ripartenza, il risultato elettorale non ci soddisfa naturalmente. Anche perché quando veniamo doppiati dal centrodestra una riflessione che facciamo, che dobbiamo fare, se un consigliere regionale residente a Caulonia arriva in città e batte il sindaco candidato noi abbiamo un problema. Eludere la realtà sarebbe folle da parte nostra».

Quindi è inutile negare che ci siano state tensioni durante la campagna elettorale, con Falcomatà su tutti che recentemente anche ai nostri microfoni ha detto di essere stato in qualche modo tradito, se non isolato. Lei che ne pensa?

«La tensione fa parte delle campagne elettorali, ma come in tutte le vicende, finita la campagna elettorale bisogna smettere la tensione. Falcomatà è stato sostenuto per 12 anni dal partito, con innumerevoli atti governativi, regionali, locali, nessuno è stato lasciato solo, è stata fatta una lista competitiva, contrariamente alle volte precedenti è stata fatta una lista con tante persone che correvano, anziché dire cose che fanno parte della fase concitata del dopo elezione, bisognerebbe innanzitutto ringraziare le persone che si sono impegnate, che si sono sacrificate, le tante militanti e i tanti militanti del Partito Democratico, le candidate e i candidati che si sono spesi, sapendo di non poter essere eletti e che hanno contribuito con il loro sforzo, con la loro candidatura al risultato dei due seggi.

Questo bisogna fare. Le altre cose bisogna lasciarle da parte, perché non ci sono apparati, se gli apparati ci sono, ci sono nelle istituzioni, perché è noto che è stato abolito il finanziamento pubblico e il partito non ha dipendenti. I dirigenti, i militanti, gli amministratori del PD hanno scelto liberamente per chi votare e hanno votato Ranuccio, Falcomatà, Nucera, Maesano, Floccari, Rodi Morabito, liberamente.

Io consiglio di smettere le polemiche, perché alle persone non interessano e perché le analisi vanno fatte con la realtà e bisogna dire la verità e consiglio in questa fase, se mi è consentito, con il centrodestra che ha già in campo il candidato per le prossime comunali, di concentrarci insieme a come garantire alla città un'alternativa alla destra, perché questo è il tema che abbiamo davanti, non quello di dividerci, ma quello di unirci per battere la destra e consentire a Reggio un futuro di progresso e di libertà democratica.

Questo è il punto che noi abbiamo davanti, perché il prezzo che Reggio ha pagato al governo della destra lo conosciamo tutti, indietro non bisogna tornare».