Il regista messicano porta sullo schermo il capolavoro di Mary Shelley, ma tra effetti digitali e ricostruzioni troppo pulite, la Creatura perde il fascino oscuro e la potenza emotiva dello splendido romanzo
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Guillermo Del Toro voleva regalare al mondo il suo Frankestein perché l’estetica e la filosofia della storia calza a pennello con la sua idea di cinema.
Ma la tendenza di molti cineasti a soggiacere alla seduzione delle nuove tecnologie e a un manierismo seduttivo, da un punto di vista visivo, pesa, eccome sull’opera di Del Toro che è quasi ipnotizzato dalle suggestioni vittoriane senza riuscire, però a trasmetterle con lo stesso ardore.
L’entusiasmo con cui molti hanno gridato al capolavoro porta a pensare che molta gente non conosceva, o non aveva finora goduto a fondo, della potenza dello scritto di Mary Shelley. Forse sarà questa l’occasione per recuperare un libro straordinario nato in una notte di tempesta in Svizzera, nella villa di Lord Byron sul lago di Ginevra, quando Mary, Percy Shelley, Polidori e lo stesso Byron si sfidarono a scrivere una storia di fantasmi.
Fu allora che la Creatura nacque per ingannare la noia, e con lei le paure che serpeggiavano in quei tempi, nelle menti degli uomini esaltati e spaventati da un progresso che sembrava poter vincere su tutto.
Elettricità, vapore, macchine. Tutto, all’improvviso, stava cambiando pelle. Gli esperimenti di Galvani (le famose contrazioni delle gambe di rana pervase da corrente) e le teorie di Darwin facevano sognare un mondo nuovo.
E ogni volta che questo accade - quando la scienza apre porte nuove che si spalancano sull’ignoto - gli artisti, quelli veri, quelli che hanno antenne speciali che captano i segnali che arrivano dai fondali dello spirito umano, scrivono storie che non ricopiano gli eventi, ma portano talmente lontano da rendere la visione del presente incredibilmente nitida.
Così fece Mary Shelley, scrivendo il primo romanzo di fantascienza della storia della letteratura. Era il 1818.
Frankenstein nacque da una domanda, così come tutte le buone storie: “Cosa accadrebbe se l’uomo strappasse a Dio il potere della Creazione?” E infatti la prima versione del romanzo si chiamava Il moderno Prometeo, l’uomo che sfidò gli dei peccando di hybris, rubando loro il fuoco. Frankenstein, lo scienziato, il pensatore, il novello Prometeo, per seguire la sua avida conoscenza, dà la vita e la strappa alla morte. Chi, se non un Dio, può tanto?
Ma di quella Creatura, nata nell’elettricità della Natura piegata alla ragione, cosa ne farà? È solo un corpo con un cuore che batte, o è un uomo con un’anima?
Nasce così il conflitto tra padre e figlio: tra il creatore indifferente e la Creatura, essere senza nome, assetata di amore e approvazione.
Fin qui, il romanzo.
Tornando al film: Guillermo del Toro sa che può fare tutto, tutto quello che vuole. Il confine tra immaginazione e realizzazione visiva è ormai inesistente. Quello che non può raffinare l’effetto digitale classico, può limarlo l’AI. Un castello gotico è un insieme di prompt, così un tramonto.
Ma è una cinematografia finta, facile. Il vittoriano, quello sporco vittoriano di carbone e merletti, mattoni e nebbia, lascia spazio qui a una ricostruzione fiabesca, pulita e fresca. Un lenzuolo stirato.
La Creatura, così come costruita e abbigliata, sembra, al principio, un alieno: corpo esile, accenno di addominali, pelle grigia liscia, addosso un paio di mutande che sembrano boxer. Troppo perfetta per essere imperfetta.
Dov’è il sangue, dov’è la morte che puzza di rimorso? Se ne trovano vaghe tracce, annacquate dalla fretta di raccontare tutto. È più affascinante il Frankenstein di Branagh; anche la Creatura in Penny Dreadful è molto più fascinosa (e mi ha regalato uno dei finali più belli visti in televisione).
Quelli del passato erano dei veri set: vedevi una porta in legno e cigolava, vedevi la neve e sentivi freddo. Non so se mi spiego.
Ecco, questo Frankenstein, lascia indifferente e insoddisfatti: non si gode della sontuosità e mancano ruggine e ingranaggi; non stupisce la crudeltà della trama - almeno per chi negli anni ne ha goduto leggendo il romanzo -, né la rabbia, quando la prima tenerezza che conosce la Creatura viene spezzata dalla violenza, perché anche questo turbamento è ben noto.
Chi desiderava essere stupito ne sarà deluso perché niente nel film è bagnato di estasi e delirio.

