Coronavirus, studio italiano individua i geni che aumentano il rischio contagio

Punto cruciale la variabilità del virus, che si presenta senza sintomi in alcune persone e porta altre a gravi conseguenze e addirittura alla morte: «Abbiamo pensato fin dall'inizio che fosse la genetica dell'ospite a fare la differenza»

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di Redazione
7 giugno 2020
16:27

È grazie ad uno studio genetico italiano, il primo al mondo, che si è stretto il cerchio intorno ai geni che determinano la diversa suscettibilità delle persone al Covid-19: i primi 'indiziati' sono stati individuati grazie all'intelligenza artificiale presso l'Università di Siena nell'ambito del grande progetto di ricerca Gen-Covid, che attraverso la collaborazione di 35 ospedali di tutta Italia analizzerà il Dna di 2mila persone entro l'estate. I risultati ottenuti sui primi 130 pazienti sono presentati alla conferenza della Società europea di genetica umana.

«Abbiamo usato un approccio completamente nuovo che valuta il singolo paziente: così sarà più facile trovare terapie personalizzate contro il Covid-19», spiega Alessandra Renieri, professore all'Università di Siena e direttore dell'Unità di genetica medica all'Azienda ospedaliero-universitaria Senese. «In Italia abbiamo avuto la sfortuna di fare da apripista con i nostri pazienti: ora speriamo di poter fare altrettanto come scienziati».


L'estrema variabilità della malattia Covid-19 è uno degli aspetti più oscuri della pandemia. Alcune persone infettate dal nuovo coronavirus sono del tutto asintomatiche, altre hanno una sindrome influenzale, altre ancora sviluppano conseguenze gravissime che portano alla morte. «Abbiamo pensato fin dall'inizio che fosse la genetica dell'ospite a fare la differenza - spiega Renieri - e diversi studi hanno poi dimostrato che la gravità della malattia dipende al 50% da fattori ereditari». Per scoprire quali fossero, sono stati condotti diversi studi genetici mettendo a confronto il Dna di persone malate di Covid e persone sane, ma i risultati sono stati deludenti.

 

«Abbiamo quindi deciso di cambiare metodo, provando a valutare ogni paziente come un caso a sé, proprio come facciamo da anni nello studio delle malattie genetiche rare - precisa la genetista -. Abbiamo scomposto il Covid nei vari organi che colpisce, valutando se nel singolo paziente fosse grave o lieve dal punto di vista polmonare, epatico, cardiovascolare e così via. Poi abbiamo esaminato il Dna: ogni individuo presenta oltre 50mila varianti genetiche, e per semplificarne lo studio abbiamo deciso di valutare le varianti più significative analizzandole secondo un sistema binario, proprio come fanno i computer: il gene vale 0 se è intatto, vale 1 se è alterato».

 

Questa mole di dati, rielaborata grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale, ha permesso di trovare in ogni malato una media di tre geni mutati che sembrano influire sulla suscettibilità al coronavirus dei singoli organi o apparati. «Di questi geni – conclude Renieri - alcuni sono già bersaglio di farmaci attualmente disponibili sul mercato che potrebbero avere una nuova indicazione contro Covid».

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