Gli ultimi tristi accadimenti circa l’avvelenamento da botulino ha fatto scattare l’allarme, il pericolo che si potrebbe correre è elevato e ha creato una sostenuta diffidenza anche nelle attività che esercitano lo street food. È altrettanto vero, però, che una rondine non fa primavera, l’eccezione questa volta non conferma la regola. Com’era bello andare in credenza e tra i tanti disponibili, scegliere il vasetto di salsa o di sott’oli che la mamma aveva preparato. Erano pronti per arricchire la tavola quando si riceveva ospiti non preventivati insieme a del buon salame nostrano insieme a del pane sfornato da poco dal forno vicino casa, bagnato da un bicchiere di vino “rigorosamente” dal vigneto autoctono.

Oggi parliamo di supermercati, di scaffali che mostrano di tutto e di più, anche con prodotti fuori stagione ma che sono là in bella vista pronti per essere consumati. Le dolenti notizie per i recenti episodi purtroppo anche letali riportano in auge un argomento, o meglio, una tradizione che necessariamente deve essere riveduta.

La bontà delle conserve fatte in casa e i rischi

Proprio queste notizie, che hanno portato alla ribalta il pericolo del botulino, fanno riaffiorare alla memoria la preparazione di diverse scorte alimentari che impegnavano le nonne, (questo era il periodo della massima concentrazione) per confezionare le scorte per l’inverno utile a riempire le credenze. Ripercorrendo le tradizioni culinarie del passato, impossibile non pensare ai sapori autentici, alle ricette e alle lavorazioni tramandate nell’arte di preparare le conserve fatte in casa. Gli odori delle varie procedure di preparazione erano quasi come un segnale che l’estate era finita; le confetture, i sott’oli, la salsa di pomodoro e le verdure sprigionavano i loro delicati aromi che riempivano i vicoli. Tutto era di previsione, pronto per nutrire la famiglia nei mesi invernali attraverso un’usanza preziosa che ha comunque sempre nascosto un rischio serio e spesso sottovalutato, il rischio mai sopito del botulino.

Nell’ignoranza dei tempi antichi, la pericolosità della neurotossina del botulino prodotta dal batterio Clostridium Cotulinum era l’ultimo dei pensieri. Se è vero com’è vero che tutto veniva lavato con scrupolo, il batterio criminale che si trova comunemente nel suolo, nella polvere e nei sedimenti può facilmente contaminare frutta e verdura azionandosi con l’assenza di ossigeno e bassa acidità, elementi che sono presenti all’interno dei barattoli sigillati in casa.

I consigli

Seppur “professori” nell’arte di conservare gli alimenti, ai nonni mancavano le conoscenze scientifiche moderne sui rischi legati a una conservazione non corretta. Una buona procedura preliminare all’invasamento dovrebbe prevedere una sterilizzazione dei barattoli e dei loro coperti, anche con una semplice bollitura, l’importante che la stessa venga praticata per lungo tempo poiché le spore del Clostridium Botulinum sono molto resistenti al calore. Serve fare attenzione anche all’acidità del conservato, sottaceti e confetture ad alto contenuto di zucchero genericamente sono sicuri poiché l’acidità (nel caso dei sottaceti) e l’alta concentrazione di zuccheri (nel caso delle confetture) inibiscono la crescita del batterio.

I rischi aumentano con la preparazione di conserve a bassa acidità, come sott’oli e salsa di pomodoro, in questo caso sarebbe utile aggiungere un acidificante come il succo di limone. Molto indicato, per inattivare la tossina botulinica, è sottoporre gli alimenti conservarti a una temperatura elevata per un tempo prolungato. Forse, in questo, i nonni erano preparati; scorre nei ricordi quando si “bollivano” le bottiglie di salsa, la bollitura doveva essere continua e costante almeno per 4 ore, in fusti trasformati in pentoloni posati su un treppiedi in ferro e con sotto la fiamma ardente che veniva costantemente alimentata con legna. Oggi, soprattutto con le conoscenze apprese in questi ultimi mesi, l’unico metodo per individuare una probabile contaminazione è affidato all’occhio, all’osservazione del barattolo.

La tossina è insapore, incolore e inodore ma lo sviluppo del batterio può alterare l’aspetto del barattolo. Se presenta un coperchio gonfio, una perdita di liquido, la presenza di bolle d’aria o un odore anomalo (raramente percettibile), la conserva è da gettare immediatamente. Riuscendo a coniugare le tradizioni e le ricette antiche con alcune regole moderne, si possono continuare a preparare le conserve in modo sicuro.

Fondamentale è utilizzare ingredienti freschi e puliti, sterilizzate i contenitori (anche solo con una ebollizione prolungata), rispettare le ricette che prevedono l’aggiunta di acidificanti o l’uso di ingredienti ad alta acidità per prevenire la proliferazione del batterio, evitare di riutilizzare i coperchi delle conserve che potrebbero non garantire più una chiusura ermetica e far raffreddare i barattoli capovolti per verificare che si sia creato il sottovuoto.

Il passato non si può cancellare, anche la sola preparazione delle scorte è un patrimonio. L’eredità delle conserve fatte in casa è un tesoro culinario che possiamo e dobbiamo continuare a tramandare ma con la consapevolezza dei rischi. Valorizzare la tradizione aggiornandole con le conoscenze scientifiche che ci permettono di proteggere la nostra salute. Una bella sintesi unendo il sapore del passato e la sicurezza del presente. Viva le nonne, sempre.