Solo la metà dei cittadini segue le terapie in modo costante e appropriato. Il resto si divide tra chi le salta raramente (35,6%), occasionalmente (11,5%) e un 1,5% che non le segue affatto.

Lo rileva l’Indagine civica sull'aderenza terapeutica di Cittadinanzattiva, condotta su 547 pazienti e rappresentanti di associazioni e 2.228 professionisti sanitari. Le ragioni principali della scarsa aderenza, secondo i pazienti, sono di tipo psicologico: senso di dipendenza dal farmaco (28,3%), mancanza di motivazione (20,8%), percezione di non essere in pericolo reale (20,2%).

«L'aderenza terapeutica è un fenomeno complesso e, in quanto tale, necessita di interventi personalizzati e allo stesso tempo strutturali per garantire l'efficacia delle cure. Interventi che consentirebbero di contenere le spese economiche derivanti dalla scarsa aderenza alle terapie – spiega Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva – stimate in circa 2 miliardi di euro l'anno per il Servizio Sanitario Nazionale. Quanto e come il cittadino segua con costanza le terapie – aggiunge – è condizionato da fattori di carattere anagrafico, sociale, economico, di stili di vita, e dunque, accanto ad interventi di sistema finalizzati a integrare un modello di rete coordinato, di prossimità, supportato da strumenti digitali e capacità organizzativi, occorre puntare molto sul tempo che i professionisti possono dedicare al paziente e ai suoi caregiver».

Per migliorare la situazione, le associazioni indicano come priorità: il rafforzamento della comunicazione medico-paziente (22%), il coinvolgimento strutturato delle Associazioni nei percorsi assistenziali (18%), la necessità di educazione terapeutica e informazione capillare (16%), il bisogno di formazione e supporto ai caregiver e ai volontari (12%), riconosciuti come attori centrali nei percorsi di aderenza. I pazienti chiedono invece supporto personalizzato e una relazione più continua con il medico. Dal lato dei professionisti, emergono criticità significative: la mancanza di tempo per dialogare con i pazienti (lo segnalano il 53,2% degli infermieri, il 45,9% dei medici di medicina generale, il 48,5% dei farmacisti ospedalieri e il 35,3% degli specialisti), la scarsa interazione tra colleghi e una formazione insufficiente sul tema.

La digitalizzazione procede inoltre a rilento: gli strumenti di monitoraggio sono usati soprattutto dai medici di medicina generale (58,1%) e dai farmacisti ospedalieri (42,6%), mentre specialisti, infermieri e farmacisti di comunità continuano a ricorrere in gran parte a modalità tradizionali. Mancano poi anche protocolli strutturati, assenti per oltre la metà dei professionisti coinvolti. Per questo Cittadinanzattiva propone un Piano d'azione basato su quattro assi (governance, digitalizzazione, organizzazione dei servizi e aspetti relazionali della cura): riconoscere l'aderenza come indicatore Lea; potenziare interoperabilità e strumenti digitali come alert e reminder; rafforzare la rete multiprofessionale e la prossimità dei servizi; valorizzare il tempo di dialogo e gli interventi relazionali, con il coinvolgimento di assistenti sociali, infermieri di famiglia e associazioni di pazienti.