Ospedali sottodimensionati, emergenza-urgenza scoperta e personale che abbandona: tra dati Istat e rapporti Lea, il sistema regionale mostra falle strutturali e organizzative che pesano su pazienti e bilancio pubblico
Tutti gli articoli di Sanità
PHOTO
Si sa, uno degli argomenti preferiti in campagna elettorale è la sanità che, in Calabria, com’è purtroppo altrettanto noto, è una disgrazia che atterrisce. Qualche dato.
Nel 2024, la Calabria aveva un tasso di mortalità evitabile (indicatore che include decessi nella fascia di età 0-74 anni potenzialmente evitabili con prevenzione, diagnosi precoce, terapia efficace, igiene e assistenza) significativamente superiore alla media nazionale. L’ISTAT ha registrato, nelle città metropolitane meridionali, una mortalità evitabile superiore alla media di 20,4 casi ogni 10.000 abitanti (contro 19,2 nella media nazionale).
Inoltre, specificamente per Reggio Calabria, quasi un paziente su quattro è costretto a spostarsi fuori provincia per ricevere cure sanitarie adeguate. Questa mobilità evidenzia la carenza dell’offerta territoriale e la diffusa difficoltà di accesso alla cura vicino al domicilio.
Le liste d’attesa, come tutti possono testimoniare, restano un problema serio. Sebbene circolino notizie di attese protrattesi fino a 18 mesi, i dati più dettagliati confermano attese estremamente lunghe per esami fondamentali. Eccone qualcuno relativo all’Annunziata di Cosenza:
- 184 giorni per una risonanza magnetica addome con e senza contrasto (nel 2022 erano 142).
- 177 giorni per una prima visita gastroenterologica (erano 150 nel 2022).
- 174 giorni per un ecocolordoppler (erano 58 giorni nel 2022).
- 166 giorni per una visita neurologica o un’esofagogastroduodenoscopia.
Curiosamente, un'indagine recente ha evidenziato che, per determinate prestazioni in alcune Asp, i tempi di attesa risulterebbero “eccellenti”: addirittura si parla di visite oncologiche o ginecologiche in un giorno, ma l’attendibilità di questi dati è contestata.
Nessuno può negare che gli ospedali si trovino in condizioni critiche. Il sistema sanitario calabrese, come denunciato dal rapporto sui Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), risulta insufficiente in almeno due macro-aree (Prevenzione e Distrettuale).
Il sistema soffre inoltre per l’elevato tasso di ospedalizzazioni inappropriate, una delle conseguenze della carenza strutturale del territorio, della disomogeneità dei servizi e dell’assenza di alternative valide all’ospedale. L’ISTAT non fornisce dati aggiornati, ma le analisi più generali indicano che la Calabria è tra le regioni con mortalità evitabile decisamente superiore rispetto alla media nazionale.
Le ragioni di questa situazione (carenza di personale, fragilità della rete territoriale, disomogeneità, mancanza di alternative praticabili) generano conseguenze immediate:
- ricoveri impropri che appesantiscono gli ospedali;
- aumento dei costi per il sistema pubblico;
- peggioramento continuo della qualità delle cure.
Sul fronte delle assunzioni, pare che la regione abbia bandito nel 2023 un concorso per 145 posti di Dirigente Medico in area emergenza-urgenza. Da ciò sono risultati idonei 106 candidati, di cui 90 hanno scelto la sede di destinazione. Tuttavia, molti vincitori – inclusi diversi specializzandi – non sono stati assunti a tempo indeterminato. Ne è conseguito che l’area dell’emergenza-urgenza è rimasta sottodimensionata rispetto ai fabbisogni reali.
Un ulteriore nodo riguarda la persistente fuga dei famosi medici cubani una volta assunti. L’iniziativa, avviata nel 2022 con la firma di un accordo fra la Regione Calabria e la società cubana "Comercializadora de Servicios Medicos Cubanos S.A.", aveva previsto fino a 497 medici cubani in servizio nella regione; tuttavia, nel maggio 2025, ne risultavano attivi circa 370.
Il consigliere regionale Ernesto Alecci ha più volte segnalato casi concreti di medici che, dopo essere stati assegnati a strutture pubbliche – come quella di Vibo Valentia –, hanno abbandonato il servizio per trasferirsi in cliniche private, attratti da migliori condizioni lavorative: ambienti più moderni, ferie rispettate, meno turni massacranti e un salario che non “vola via” verso Cuba. Alcuni, inoltre, hanno fatto rientro a Cuba dopo le ferie o si sono spostati in altri Paesi europei. Tali dinamiche sollevano dubbi su efficacia e sostenibilità del progetto di cooperazione sanitaria, ponendo l’accento sulla necessità di misure contrattuali e organizzative più solide per favorire reale integrazione e stabilità del personale.
Insomma, non solo la Calabria è lontana dalla piena attuazione dei LEA, ma resta ancora in emergenza sia strutturale sia finanziaria, con mobilità sanitaria elevata, lunghe attese e rischio di ritardi nelle diagnosi e nei trattamenti, specialmente per i malati oncologici o i pazienti cronici. Se tutto ciò è vero, possiamo sostenerlo con franchezza, noi non siamo governati: siamo – nel migliore dei casi – abbandonati.
Ah, nessuna opinione, solo dati di fatto.