Un fiume di luci attraversa la città per dire no. Il vicepresidente della Cei: «Chi è neutrale è complice. Il cambiamento dipende da noi»
Tutti gli articoli di Sanità
PHOTO
Sabato 27 dicembre un fiume di luci ha attraversato le strade di Castrovillari, trasformando la protesta in un gesto collettivo di speranza e determinazione. Dal piazzale antistante l’ospedale cittadino, il corteo si è snodato lungo Via Roma fino al Palazzo di Città per gridare, a una sola voce, «l’ospedale non si tocca» e dire no al depotenziamento di un presidio sanitario vitale non solo per la comunità locale, ma per l’intera area nord della Calabria.
La fiaccolata, organizzata da un comitato formato da diverse associazioni, ha chiamato a raccolta cittadini, rappresentanti istituzionali, associazioni e imprenditori. Tra i presenti anche il consigliere regionale Ferdinando Laghi, da sempre attento e scrupoloso baluardo sulle questioni sanitarie del territorio.
A dare voce e vigore alla mobilitazione è stato monsignor Francesco Savino, vescovo della diocesi di Cassano all’Ionio e vicepresidente della Cei, che ha pronunciato un discorso intenso, definendo il diritto alla salute come il pilastro fondamentale della democrazia. Il presule ha esordito con un forte richiamo alla responsabilità individuale, rifiutando ogni forma di indifferenza:
«E non può rinunciare al suo impegno, e non può rinunciare soprattutto a dire a se stesso noi da che parte stiamo, perché oggi chi è neutrale rispetto all’organizzazione sanitaria in Calabria vuol dire che è complice. Perché non esiste la neutralità».
Monsignor Savino ha quindi rivolto un appello corale a tutte le forze vive del territorio – dalla società civile ai sindaci della provincia di Cosenza, dagli imprenditori agli uomini e alle donne di Chiesa – sottolineando che il diritto alla salute precede ogni altro diritto, civile o sociale:
«Se non c’è il diritto alla salute, tutti gli altri diritti vengono meno. Su di esso si gioca la nostra civiltà».
Particolarmente toccante il passaggio dedicato al “grido” dei calabresi costretti ai viaggi della speranza. Il vescovo ha raccontato delle telefonate quotidiane di persone che chiedono aiuto per curarsi fuori regione, al Gemelli o a Bari:
«Questo non è possibile perché voi calabresi meritate di più. Meritate molto, molto di più. La democrazia di questa regione bellissima si gioca proprio sul diritto alla salute».
Per denunciare le drammatiche inefficienze del sistema sanitario, Savino ha condiviso la storia di una ragazza di 26 anni con sospetto neuroblastoma, alla quale era stata prospettata una Pet dopo 14 mesi. «Tra 14 mesi probabilmente non ci sarò più», gli disse la giovane, scomparsa pochi mesi dopo a causa di una diagnosi tardiva. Un esempio che, secondo il presule, rivela l’esistenza inaccettabile di “corsie preferenziali” contrapposte ai diritti dei più fragili.
Monsignor Savino ha annunciato l’intenzione di scrivere una lettera ufficiale per chiedere verità e chiarezza sul futuro dell’ospedale di Castrovillari. Ha ricordato come, dieci anni fa, sarebbero bastate poche risorse umane per trasformare la struttura in un’eccellenza, elogiando medici e infermieri che «fanno miracoli con le poche forze a disposizione». Da qui l’appello a una riforma strutturale che integri ospedale e territorio:
«Qual è in Calabria il rapporto tra medicina ospedaliera, poliambulatorio, casa della salute e medicina di comunità? Molte problematiche potrebbero essere risolte con i servizi domiciliari, a casa».
Il messaggio finale è stato un invito a superare individualismo e catastrofismo. Credere che nulla possa cambiare, ha ammonito il vescovo, significa fare «un favore al potere».
«Il cambiamento ha il nome e il cognome di ciascuno di noi. È l’ora dell’insieme, della corresponsabilità collettiva. Se diventiamo comunità, faremo capire a chi ci governa che non siamo cretini».
Citando un poeta, monsignor Savino ha concluso con un augurio di speranza e impegno concreto: «Dobbiamo osare l’aurora. L’alba di una migliore organizzazione sanitaria dipende da ciascuno di noi. Io come vescovo ci sto oggi e ci sto domani».

