Antonio Buscè è tornato in Calabria con un compito chiaro: rimettere in piedi il Cosenza Calcio dopo la retrocessione in serie C e ridare entusiasmo a una piazza ferita. Intervistato da Cosenza Channel, il tecnico rossoblù ha parlato dell'avvio di stagione, del lavoro sul gruppo e delle prospettive del campionato.

«Abbiamo cercato di creare entusiasmo sin dal primo giorno», spiega Buscè. «Questo gruppo sta mettendo tutto sé stesso per far sì che le cose vadano per il verso giusto, nonostante le difficoltà. Credo che la strada sia quella giusta».

Uno dei primi obiettivi raggiunti, secondo l’allenatore, è stata proprio la coesione dello spogliatoio: «Dal primo momento io e il mio staff abbiamo capito che mancava lo spirito di gruppo. Ci siamo messi a sistemare questo aspetto ancor prima di pensare agli allenamenti. Il nostro compito è anche quello: creare un’identità nello spogliatoio, dove nei momenti difficili ci si aiuta e ci si sacrifica l’uno per l’altro. Questa è la base su cui costruire una stagione importante».

L’allenatore rossoblù racconta il lavoro sul gruppo, il sogno di un Marulla pieno e la voglia di riscatto dopo la retrocessione

«Una rosa valida, ma senza proclami»

Buscè ha ereditato un organico retrocesso dalla serie B ma con tanti elementi di qualità. «Nella nostra rosa ci sono giocatori validi sotto tutti i punti di vista. Certo, rispetto a corazzate come Catania, Salernitana o Benevento, qualcosa ci manca. Ma questo non significa che non possiamo fare un ottimo percorso. Sappiamo che dobbiamo fare doppia fatica rispetto ad altri, ma ci conforta il fatto che siamo un gruppo coeso, che lotta, che ha fame».

Nonostante i cambiamenti tattici – dal 3-4-2-1 iniziale al 4-3-2-1 – il Cosenza ha mantenuto un’identità riconoscibile: «Questi ragazzi mi seguono. Hanno voglia di riscatto, ma non per dimostrare qualcosa all’esterno. Vogliono dimostrare a sé stessi di poter fare un campionato all’altezza del nome Cosenza. Qui c’è fame di calcio e dobbiamo rimanere sempre con i piedi per terra. Guai a pensare di non poter più migliorare, perché diventare presuntuosi innesca cadute pericolose».

«Atalanta? Una sconfitta che ci farà crescere»

Sul piano del gioco, il mister ha sottolineato l’importanza dell’intensità: «Quando giochiamo con ritmi alti e verticalizzazioni rapide mettiamo in difficoltà gli avversari. Con l’Atalanta U23, invece, è mancato qualcosa. Non tanto nelle motivazioni, ma nell’approccio. Venivamo da tre vittorie consecutive e inconsciamente volevamo chiuderla subito. Però quella era una partita-trappola: tanti giovani, tanta spensieratezza e qualità. Io conosco bene il settore giovanile dell’Atalanta, li ho affrontati ai tempi dell’Empoli: diversi di quei ragazzi faranno strada. Queste sconfitte servono per crescere».

«Cosenza mi ha accolto bene. Ma senza tifosi non è calcio»

Buscè si dice soddisfatto dell’esperienza a Cosenza, sia personale che professionale: «Mi trovo bene, ho portato anche la mia famiglia. Sono una persona semplice, sono qui per lavorare. Questa terra ha fame di calcio e si sente. Le intenzioni sono ottime, da parte mia e da parte di tutti. Certo, la bacchetta magica non ce l’ha nessuno».

Ma sullo sfondo resta il nodo del rapporto con la tifoseria, che diserta le partite casalinghe per protesta contro la società. «Senza tifosi non è calcio», commenta Buscè. «La cosa più bella sarebbe vedere il “Marulla” pieno, a supportare la squadra. I tifosi sono parte integrante di un club, anche nel dissenso. Ma quest’anno è un’annata particolare: questo gruppo si è ricompattato dopo la delusione della retrocessione, stiamo facendo sacrifici enormi. Sarebbe bello vedere riconosciuto questo impegno. Questi ragazzi se lo meritano».

L’allenatore chiude con un appello implicito: «Io non chiedo nulla, ma invito a guardare questi giocatori per quello che sono: un gruppo che si sacrifica, che ha voglia, che combatte. Il sostegno del pubblico può fare la differenza. Ma noi, con o senza, continuiamo a lavorare a testa bassa per fare il meglio possibile».