In occasione della giornata per l’eliminazione della violenza di genere, le associazioni cosentine manifestano fra i cubi: «Qui non ci sentiamo tranquille neanche di giorno»
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«Nessuno spazio alla violenza». È solo lo striscione che apre il corteo, ma ci sono tanti altri cartelloni. «Non è raptus, è patriarcato», «Se toccano una reagiamo tutte», e poi le contestazioni al governo, «Vogliamo l’educazione sessuo-affettiva nelle scuole», «Governo complice di femminicidio». Si alzano tutti fra i cubi dell’Unical nel corteo organizzato in occasione del 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza di genere, al quale hanno partecipato un centinaio di manifestanti. Insieme a loro, anche le rappresentanti del Centro Antiviolenza “Roberta Lanzino”. Un percorso partito dal 25b, sede del Rettorato, arrivato alle pensiline e conclusosi al 18c, nell’aula studio liberata.
Ai nostri microfoni, l’attivista Maria Pia Scilinguo, di Collettiva Medusa, spiega perché questa manifestazione fosse necessaria proprio sul ponte dell’ateneo di Arcavacata: «Tuttora nei pressi dell’Unical, nonostante tanti anni di proteste, non c’è un ambiente sicuro. Siamo qui proprio per riappropriarci simbolicamente degli spazi notturni». Anche se, spiega ancora Scilinguo, «noi donne non ci sentiamo al sicuro neanche di giorno: molto spesso siamo soggette a sguardi e gesti non richiesti anche di mattina non solo da sconosciuti ma anche da docenti e personale amministrativo».
«Ragazze seguite di giorno e di notte»
Certamente, nel corso degli anni, non sono mancate le denunce. Anzi, diverse sono state quelle raccolte dalle associazioni del territorio che da tempo si occupano di questa problematica: «Anche sui social – spiega Scilinguo – vediamo diversi commenti di ragazze che denunciano fatti spiacevoli che avvengono nei quartieri universitari: spesso ci sono addirittura delle persone che le seguono di giorno e di notte, oppure che fanno atti osceni in luogo pubblico e turbano la quiete di chi vuole studiare o semplicemente farsi i fatti propri».
Denunce che continuano ad arrivare e che spesso si accavallano a una realtà complessa. Fra i cubi dell’Unical le donne non si sentono al sicuro. Un messaggio forte, chiaro e soprattutto preoccupante che da anni ormai arriva diretto dalle voci di chi si sente minacciata anche alla luce del sole.


