La sconfitta contro la capolista Nuova Igea Virtus scatena la contestazione più dura della stagione. Torrisi predica calma e lavoro, ma la piazza è esasperata: «Serve orgoglio e trasparenza»
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La Reggina affonda ancora, e questa volta lo fa davanti ai propri tifosi. Il Granillo ieri si è trasformato nel palcoscenico della contestazione più dura della stagione. La sconfitta contro la Nuova Igea Virtus, capolista del girone, ha scoperchiato definitivamente il vaso di Pandora di una squadra che ha smarrito identità, fiducia e, soprattutto, il rapporto con la propria gente.
Nel dopogara, Alfio Torrisi prova a difendere il gruppo e a tenere unito ciò che resta dell’ambiente: «Il mercato si apre a dicembre, ma dobbiamo pensare a quello che possiamo fare nell’immediatezza. La squadra ha qualità, ma serve tempo per conoscere meglio i calciatori e tirare fuori il meglio. In questo momento – ha dichiarato il mister – non ha senso parlare di mercato, è chiuso. L’unica cosa che conta è fare punti, e farli presto».
Parole pacate, quasi concilianti, di chi cerca di costruire nel caos. Ma anche la consapevolezza di trovarsi in un contesto difficile, dove la fiducia è ormai ridotta ai minimi termini. Torrisi, appena arrivato, chiede tempo e serenità, ma a Reggio la pazienza è finita da un pezzo.
Il vero dramma, però, non è solo sportivo: è emotivo. La Curva Sud, da sempre cuore pulsante del tifo amaranto, ha voltato le spalle alla squadra. Fischi, cori di protesta e volti cupi hanno accompagnato l’uscita dal campo dei giocatori, in un silenzio più assordante di qualsiasi grido.
Sui social è esploso il malumore: c’è chi parla di vergogna, chi invita a disertare lo stadio, chi annuncia di voler strappare l’abbonamento. È il segno di un amore tradito, di un rapporto spezzato.
La Reggina, per Reggio, non è mai stata solo una squadra di calcio: è un simbolo, un’identità. Ma oggi quella identità è incrinata, svuotata di orgoglio, trascinata in un limbo di delusione e rabbia.
I tifosi non perdonano più. Non perdonano le scelte societarie confuse, i proclami disattesi, le promesse evaporate nel nulla. Non perdonano un atteggiamento in campo che non rispecchia la storia e la dignità della maglia amaranto. E quando il pubblico del Granillo smette di credere, è il segnale più grave che una società possa ricevere.
Nel mirino della piazza ci sono tutti: il patron Ballarino, il Minniti, Praticò. La gente chiede chiarezza, rispetto e un segnale concreto. Ma dalla società arrivano soltanto dichiarazioni di facciata e nessun gesto che provi a ricucire uno strappo che appare ormai irreversibile.
Torrisi parla di lavoro, di fiducia, di tempo. Ma i tifosi chiedono ben altro: orgoglio, appartenenza, trasparenza. E finché queste due visioni resteranno così lontane, non basteranno le vittorie, ammesso che arrivino, per ricostruire ciò che si è rotto.
Perché gli amaranto possono anche perdere sul campo. Ma il Granillo non perdona e lo ha fatto capire chiaramente. Ora la Reggina deve decidere se voltare pagina o sprofondare definitivamente.

