VIDEO | Dopo gli appuntamenti degli scorsi mesi, la Fondazione Scopelliti torna accanto alle famiglie per costruire, insieme alle imprese, una rete stabile e concreta che guardi a formazione e lavoro. L’impegno della struttura ad assumere i primi ragazzi
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Lungo i viali assolati dell'Altafiumara Resort, affacciato sullo Stretto, si respira un'aria d'estate e di rinascita. Il progetto «Autentico Legame» è tornato in questo luogo carico di simboli, dopo il primo, toccante appuntamento di dicembre.
Non è solo una prosecuzione: è una ripartenza. Un nuovo inizio che ha il sapore della continuità e della responsabilità, perché da qui – da una finestra spalancata sull'infinito del mare – si è scelto di guardare oltre la giornata, verso il futuro.
L'iniziativa, promossa dalla Fondazione Antonino Scopelliti, è tornata a stringersi attorno alle famiglie, alle associazioni, agli educatori e ai bambini e ragazzi con autismo, con una convinzione ancora più chiara: costruire un percorso reale di inclusione che non si limiti a momenti celebrativi ma sfoci in opportunità concrete di vita, autonomia e lavoro.
«Abbiamo iniziato a Natale con questo autentico legame, iniziando a parlare di autismo in maniera diversa, inclusiva e dedicandoci del tempo. E lo facciamo con uno sguardo al futuro, dando la parola a chi questo mondo lo conosce da dentro», ha sottolineato con emozione Rosanna Scopelliti, introducendo l'incontro. Non un evento spot, dunque, ma un tassello di un percorso che la Fondazione ha scelto di costruire passo dopo passo, con alleati forti e visioni condivise.
Fra questi, Gaetano Bevacqua, imprenditore e cuore pulsante dell'Altafiumara Resort e Presidente del Polo Culturale, che ha voluto con forza ospitare questa seconda tappa del progetto, ma non solo: la struttura concretizzerà presto l’impegno di assumere nel proprio organico dei ragazzi autistici. «Oggi non è solo un incontro, ma un abbraccio sincero. Un momento per riscoprire l'ascolto, l'amore, la capacità di tendere la mano», ha detto con voce rotta dall'emozione, spiegando come l'accoglienza sia solo il primo passo di un progetto più ampio: offrire a questi ragazzi, attraverso formazione e inserimento, la possibilità di lavorare proprio all'interno della struttura. «Mi piace pensare che un giorno qualcuno di loro sarà in cucina, o a servire ai tavoli. E noi saremo fieri di far parte di questo pezzo della loro storia».
A dare forza e contenuto alla visione, la presenza dell'on. Davide Faraone, presidente della Fondazione Italiana Autismo, chiamato non solo in qualità di politico ma soprattutto di padre. «La sfida più grande è quella dell'autonomia. Non tutti i ragazzi autistici potranno raggiungere la piena indipendenza, ma molti, soprattutto quelli ad alto funzionamento, possono e devono essere messi nelle condizioni di lavorare, di costruirsi una vita».
Faraone ha ribadito come le istituzioni siano spesso il primo ostacolo: «La diagnosi precoce è fondamentale, ma ci sono bambini che aspettano mesi. Le liste d'attesa per le terapie, per la psicomotricità, sono interminabili. E così si parte in ritardo, compromettendo tutto il percorso». Poi un richiamo preciso: «Le leggi ci sono, alcune delle più avanzate al mondo. Ma la distanza tra ciò che è scritto in Gazzetta Ufficiale e ciò che accade nella vita reale è siderale. Servono operatori formati, enti locali preparati, assistenti sociali che sappiano accompagnare le famiglie. E servono soprattutto sindaci sensibili, capaci di trasformare la legge in accoglienza, in dignità, in futuro».
Un futuro che, come ha ribadito Rosanna Scopelliti, presidente della Fondazione, non può più essere affidato solo alla buona volontà delle famiglie. «Questa giornata è il frutto di un lavoro lungo, invisibile, ma incessante. Vogliamo costruire una rete vera, solida, tra le associazioni, le imprese e le istituzioni. Una rete che protegga e accompagni i ragazzi e le loro famiglie nel tempo». E poi lo sguardo si fa ancora più concreto: «L'Altafiumara può diventare un luogo di formazione professionale. Ogni reparto della struttura può accogliere almeno uno dei nostri ragazzi. Ma dobbiamo cominciare adesso, con percorsi pensati, progettati e costruiti con cura. Perché nessuno debba più essere lasciato indietro».
Le parole si intrecciano agli sguardi, quelli dei genitori presenti, dei volontari, degli educatori. E dei ragazzi, protagonisti silenziosi ma vitali di un pomeriggio che ha saputo essere leggero e profondo. Tra i giochi, i sorrisi, le risate, si è fatta largo un'idea semplice e potente: l'inclusione è un diritto, non una concessione.
Un passaggio cruciale è dedicato anche al "dopo di noi", tema su cui la Fondazione ha già avviato una progettazione. «Il dopo di noi è anche durante noi», ha detto Faraone. «È adesso che bisogna costruire il percorso, scegliere i luoghi, formare chi si occuperà dei nostri figli quando noi non ci saremo più. Non possiamo lasciare tutto all'incertezza». E ha aggiunto: «Io vedo troppo spesso famiglie abbandonate, assistenti sociali che non conoscono gli strumenti che la legge mette a disposizione. Bisogna iniziare da qui: formare chi ha la responsabilità di accompagnare questi percorsi».
Il cuore della giornata, però, rimane l'incontro, lo stare insieme, il potersi parlare senza filtri. L'iniziativa ha avuto anche questa forza: creare uno spazio di confronto reale, diretto, in cui genitori e istituzioni si sono potuti guardare negli occhi. «Siamo qui per accendere le luci, per evitare che qualcuno diventi invisibile», ha detto ancora Rosanna Scopelliti.
E mentre la giornata si avvia al termine resta forte la sensazione di essere parte di qualcosa che comincia, che non si esaurisce in un appuntamento. È una semina, come l'hanno definita gli organizzatori. Un seme gettato nel terreno della Calabria che guarda ai suoi figli più fragili non con pietà, ma con rispetto e fiducia.