Sul mistero del caccia caduto in Sila e i possibili legami con la strage di Ustica, di cui la nostra testata si è anche recentemente occupata, è intervenuto con una nota stampa Carlo Giovanardi, ex ministro Rapporti con il Parlamento.

«Sul caso del Mig Libico precipitato sulla Sila il 18 luglio 1980 il vero mistero è come dopo tanti anni continuino a circolare voci di mitomani, squilibrati, bugiardi condannati dai tribunali rispetto a quella che non è la "versione ufficiale" ma la semplice verità appurata al tempo senza alcun margine di dubbio. Cominciamo dalla autopsia condotta dai due professori che confermarono che la morte del pilota risaliva con certezza al 18 di luglio, data nella quale centinaia di persone videro il mig precipitare.

Successivamente i due cambiarono versione sulla data e per questo furono processati dovendo ammettere che avevano cambiato le carte in tavola (è tutto agli atti del processo) per favorire il titolare di Itavia Aldo Davanzali, loro compaesano. Ma se il Mig fosse caduto il 27 di giugno, come mai il cadavere del pilota, dopo un mese, in piena estate, venne trovato intatto? Ecco allora soccorrere un’altra ipotesi da fantascienza secondo la quale non precisati depistatori avrebbero prelevato il cadavere per trasportarlo a Roma presso l’Aeronautica Militare, tenuto in frigo per un mese per poi ricollocarlo sulla Sila».

«Avendo parlato a nome del Governo italiano in Parlamento di questa vicenda ringrazio Gianfranco Donadio per aver riassunto tutte le leggende metropolitane che continuano a circondare la storia del Mig. Storia che va inquadrata nelle vicende degli anni che vanno dalla fine 1979 al 27 giugno 1980.

Come è noto assieme al collega senatore Maurizio Gasparri potemmo, in qualità di membri della Commissione di Inchiesta Parlamentare sulla morte di Aldo Moro, consultare ed annotare presso i servizi le carte, allora coperte ancora dal Segreto di Stato, relative a quel periodo, a cominciare dal sequestro dei missili terra aria ad Ortona a Daniele Pifano ed al palestinese Abu Salek, referente dell'OLP a Bologna.

Le carte ricostruiscono le immediate proteste di Arafat per l'arresto e la detenzione dei due, con il leader palestinese che ricordava come in base ad un accordo Lodo Moro) i Palestinesi potevano far transitare armi in Italia in cambio dell'impegno di non compiere attentati.

Purtroppo i tentativi del Governo Italiano tramite il segretario Francesco Mazzola di far liberare Salek dai giudici de L'Aquila, che viceversa lo condannarono, fece precipitare la situazione, con l'ala estremista dell'Olp di Abu Abbas che deliberò la rappresaglia.

Il mattino del 27 giugno infatti da Beirut il colonnello Stefano Giovannone inviò un messaggio a Roma chiedendo di evacuare l'Ambasciata essendo ormai imminente un attentato.

Sino al Governo Conte queste carte erano coperte da segreto e per questo venni convocato a Roma dal Capo dei Servizi e dal Capo di Gabinetto che mi intimarono il silenzio per non ledere l'interesse nazionale. Ma successivamente i Governi Draghi e Meloni hanno tolto il segreto e queste carte sono consultabili all'Archivio di Stato. Invito Donadio a visionarle per un futuro prossimo pacato confronto tra la verità della bomba, certificata dai processi e dalle perizie, e le 34 diverse versioni di una battaglia aerea avvenuta soltanto nella testa di fantasiosi sceneggiatori (e depistatori)».