Chi crede che il mare profondo sia silenzioso dovrà ricredersi: gli abissi sono pieni di suoni, molti dei quali generati dall’uomo e potenzialmente disturbanti per la fauna marina. Il progetto Vongola, finanziato dal Pnrr e condotto dalle università di Catania e di Reggio Calabria, sta monitorando la costa jonica con sensori acustici ad alta definizione e telecamere: si tratta del primo sistema di questo tipo in Europa.

Il sensore, capace di rilevare persino il crepitio dei gamberetti, è collegato a un cavo in fibra ottica che raggiunge i 2.100 metri di profondità ed è già attivo da alcuni mesi. «Grazie a questo sistema abbiamo potuto rilevare il rumore provocato, a ottanta chilometri di distanza, da alcune bombe della Seconda guerra mondiale che sono state fatte brillare nello Stretto di Messina pochi mesi fa» spiega Alessia Tricomi al Venerdì di Repubblica, docente all’università di Catania e coordinatrice scientifica del progetto.

Il rumore, che in aria si è estinto dopo due-tre chilometri, si propaga invece esponenzialmente sott’acqua. «Il danno biologico causato da questi shock dobbiamo ancora comprenderlo a pieno», aggiunge Tricomi, sottolineando come attività come gli airgun utilizzati al largo dell’Egitto – cannoni ad aria compressa per ricerche petrolifere – abbiano fatto allontanare le balenottere, che di solito percorrono lo Stretto come rotta abituale: «Non abbiamo prove definitive, ma è probabile che siano infastidite da questi rumori».

Le telecamere del progetto stanno inoltre monitorando la presenza di specie invasive, talvolta pericolose per quelle autoctone, che vengono identificate e quantificate tramite intelligenza artificiale. I dati raccolti, insieme a quelli su temperatura, acidità, salinità e altri parametri, «aiutano a capire il legame tra il cambiamento del Mediterraneo e la rilevante diffusione, per esempio, di granchi blu e vermocane», un verme marino tropicale che sta colonizzando anche le nostre coste.

L’obiettivo finale è fornire informazioni utili a enti gestori e aree marine protette. E i gamberetti autoctoni? «Ne sentiamo moltissimi: è probabile che si trovino ancora meglio in un mare più caldo. Ma almeno quelli sono autoctoni» conclude la professoressa Tricomi.