NIcola Gratteri lo ripete spesso: quando un magistrato indaga sul traffico di cocaina viene elogiato, se spunta l’intercettazione di un politico iniziano le campagne mediatiche.

Eppure neanche ai tempi di Rinascita Scott o all’epoca della ventilata candidatura (mai presentata) a dirigere la Procura di Milano, le reazioni erano state così repentine. Le Lezioni di mafie del procuratore di Napoli andranno in onda in autunno su La7 ma i vertici del ministero della Giustizia sono già in agitazione.

Non si sa ancora molto del format (qualche anticipazione è stata pubblicata nei giorni scorsi da LaC News24) ma c’è una certezza: in via Arenula le fibrillazioni non mancano.

Non fanno nulla per nasconderlo il ministro Carlo Nordio e il suo vice Francesco Paolo Sisto. Al di là della differenza nei toni, l’idea del programma non fa impazzire (eufemismo) né l’uno né l’altro. Apparentemente si contraddicono. Sisto parla di episodio «inopportuno», Nordio dice che «è un pm, quindi una parte come l’avvocato, e ha tutto il diritto di dire quello che vuole». Entrambi utilizzano, però, l’esperienza televisiva del procuratore di Napoli per dire che implicitamente «legittima la nostra proposta di separazione delle carriere».

Per chiudere la questione sarebbe bastata la prima reazione a caldo di Gratteri: «Cosa c’entra la separazione delle carriere col fatto che condurrò una trasmissione?». Il punto, però, non è soltanto questo e il magistrato calabrese si incarica di evidenziarlo per rispondere alle critiche. Appena il tempo di ribadire che farà la trasmissione «gratis, durante le ferie» e subito si entra nel vivo: «Continuerò a farlo anche se dà fastidio a chi gestisce il potere».

Dal programma di Radio24 Uno, Nessuno, 100Milan Gratteri affronta le questioni sollevate da Nordio e Sisto. Il problema non può essere lo schema del format: «Le ragazze e i ragazzi mi fanno domande e io rispondo», come avviene spesso in decine di incontri pubblici nelle scuole o in occasione delle presentazioni dei libri. E allora forse la questione è la platea che La7 renderà raggiungibile. Senza scomodare la scienza delle comunicazioni, la considerazione è finanche banale: «Un libro arriva a 60-70 mila lettori. La televisione raggiunge almeno un milione e ottocentomila persone». È forse questo che spaventa?

Le reazioni politiche, poi, sono uno stimolo in più: «Se alcuni protestano, vuol dire che ho fatto la scelta giusta. Se avevo dei dubbi prima, me li hanno tolti loro».

Gratteri insiste sul punto: i magistrati non possono restare chiusi in una bolla. E qui la sua osservazione si fa quasi politica: «L’idea – spiega – è molto comoda a chi gestisce il potere. Il potere non vuole essere disturbato, non vuole critiche. Capisco l’irritazione, ma non mi interessa. Io ripeto come un disco rotto: in molti casi il silenzio è complicità. Stare zitti, fermi, per capire da che parte tira il vento è codardia».

È questo il nucleo del ragionamento che non risparmia considerazioni sulle mafie «sempre più pericolose» anche perché «il livello di morale si è abbassato drasticamente. Non c’è più rossore, non c’è più vergogna: c’è chi si prostituisce anche per 5.000 o 10.000 euro».

Considerazione a parte per l’osservazione di Sisto sull’inopportunità della sua esperienza televisiva: «Sisto mi ha criticato, senza fare il mio nome, perché vado in televisione. Allora io ho risposto: sei viceministro? Bene. Al ministero ci sono 12 magistrati, c’è un ufficio ispettivo. Mandane quanti vuoi, apri un procedimento disciplinare, così posso spiegare meglio, entrare più a fondo e mostrare le ragioni per cui lo faccio e continuerò a farlo finché avrò forza».

Sul piano tecnico Gratteri non mostra indecisioni: «Ho studiato la questione, ho chiesto pareri a persone autorevoli, molto più esperte di me. Nessuno ha riscontrato incompatibilità tra il mio lavoro e il programma televisivo».

L’invito a discutere resta, così come l’ipotesi che Lezioni di mafie apra una nuova strada: «Non è da escludere che ora, e me lo auguro, altri magistrati facciano la stessa cosa o che io faccia il bis e il tris». Seconda e terza stagione già in cantiere anche se per ora è soltanto una battuta. Per qualcuno suona come una promessa, per altri come una minaccia.