In una regione ferita da anni di crisi, emigrazione e abbandono la mobilitazione ha bucato il silenzio: studenti e mondo scuola in piazza a Cosenza e Catanzaro, operazioni bloccate al porto di Reggio. Un messaggio contro l’indifferenza che unisce il Meridione alle tante manifestazioni sparse in tutta Italia
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Le piazze italiane pulsano come ferite aperte. Oggi un urlo collettivo si è elevato contro l'indifferenza, un ponte di solidarietà che dal Nord al Sud unisce coscienze spezzate dalla tragedia di Gaza. Lo sciopero generale è un atto di resistenza umana, un rifiuto categorico del "genocidio" in corso – parole che riecheggiano nei cortei, nei binari bloccati, nelle aule vuote. Oltre 60 manifestazioni sparse dalla Val d'Aosta alla Sicilia, con stime che parlano di centinaia di migliaia di persone in movimento. A Roma, a Napoli, decine di migliaia di partecipanti – studenti, operai, docenti – hanno invaso le vie del centro, con ritardi e cancellazioni che hanno paralizzato treni e bus. A Milano scontri violenti si sono registrati alla Stazione Centrale, con manifestanti che hanno sfondato le barriere, un caos che la premier Meloni ha bollato come "immagini indegne", ma che per chi marcia è solo il prezzo di una rabbia legittima.
Ma è dal nostro Sud, da quella Calabria spesso dimenticata nei titoli dei giornali, che arriva oggi un'eco particolarmente commovente, un segnale che la solidarietà non conosce confini geografici né barriere economiche. In una regione ferita da anni di crisi, emigrazione e abbandono lo sciopero ha bucato il silenzio. Se il personale Trenitalia calabrese è esentato dall'agitazione per garantire i collegamenti essenziali (un'eccezione che ha evitato il caos totale sui binari jonici), non si può dire lo stesso per scuole e trasporti locali. A Catanzaro, il corteo ha radunato centinaia di studenti e precari della scuola, con adesioni che hanno costretto molti istituti a chiudere i battenti. A Reggio, portuali e logistici hanno incrociato le braccia, bloccando in parte le operazioni al porto. USB parla di "adesioni numerosissime" anche qui, con ritardi nei bus urbani e presidi che hanno visto famiglie intere unirsi al coro: "Basta armi a Israele!". In un territorio dove la disoccupazione giovanile sfiora il 40%, questo sciopero non è solo per Gaza: è un grido per la dignità, un modo per dire che anche i "perdenti" della globalizzazione hanno una voce, e che la lotta per la pace si confonde con quella per il pane quotidiano.
Nella scuola, due astensioni sovrapposte hanno svuotato le aule. Il Ministero dell'Istruzione prevede rilevazioni entro la serata, ma già si parla di migliaia di docenti in sciopero, con impatti maggiori al Sud, dove la Calabria spicca per la mobilitazione negli asili nido e nelle scuole comunali. Sanità, energia, logistica: il 40% in Puglia, blocchi ai porti di Genova e Gioia Tauro (quest'ultimo un gioiello calabrese, paralizzato per ore). È un'Italia intera che si ferma, non per egoismo, ma per un imperativo morale: fermare le bombe, rompere gli accordi con chi le fornisce, difendere un popolo sotto assedio.
Eppure, in questo turbine di passione, non mancano le ombre: tensioni a Torino, con occupazioni dei binari alla Porta Nuova; presidi che sfociano in scontri, come a Pisa dove 5.000 hanno bloccato la superstrada per l'aeroporto. Ma è proprio questa miscela di rabbia e speranza a rendere lo sciopero indimenticabile. Una maestra di Reggio lascia la lavagna per marciare con i figli, un autista di Catanzaro che spegne il motore per urlare "Libertà per la Palestina", studenti calabresi di Cosenza che, tra i ruderi di un'economia spezzata, scoprono la forza della fratellanza internazionale.
Oggi, l'Italia ha dimostrato che non è complice. Dal caos di Milano alla quieta determinazione di una Calabria che si risveglia, questo sciopero è un monito al mondo: la pace non è un lusso ma è un dovere. E se Gaza resiste, anche noi resisteremo – con i fatti, con i corpi, con il cuore. Che questa giornata sia l'inizio di un'onda inarrestabile, perché tacere ora significherebbe tradire noi stessi. Viva la Palestina libera, viva l'Italia che non si arrende.
*documentarista