La pioggia non ha fermato nessuno. Milano si è svegliata sotto un cielo plumbeo e bagnato, ma dalle 9 di questa mattina le strade del centro si sono riempite di bandiere, striscioni e cori. Lo sciopero nazionale indetto dall’Unione sindacale di base per chiedere il cessate il fuoco a Gaza ha trasformato la città in un teatro di protesta diffusa: studenti, docenti, lavoratori dei trasporti e militanti delle sigle pro Palestina hanno invaso largo Cairoli, per poi muoversi in corteo da piazzale Cadorna verso la Stazione Centrale.

Un serpentone di migliaia di persone, guidato dallo striscione della Cub, ha attraversato la città scandendo slogan contro il governo e contro gli Stati Uniti, accusati di complicità con Israele. Uno dei cartelli più fotografati recitava: “Bloccheremo tutto, stop al genocidio”. Quando il corteo ha raggiunto piazza della Repubblica, a poche centinaia di metri dal consolato Usa, l’atmosfera si è fatta incandescente: «Ci avviciniamo al consolato complice», hanno urlato gli organizzatori. Poco dopo sono state bruciate le bandiere di Stati Uniti, Israele, Nato e Unione Europea, mentre all’angolo con via Turati il coro “assassini, assassini” si è levato compatto.

La tensione è esplosa definitivamente all’arrivo in Stazione Centrale. Un gruppo di giovani vestiti di nero ha tentato di forzare l’ingresso della metropolitana. Ne è nato un contatto ravvicinato con le forze dell’ordine: manganellate, spintoni, cariche di contenimento. Nel mezzanino della metro il gruppo ha continuato a scandire slogan contro gli agenti, mentre gli ingressi della stazione sono stati bloccati. Nessuno ha potuto entrare o uscire per lunghi minuti, creando una situazione caotica che ha alimentato la rabbia dei manifestanti e lo sconcerto dei viaggiatori.

Lo sciopero ha avuto un impatto immediato sul sistema dei trasporti: già dalle 8,45 la linea 4 della metropolitana è stata chiusa, mentre in superficie sono scattate le prime fasce di stop dei mezzi pubblici, destinate a ripetersi dalle 18 in poi. Ma i disagi più gravi si sono registrati sulla rete ferroviaria. Alla Centrale i tabelloni hanno segnato ritardi fino a 120 minuti, con cancellazioni a catena. A Porta Garibaldi la situazione è stata persino peggiore: ritardi fino a 150 minuti, mentre a Rogoredo si sono toccati i 140. Per l’intera giornata, fino alle 23, i pendolari e i viaggiatori dovranno convivere con cancellazioni e ritardi imprevisti.

Nel frattempo alcuni gruppi hanno colpito anche altri obiettivi simbolici. In piazza Cadorna un blitz ha portato all’occupazione della sede dell’Enel: alcuni manifestanti sono saliti sui ponteggi dei lavori di ristrutturazione e hanno tagliato un grande telone, sventolando bandiere palestinesi. Il messaggio, anche qui, era quello di “colpire i complici”, accusando le aziende di non interrompere rapporti con Israele.

Tra le migliaia di persone in marcia c’erano anche volti noti. L’attrice e conduttrice Ambra Angiolini ha sfilato insieme alla figlia Jolanda Renga. Parole nette le sue: «Quello che sta succedendo a Gaza non è più una guerra, non è più neanche politica. È disumanizzazione. Io sono qui come madre, come donna, come persona. I bambini non hanno colpe, e sentir dire “definisci bambino” è un orrore che aggiunge odio dove non serve».

La protesta ha avuto anche il volto giovane e radicale delle scuole. Al liceo classico Manzoni è scattata un’occupazione annunciata con un comunicato duro: «Blocchiamo la nostra scuola nel giorno dello sciopero perché è vergognoso che il governo non trovi spazio per parlare di Palestina. Più facile tacere e continuare a esportare armi». Una scelta presentata come “il gesto più forte” a disposizione degli studenti, che hanno rivendicato il diritto di dare voce a un tema che ritengono rimosso dal dibattito pubblico.

Nel complesso la giornata milanese ha mostrato le molte anime della protesta: da chi chiede con slogan pacifisti lo stop al conflitto, a chi sceglie gesti estremi come il rogo delle bandiere o i blitz nelle sedi aziendali. Nel mezzo migliaia di cittadini che, sotto la pioggia, hanno camminato per ore portando cartelli con la scritta “Stop al genocidio”, mentre la città, paralizzata dal traffico e dai disagi ferroviari, diventava specchio di un conflitto che non conosce confini geografici.

E a sera, con i treni ancora in ritardo e i mezzi pubblici fermi, restano le immagini più forti: le cariche della polizia in Centrale, le bandiere in fiamme davanti al consolato Usa, le parole di Ambra tra la folla e l’occupazione di un liceo storico. Milano, per un giorno, è stata il cuore agitato della protesta italiana per Gaza.