L’Italia corre verso il futuro digitale. Reti 5G, piattaforme cloud e progetti di intelligenza artificiale avanzata promettono di rivoluzionare settori chiave come sanità, trasporti ed energia. Ma dietro questa corsa all’innovazione si nasconde un problema spesso sottovalutato: la crescente dipendenza da tecnologie straniere, in particolare cinesi.

Huawei, ZTE e altre aziende della Repubblica Popolare controllano ormai quote rilevanti di apparati fondamentali per la connettività e la gestione dei dati italiani. Non si tratta di semplice tecnologia di consumo: queste infrastrutture gestiscono informazioni sensibili, collegano reti strategiche e determinano in larga misura la sicurezza nazionale.

Secondo il report 2025 del Centro Studi Internazionali per la Sicurezza Digitale, oltre il 35% delle infrastrutture 5G italiane utilizza componentistica cinese. Inoltre, il 27% delle piattaforme cloud pubbliche gestisce dati sensibili fuori dall’Unione Europea. Per fare un confronto, Francia e Germania mantengono la quota di tecnologia cinese sotto il 15% nei settori critici, puntando su soluzioni europee e nazionali per proteggere la sovranità digitale.

Il rischio non è astratto. Esperti di cyber security avvertono che la dipendenza da tecnologie estere espone l’Italia a possibili interferenze, spionaggio industriale e ricatti geopolitici. Nel 2024, ad esempio, attacchi informatici collegati a infrastrutture critiche gestite da provider extra-UE hanno provocato blocchi temporanei in diversi Paesi occidentali, sottolineando quanto la sicurezza digitale sia oggi una leva di potere globale.

In Parlamento il dibattito si fa acceso: alcuni chiedono limiti severi agli investimenti esteri nei settori strategici; altri mettono in guardia contro provvedimenti troppo restrittivi, che rischierebbero di rallentare modernizzazione e competitività. La vera sfida è culturale: l’Italia rischia di restare spettatrice passiva di una rivoluzione digitale guidata da potenze esterne, senza strumenti per proteggere la propria autonomia.

L’alternativa esiste. Esperti suggeriscono di sviluppare un ecosistema tecnologico nazionale e europeo più autonomo, investendo in ricerca e infrastrutture resilienti. Soluzioni come piattaforme cloud europee sicure, reti 5G sviluppate in parte internamente e collaborazioni strategiche con partner affidabili potrebbero ridurre la dipendenza e proteggere la sovranità.

Innovazione sì, ma a quale prezzo? L’Italia è a un bivio: correre verso la modernizzazione senza garanzie di sicurezza, oppure costruire una strada digitale autonoma, capace di garantire competitività e tutela della sovranità nazionale. La scelta definirà il ruolo del Paese nella geopolitica tecnologica dei prossimi decenni.